Nel programma Una giornata particolare, uno degli ultimi argomenti trattati da Aldo Cazzullo è stato l’attentato di via Rasella. Questo episodio è stato duramente criticato in una nota dell’Osservatore Romano, uscito il 26 marzo 1944 nella quale era scritto: “Trentadue vittime da una parte, trecentoventi persone sacrificate per i colpevoli sfuggiti all’arresto”. Nella posizione del Vaticano è stata colta una opzione anti-partigiana da coloro che hanno visto la tesi secondo la quale l’eccidio fu causato dal fatto che gli attentatori non si sono assunte le loro responsabilità con la loro presentazione. Un’analisi corretta del suo comportamento porta però alla costatazione che esso rientra in una dottrina sempre seguita. Fin dai tempi più lontani, la Chiesa ha osservato un ruolo di conciliazione fra tutte le parti in causa. Si pensi, per esempio, all’operato di Pio IX: questo pontefice, allorquando il generale Durando, comandante delle truppe pontificie, incominciò a passare il confine per partecipare alla Guerra d’indipendenza nel concistoro dei cardinali del 19 aprile 1848 dichiarò di non potersi associare al conflitto, data la sua missione religiosa, e di abbracciare “tutte le genti, popoli e nazioni con uguale studio di paternale amore”. Una simile posizione non fu compresa e scontentò tutti, patrioti e Austria, che volevano ognuno che il Papa si schierasse dalla sua parte.

Benedetto XV, il 1° agosto 1917, in una nota inviata alle potenze belligeranti domandava: “Il mondo civile dovrà dunque ridursi in campo di morte?”. Giovanni XXIII con l’enciclica Mater et magistra, pubblicata il 15 maggio 1961, ha presentato una Chiesa sollecita del vivere di tutti gli uomini. Anche Papa Bergoglio, quando recentemente ha ricevuto delegazioni di palestinesi e di israeliani, non si è schierato né da una parte né dall’altra. I comportamenti dei Papi citati, sono come si vede univoci; essi nascono dai capisaldi della dottrina cristiana: l’universalismo quale emerge nella posizione di Paolo di Tarso, che nella epistola ai galati scrive: “Non c’è più, ormai, né giudeo, né greco, non c’è più schiavo, non c’è più né maschio né femmina, perché tutti voi siete uno solo in Cristo Gesù”; la fratellanza umana, col superamento di ogni barriera e divisione nel vincolo della carità; l’irenismo proclamato su scala universale. A questi principi etici la Chiesa non è mai venuta meno. Questi comportamenti la confermano “Madre dei santi, immagine della città superna”, secondo la definizione di Alessandro Manzoni.

Altra cosa è la sua storia politica, spesso lontana dagli insegnamenti del suo fondatore e piena di errori e inadempienze, come ha riconosciuto Giovanni Paolo II per i quali ha invocato il perdono. A proposito ancora di Giovanni Paolo II, in un occasionale incontro, noi gli esprimemmo apprezzamento per la salvezza della sua dottrina; egli ci rispose che “la dottrina è sempre la stessa sono i modi di porgerla diversi”. Queste considerazioni devono ricordare che ogni giudizio, per essere appropriato, non può non incentrarsi su una visione globale delle questioni e su una rigorosa documentazione. Via Rasella porta anche ad alcune riflessioni sulla Resistenza. Giustamente la lotta al nazifascismo è stata definita un Secondo Risorgimento; nella Resistenza poggia la sua origine la Repubblica italiana; ma non possono essere dimenticati gli eccidi da una parte e dall’altra.

