(Questo post è stato scritto insieme a Michel Carruba, presidente onorario Csro)

Un’alleanza scientifica, multidisciplinare e internazionale per combattere l’obesità. È la proposta che Competere - Policy for Sustainable Development, insieme al Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità (Csro) dell’Università degli Studi di Milano, ha lanciato in occasione della Giornata mondiale sull’obesità, che si è celebrata lunedì 4 marzo.

Siamo di fronte a una pandemia silenziosa, che – stando alla Fao – colpisce oltre un miliardo di persone in tutto il mondo, di cui 380 milioni sotto i 15 anni. La gravità di quanto sta succedendo è tale che, entro il 2030, potremmo assistere a una riduzione delle aspettative di vita dovuta alle complicazioni legate all’obesità, un fenomeno senza precedenti nella storia dell’umanità. La proiezione indica che nel 2035, il numero di persone obese potrebbe raggiungere i 4 miliardi, quasi la metà della popolazione mondiale prevista.

Oggi l’obesità non è classificata come malattia di per sé, ma è strettamente associata a numerose patologie non trasmissibili, che a loro volta sono tra le principali cause di morte a livello globale.

Secondo i nostri studi, il costo economico di questa crisi è prossimo ai 2 trilioni di dollari, senza contare le perdite legate alla diminuzione della produttività e all’impatto dello stigma sociale. Di fronte a questo scenario, è evidente che le politiche sanitarie pubbliche adottate finora non stiano producendo gli effetti sperati. Pensiamo all’introduzione di etichette nutrizionali semplificate, come il Nutriscore, quanto anche politiche fiscali sui cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi saturi. Sono misure che finiscono per limitare la libertà di scelta e minacciare la diversità alimentare, oltre a demonizzare singoli nutrienti senza affrontare le radici complesse dell’obesità.

Al contrario, l’obesità è un problema multifattoriale che risente di una varietà di fattori, tra cui genetica, metabolismo, stile di vita e stato psicologico. Non possiamo pensare, quindi, a una soluzione unica per tutti. È necessario, invece, formulare un approccio integrato, che comprenda un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita attivo, sostenuti da una solida educazione alimentare e che favorisca il senso critico e la consapevolezza del singolo individuo. È urgente promuovere una cultura della salute che valorizzi l’equilibrio, piuttosto che imporre restrizioni, può offrire una via d’uscita da questa crisi. Educare le persone sull’importanza di uno stile di vita bilanciato richiede tempo e impegno, ma è fondamentale per garantire che le future generazioni siano meglio equipaggiate per affrontare le sfide legate all’obesità.

In questa prospettiva multidisciplinare è nata appunto l’Alleanza contro l’obesità, lanciata da oltre 30 scienziati di discipline differenti tra loro e appartenenti agli atenei di tutta Europa. Il primo incontro di questa community si è già tenuto, lo scorso 19 gennaio, presso l’Università degli Studi di Milano, in occasione del convegno “Malnutrizione: un approccio multidisciplinare alla comprensione e alla soluzione del problema”. Il nostro obiettivo è invitare le istituzioni a considerare l’obesità un problema multifattoriale. Siamo convinti dell’urgenza di definire politiche e iniziative che rafforzino l’educazione alimentare, promuovendo al contempo un accesso più ampio a cibi nutrienti e diete bilanciate, per esempio la Mediterranea, e opzioni di vita attiva per tutti.

Essere obesi non deve essere considerato un fallimento nel controllo dell’assunzione di cibo, né tanto meno un crisma. L’obesità è una malattia causata dal disfunzionamento del sistema omeostatico che regola il metabolismo energetico e l’assunzione di cibo. La scienza conferma che l’obesità è una condizione curabile e prevenibile. Poiché è influenzata da una complessa interazione di fattori ambientali, psicologici e genetici. Pertanto richiede un approccio interdisciplinare integrato, che possa includere sostegno psicologico, trattamenti farmacologici o, in situazioni estreme, l’intervento chirurgico. A oggi, tuttavia, non disponiamo di un numero sufficiente di professionisti medici in grado di affrontare efficacemente il problema dell’obesità. È necessario creare una nuova categoria medica specializzata nella gestione di questa condizione. L’obesità sta aumentando a un ritmo così rapido che, anche se iniziassimo a intervenire oggi, ci vorrebbero almeno 10 anni per avere a disposizione un numero adeguato di medici esperti. In conclusione, è fondamentale riconoscere l’obesità come una malattia e includerla nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea).

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(Questo post è stato scritto insieme a Michel Carruba, presidente onorario Csro)

Un’alleanza scientifica, multidisciplinare e internazionale per combattere l’obesità. È la proposta che Competere - Policy for Sustainable Development, insieme al Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità (Csro) dell’Università degli Studi di Milano, ha lanciato in occasione della Giornata mondiale sull’obesità, che si è celebrata lunedì 4 marzo.

Siamo di fronte a una pandemia silenziosa, che – stando alla Fao – colpisce oltre un miliardo di persone in tutto il mondo, di cui 380 milioni sotto i 15 anni. La gravità di quanto sta succedendo è tale che, entro il 2030, potremmo assistere a una riduzione delle aspettative di vita dovuta alle complicazioni legate all’obesità, un fenomeno senza precedenti nella storia dell’umanità. La proiezione indica che nel 2035, il numero di persone obese potrebbe raggiungere i 4 miliardi, quasi la metà della popolazione mondiale prevista.

Oggi l’obesità non è classificata come malattia di per sé, ma è strettamente associata a numerose patologie non trasmissibili, che a loro volta sono tra le principali cause di morte a livello globale.

