La mancata lettura del discorso ai rabbini europei da parte del Pontefice (vedi La Stampa) è difficile che sia stata provocata da un problema di salute. Tanto più che il Papa ha continuato le sue udienze e gli impegni della giornata. Pare, insomma, che le cose non siano andate diversamente. Anzi, è la nuova prova di un “atteggiamento ambiguo che non riguarda solo Israele ma anche l’Ucraina e altri conflitti che il Santo Padre ignora. A Francesco non piacciono le guerre”. L’impressione è proprio questa ma, al di là della quasi ovvia condanna da parte del Santo Padre, vi sarebbe appunto un qualcosa di ambiguo, come sottolinea il quotidiano torinese, quando nasconde ogni volta qualcosa di diverso che può definirsi come rifiuto di esprimere un giudizio etico, nel “segnalare con chiarezza la differenza fra vittima e aggressore”. Il che, tra l’altro, denota una cosa se possibile ancora più grave o inspiegabile. Vale a dire la mancata differenza, nel Pontefice, di una visione della nostra storia dove l’uguaglianza fra chi subisce e chi colpisce prevale su un’etica che dovrebbe imporre i suoi comandamenti, al di là del primato cattolico.

Il punto e il problema del dramma stanno, ancora una volta, nel rapporto con l’ebraismo e con il risorgente antisemitismo che il Concilio Vaticano II aveva non solo condannato ma ripudiato, insieme a quella una dottrina per così dire “cara” alla stessa Chiesa, quella della sostituzione. Che stava a significare, come una sorta di dogma, la sostituzione del cristianesimo all’ebraismo nell’alleanza con Dio. Bisogna essere attenti e chiari, leggendo le vicende della storia, comprese ovviamente quelle che ci riguardano. E come abbiamo osservato in altre occasioni, l’antisemitismo non è stato per lungo tempo una vicenda che non ci abbia riguardato. A cominciare, per ragioni addirittura ovvie, dal Vaticano che non aveva alcuna intenzione, per non poco tempo, se non di annullare ma almeno di smorzare la diffidenza del mondo cattolico verso il popolo di Israele. Il popolo “deicida” sentiva spesso sia dire che predicare questa condanna, questa sorta di marchio “in aeternum”, che ha stentato a prosciugarsi e a scomparire del tutto. E qui è utile ricordare la vergogna incancellabile del nazismo e dei lager di sterminio che sono stati, nella mente criminale di Adolf Hitler, il luogo e il tempo dell’assassinio di massa.

Il popolo che sopravvive a una simile tragedia non è semplicemente collegato a una religione fra le “tante che partecipano ai raduni mondiali per la pace; l’ebraismo vuol dire le nostre radici, l’ebraismo siamo noi”. E insieme alla tradizione cristiana è, indubbiamente, alla base della cultura occidentale. E non dovremmo dimenticare, e semmai dovremmo ricordare ai distratti e ai nemici, che è l’unica in grado di difendere la libertà della persona, l’uguaglianza fra tutti e quella fra donne e uomini di fronte alla legge. Things change, come si usa dire. Le cose cambiano o sono cambiate. Certo, ma l’attacco alle sinagoghe non è un’invenzione e quello contro la nostra cultura non può mostrare o significare alcuna ambiguità. Però accettare l’antisemitismo in nome di una irrefrenabile conseguenza della questione palestinese ha anche e soprattutto un significato, al di là di ciò che vorremmo chiamare dimensione etica. Un significato che porta a rinunciare alle nostre radici, al chi siamo. E ciò vale per sia per i cattolici che per i laici.

Aggiornato il 08 novembre 2023 alle ore 09:46

QOSHE - Se dalle parti del Papa si parla di antisemitismo - Paolo Pillitteri
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Se dalle parti del Papa si parla di antisemitismo

3 0
08.11.2023

La mancata lettura del discorso ai rabbini europei da parte del Pontefice (vedi La Stampa) è difficile che sia stata provocata da un problema di salute. Tanto più che il Papa ha continuato le sue udienze e gli impegni della giornata. Pare, insomma, che le cose non siano andate diversamente. Anzi, è la nuova prova di un “atteggiamento ambiguo che non riguarda solo Israele ma anche l’Ucraina e altri conflitti che il Santo Padre ignora. A Francesco non piacciono le guerre”. L’impressione è proprio questa ma, al di là della quasi ovvia condanna da parte del Santo Padre, vi sarebbe appunto un qualcosa di ambiguo, come sottolinea il quotidiano torinese, quando nasconde ogni volta qualcosa di diverso che può definirsi come rifiuto di esprimere un giudizio etico, nel “segnalare con chiarezza la differenza fra vittima e aggressore”. Il che,........

© L'Opinione delle Libertà


Get it on Google Play