I partigiani comunisti hanno proceduto a esecuzioni sommarie di fascisti o collaborazionisti ed anche di brigatisti di diversa posizione politica e di sacerdoti cattolici. Una ferocia inaudita è stata usata dai fascisti. Lo storico Gabriele De Rosa ha scritto: “Nello strazio delle reciproche vendette, la principale vittima fu la pietà”. La Resistenza, però fa parte della storia. I politici di oggi devono misurarsi con i problemi che incombono sul Paese e non devono con arbitrari discorsi sulla Resistenza, assumere una superiorità rispetto alle parti di diverso colore. La superiorità non nasce dalle parole, ma dai risultati che si conseguono nell’azione politica. Questo devono tener presente molti esponenti della sinistra, i quali pensano di svolgere un ruolo, con una preconcetta contrarietà alle posizioni della maggioranza: costoro riescono persino a opporsi a un premierato leggero, con accuse di autoritarismo del tutto infondate, considerato che questo istituto è in vigore in Paesi di solida democrazia. Non basta dire no, se si vuole contribuire concretamente alla vita del Paese ma si deve operare soprattutto sulla proposta. E inoltre non si deve utilizzare la Resistenza per delegittimare ed escludere la parte avversa.

La sinistra deve prendere esempio dal suo padre storico: Palmiro Togliatti, pur nel suo totale filosovietismo, ha saputo operare nelle scelte di grande valore politico; egli è stato il presentatore dell’amnistia del 27 giugno 1946 per assicurare la pacificazione politica; quando le sinistre volevano l’abdicazione del re, con la svolta di Salerno, egli propose l’accantonamento della questione monarchica al fine di conseguire l’unità delle forze politiche antifasciste; per realizzare, infine, la pace religiosa votò insieme a Alcide De Gasperi per l’inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione. Tutti dobbiamo ricordare che le contrapposizioni del passato sono state superate nella Carta costituzionale e che ogni legittimazione politica e sociale trova la base nei suoi principi e non nelle concessioni di questo o quel partito. Ci piace concludere queste riflessioni con le parole pronunciate nell’arringa tenuta nel processo Graziani da un grande giurista e grande avvocato, Francesco Carnelutti: “Italia! Terra di Dante, di Leonardo e di Michelangelo, prodigio della natura e dell’arte. Tu devi ben risorgere e rivivere nella pace. Questo, di procurarsi la pace, è oggi il dovere dei tuoi figli generale Beraudo di Pralormo medaglia d’oro, aprite le braccia per accoglierli tutti in Voi italiani, di una parte e dell’altra, affinché al fine siano riconciliati ancora generale Beraudo di Pralormo, soldato e cristiano, aprite le braccia e accogliteli tutti, di qua e di là, senza distinzione di parte, senza distinzione di razza, senza distinzione di opinione politica, senza distinzione di cultura, senza distinzione di posizione sociale in un impeto solo di concordia e di amore”.

Aggiornato il 12 dicembre 2023 alle ore 09:04:44

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La Chiesa cattolica, la sua dottrina, la Resistenza

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12.12.2023

Nel programma Una giornata particolare, uno degli ultimi argomenti trattati da Aldo Cazzullo è stato l’attentato di via Rasella. Questo episodio è stato duramente criticato in una nota dell’Osservatore Romano, uscito il 26 marzo 1944 nella quale era scritto: “Trentadue vittime da una parte, trecentoventi persone sacrificate per i colpevoli sfuggiti all’arresto”. Nella posizione del Vaticano è stata colta una opzione anti-partigiana da coloro che hanno visto la tesi secondo la quale l’eccidio fu causato dal fatto che gli attentatori non si sono assunte le loro responsabilità con la loro presentazione. Un’analisi corretta del suo comportamento porta però alla costatazione che esso rientra in una dottrina sempre seguita. Fin dai tempi più lontani, la Chiesa ha osservato un ruolo di conciliazione fra tutte le parti in causa. Si pensi, per esempio, all’operato di Pio IX: questo pontefice, allorquando il generale Durando, comandante delle truppe pontificie, incominciò a passare il confine per partecipare alla Guerra d’indipendenza nel concistoro dei cardinali del 19 aprile 1848 dichiarò di non potersi associare al conflitto, data la sua missione religiosa, e di abbracciare “tutte le genti, popoli e nazioni con uguale studio di paternale amore”. Una simile posizione non fu compresa e scontentò tutti, patrioti e Austria, che volevano ognuno che il Papa si schierasse dalla sua parte.

Benedetto XV, il 1° agosto 1917, in una nota inviata alle potenze belligeranti domandava: “Il mondo civile dovrà dunque ridursi in campo di morte?”. Giovanni XXIII con........

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