Il debito pubblico dei Paesi più avanzati ha raggiunto livelli non più sostenibili, in quanto è diventato controproducente per lo stesso sistema economico e produttivo. Per far fronte alla spesa sociale in continua e irrefrenabile crescita (Welfare State) per il sostegno dei cosiddetti soggetti economicamente più fragili, costringe i governi a incrementare anno dopo anno la pressione fiscale e contributiva. Però, drenare ricchezza dalle tasche di chi lavora non può superare i limiti che scoraggiano le stesse imprese a tenere in piedi le loro aziende. Avere lo Stato come socio di maggioranza, quando si devono ripartire gli utili e abbandonare le stesse quando producono perdite è anche eticamente aberrante. I Paesi che si sono indebitati oltremisura per attuare politiche di assistenza sociale, senza badare alla sostenibilità del bilancio dello Stato, sono entrati in profonda crisi. La protezione sociale è accettata quando riguarda le persone che sono realmente inabili al lavoro. Diventa devastante nel momento in cui lo Stato, a spese di chi produce, distribuisce prebende di natura squisitamente clientelare. La ragione per la quale il mondo democratico sta premiando politiche liberiste è da ricondurre all’eccessivo peso dello Stato nell’economia. Il tempo in cui le politiche di welfare che assistevano i cittadini dalla culla alla tomba sono finiti. I governi di centrodestraobtorto collo – devono perseguire politiche di rientro entro limiti fisiologici della spesa pubblica con l’obiettivo di ridurre il debito pubblico.

L’Italia, se ha retto alla dissennata politica di sussidi pubblici, è per la straordinaria capacità produttiva del nostro sistema manifatturiero, per il contenuto debito privato e per la grande propensione al risparmio degli italiani. I “profondi” conoscitori della politica Argentina hanno etichettato il neopresidente Javier Milei, nel migliore dei casi come un “anarco-capitalista”, ultraliberista e nel peggiore dei casi come un “negazionista”, cospirazionista e fan di Donald Trump. La inaspettata vittoria con il 56 per cento dei voti di Milei contro il peronista Sergio Massa – uscente ministro dell’Economia – ha lasciato basiti le sinistre occidentali. Speravano che alla fine avrebbe prevalso il peronista Massa. Evidentemente, gli argentini hanno compreso che fosse necessaria una svolta radicale nel Paese sudamericano. La “colorita” rivoluzione copernicana che Javier Milei ha promesso di attuare in campagna elettorale è stata premiata dagli elettori più giovani e nelle zone più rurali del Paese. È molto probabile che il neoeletto presidente, quando si insedierà alla Casa Rosada, dovrà necessariamente edulcorare il suo programma iperliberista. Si ritroverà un Paese con un tasso d’inflazione del 145 per cento, una crescita negativa del Pil e un debito verso il Fondo monetario internazionale di 44 miliardi di dollari.

Per alcuni osservatori internazionali, Milei potrebbe essere la persona giusta per risollevare l’Argentina dal disastro economico. Per altri potrebbe essere il definitivo colpo di grazia. Il mercato della borsa ha reagito positivamente ai risultati elettorali. I titoli di società argentine quotate alla Borsa di New York hanno significativamente incrementato il proprio valore, dopo la pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali. Ricordo a me stesso che quando fu eletto negli Stati Uniti Ronald Reagan, anch’egli fu tacciato di essere un mediocre attore e un ultraliberista. La situazione economica che aveva lasciato Jimmy Carter non era delle più rosee. Ronald Reagan, attuando feroci politiche liberiste suggerite dal premio Nobel per l’Economia, il monetarista della scuola di Chicago, Milton Friedman, risollevarono le sorti dell’economia statunitense e innescarono la più lunga crescita economica della storia americana. Il successo in economia gli valse la conferma, a stragrande maggioranza, per un secondo mandato presidenziale.

Aggiornato il 22 novembre 2023 alle ore 10:55:07

QOSHE - Javier Milei: la vittoria dei liberisti - Antonio Giuseppe Di Natale
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Javier Milei: la vittoria dei liberisti

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22.11.2023

Il debito pubblico dei Paesi più avanzati ha raggiunto livelli non più sostenibili, in quanto è diventato controproducente per lo stesso sistema economico e produttivo. Per far fronte alla spesa sociale in continua e irrefrenabile crescita (Welfare State) per il sostegno dei cosiddetti soggetti economicamente più fragili, costringe i governi a incrementare anno dopo anno la pressione fiscale e contributiva. Però, drenare ricchezza dalle tasche di chi lavora non può superare i limiti che scoraggiano le stesse imprese a tenere in piedi le loro aziende. Avere lo Stato come socio di maggioranza, quando si devono ripartire gli utili e abbandonare le stesse quando producono perdite è anche eticamente aberrante. I Paesi che si sono indebitati oltremisura per attuare politiche di assistenza sociale, senza badare alla sostenibilità del bilancio dello Stato, sono entrati in profonda crisi. La protezione sociale è accettata quando riguarda le persone che sono realmente inabili al lavoro. Diventa........

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