Secondo i nostri studi, il costo economico di questa crisi è prossimo ai 2 trilioni di dollari, senza contare le perdite legate alla diminuzione della produttività e all’impatto dello stigma sociale. Di fronte a questo scenario, è evidente che le politiche sanitarie pubbliche adottate finora non stiano producendo gli effetti sperati. Pensiamo all’introduzione di etichette nutrizionali semplificate, come il Nutriscore, quanto anche politiche fiscali sui cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi saturi. Sono misure che finiscono per limitare la libertà di scelta e minacciare la diversità alimentare, oltre a demonizzare singoli nutrienti senza affrontare le radici complesse dell’obesità.

Al contrario, l’obesità è un problema multifattoriale che risente di una varietà di fattori, tra cui genetica, metabolismo, stile di vita e stato psicologico. Non possiamo pensare, quindi, a una soluzione unica per tutti. È necessario, invece, formulare un approccio integrato, che comprenda un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita attivo, sostenuti da una solida educazione alimentare e che favorisca il senso critico e la consapevolezza del singolo individuo. È urgente promuovere una cultura della salute che valorizzi l’equilibrio, piuttosto che imporre restrizioni, può offrire una via d’uscita da questa crisi. Educare le persone sull’importanza di uno stile di vita bilanciato richiede tempo e impegno, ma è fondamentale per garantire che le future generazioni siano meglio equipaggiate per affrontare le sfide legate all’obesità.

In questa prospettiva multidisciplinare è nata appunto l’Alleanza contro l’obesità, lanciata da oltre 30 scienziati di discipline differenti tra loro e appartenenti agli atenei di tutta Europa. Il primo incontro di questa community si è già tenuto, lo scorso 19 gennaio, presso l’Università degli Studi di Milano, in occasione del convegno “Malnutrizione: un approccio multidisciplinare alla comprensione e alla soluzione del problema”. Il nostro obiettivo è invitare le istituzioni a considerare l’obesità un problema multifattoriale. Siamo convinti dell’urgenza di definire politiche e iniziative che rafforzino l’educazione alimentare, promuovendo al contempo un accesso più ampio a cibi nutrienti e diete bilanciate, per esempio la Mediterranea, e opzioni di vita attiva per tutti.

Essere obesi non deve essere considerato un fallimento nel controllo dell’assunzione di cibo, né tanto meno un crisma. L’obesità è una malattia causata dal disfunzionamento del sistema omeostatico che regola il metabolismo energetico e l’assunzione di cibo. La scienza conferma che l’obesità è una condizione curabile e prevenibile. Poiché è influenzata da una complessa interazione di fattori ambientali, psicologici e genetici. Pertanto richiede un approccio interdisciplinare integrato, che possa includere sostegno psicologico, trattamenti farmacologici o, in situazioni estreme, l’intervento chirurgico. A oggi, tuttavia, non disponiamo di un numero sufficiente di professionisti medici in grado di affrontare efficacemente il problema dell’obesità. È necessario creare una nuova categoria medica specializzata nella gestione di questa condizione. L’obesità sta aumentando a un ritmo così rapido che, anche se iniziassimo a intervenire oggi, ci vorrebbero almeno 10 anni per avere a disposizione un numero adeguato di medici esperti. In conclusione, è fondamentale riconoscere l’obesità come una malattia e includerla nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea).

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L'obesità è una pandemia silenziosa

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05.03.2024

(Questo post è stato scritto insieme a Michel Carruba, presidente onorario Csro)

Un’alleanza scientifica, multidisciplinare e internazionale per combattere l’obesità. È la proposta che Competere - Policy for Sustainable Development, insieme al Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità (Csro) dell’Università degli Studi di Milano, ha lanciato in occasione della Giornata mondiale sull’obesità, che si è celebrata lunedì 4 marzo.

Siamo di fronte a una pandemia silenziosa, che – stando alla Fao – colpisce oltre un miliardo di persone in tutto il mondo, di cui 380 milioni sotto i 15 anni. La gravità di quanto sta succedendo è tale che, entro il 2030, potremmo assistere a una riduzione delle aspettative di vita dovuta alle complicazioni legate all’obesità, un fenomeno senza precedenti nella storia dell’umanità. La proiezione indica che nel 2035, il numero di persone obese potrebbe raggiungere i 4 miliardi, quasi la metà della popolazione mondiale prevista.

Oggi l’obesità non è classificata come malattia di per sé, ma è strettamente associata a numerose patologie non trasmissibili, che a loro volta sono tra le principali cause di morte a livello globale.

Secondo i nostri studi, il costo economico di questa crisi è prossimo ai 2 trilioni di dollari, senza contare le perdite legate alla diminuzione della produttività e all’impatto dello stigma sociale. Di fronte a questo scenario, è evidente che le politiche sanitarie pubbliche adottate finora non stiano producendo gli effetti sperati. Pensiamo all’introduzione di etichette nutrizionali semplificate, come il Nutriscore, quanto anche politiche fiscali sui cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi saturi. Sono misure che finiscono per limitare la libertà di scelta e minacciare la diversità alimentare, oltre a demonizzare singoli nutrienti senza affrontare le radici complesse dell’obesità.

Al contrario, l’obesità è un problema multifattoriale che risente di una varietà di fattori, tra cui genetica, metabolismo, stile di vita e stato psicologico. Non possiamo pensare, quindi, a una soluzione unica per tutti. È necessario, invece, formulare un approccio integrato, che comprenda un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita attivo, sostenuti da una solida educazione alimentare e che favorisca il senso critico e la consapevolezza del singolo individuo. È urgente promuovere una........

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