A chiusura del 2023, in tema di migrazioni, grande clamore ha suscitato la notizia dell’aumento del 50% degli sbarchi: numeri che erano già chiari ed evidenti da diversi mesi e che qualcuno non ha tardato a definire in flessione nell’ultima parte dell’anno, forse per sostenere la validità di politiche dissuasive messe in atto. Ma in un mondo in cui si sta consumando “una terza guerra mondiale a pezzi” a diverse latitudini e anche vicino a casa nostra, in cui cresce la violenza politica e sociale, aumentano le povertà, in particolare quella alimentare anche per via dei cambiamenti climatici, è ingenuo - o forse cinico - immaginare che nei prossimi anni ci sarà una flessione nel numero degli arrivi delle persone migranti grazie all’attuazione di politiche repressive.

L’unico risultato certo delle politiche di contrasto e di respingimento è quello di rendere per le persone migranti i viaggi più estenuanti, più complicati, e quindi potenzialmente più mortali. Resteranno invece politiche inefficaci nella sostanza, o saranno efficaci solo per il tempo necessario ai trafficanti di essere umani di elaborare nuovi modi per aggirare blocchi o politiche escludenti. Nel 2023 le politiche migratorie nazionali ed europee si sono concentrate sul ridurre il numero degli arrivi, sul blocco delle partenze, sul tentativo di dislocare i migranti in Paesi terzi, ma quasi per nulla ci siamo preoccupati delle morti in mare e di ciò che avviene dopo lo sbarco. Non si parla più di inclusione sociale. Il Piano Nazionale d’Integrazione dei titolari di protezione internazionale è lettera morta, eppure dovrebbe essere proprio quello il fulcro della programmazione futura.

Delle oltre 150mila persone arrivate via mare, solo un numero esiguo tra coloro che non hanno diritto a rimanere in Italia verrà rimpatriato, con un grande dispendio di soldi ed energie, in mancanza di accordi con i Paesi di origine: la maggior parte resterà in Italia, relegati ai margini, invisibili, persone senza diritti. Stiamo facendo di tutto per punire chi arriva in modo irregolare, sostenendo che questo servirà da monito a chi sta per partire, dissuadendolo a farlo. Non credo questa sia una politica lungimirante, e negli oltre 40 anni di attività del Centro Astalli, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, non abbiamo assistito a politiche dissuasive efficaci, perché la motivazione che spinge le persone a partire non è basata genericamente sull’azione di marketing dei trafficanti, ma sulla necessità di salvarsi o di cercare condizioni di vita più dignitose. La programmazione di oltre 400mila ingressi regolari di lavoratori migranti in 3 anni prevista dal decreto flussi è certamente un fatto positivo, ma non fa parte di un progetto più generale sull’immigrazione: l’obiettivo è il mercato del lavoro e non un reale accompagnamento e inserimento di chi arriva in una comunità di vita.

In sostanza se continueremo a guardare al futuro delle migrazioni semplicemente ammiccando a politiche volte a bloccare i flussi o a regolamentarli, pensando che da solo l’accesso al mondo del lavoro permetta alle persone di integrarsi, saremo destinati al fallimento delle politiche migratorie e della convivenza all’interno delle nostre comunità.

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A chiusura del 2023, in tema di migrazioni, grande clamore ha suscitato la notizia dell’aumento del 50% degli sbarchi: numeri che erano già chiari ed evidenti da diversi mesi e che qualcuno non ha tardato a definire in flessione nell’ultima parte dell’anno, forse per sostenere la validità di politiche dissuasive messe in atto. Ma in un mondo in cui si sta consumando “una terza guerra mondiale a pezzi” a diverse latitudini e anche vicino a casa nostra, in cui cresce la violenza politica e sociale, aumentano le povertà, in particolare quella alimentare anche per via dei cambiamenti climatici, è ingenuo - o forse cinico - immaginare che nei prossimi anni ci sarà una flessione nel numero degli arrivi delle persone migranti grazie all’attuazione di politiche repressive.

L’unico risultato certo delle politiche di contrasto e di respingimento è quello di rendere per le persone migranti i viaggi più estenuanti, più complicati, e quindi potenzialmente più mortali. Resteranno invece politiche inefficaci nella sostanza, o saranno efficaci solo per il tempo necessario ai trafficanti di essere umani di elaborare nuovi modi per aggirare blocchi o politiche escludenti. Nel 2023 le politiche migratorie nazionali ed europee si sono concentrate sul ridurre il numero degli arrivi, sul blocco delle partenze, sul tentativo di dislocare i migranti in Paesi terzi, ma quasi per nulla ci siamo preoccupati delle morti in mare e di ciò che avviene dopo lo sbarco. Non si parla più di inclusione sociale. Il Piano Nazionale d’Integrazione dei titolari di protezione internazionale è lettera morta, eppure dovrebbe essere proprio quello il fulcro della programmazione futura.

Delle oltre 150mila persone arrivate via mare, solo un numero esiguo tra coloro che non hanno diritto a rimanere in Italia verrà rimpatriato, con un grande dispendio di soldi ed energie, in mancanza di accordi con i Paesi di origine: la maggior parte resterà in Italia, relegati ai margini, invisibili, persone senza diritti. Stiamo facendo di tutto per punire chi arriva in modo irregolare, sostenendo che questo servirà da monito a chi sta per partire, dissuadendolo a farlo. Non credo questa sia una politica lungimirante, e negli oltre 40 anni di attività del Centro Astalli, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, non abbiamo assistito a politiche dissuasive efficaci, perché la motivazione che spinge le persone a partire non è basata genericamente sull’azione di marketing dei trafficanti, ma sulla necessità di salvarsi o di cercare condizioni di vita più dignitose. La programmazione di oltre 400mila ingressi regolari di lavoratori migranti in 3 anni prevista dal decreto flussi è certamente un fatto positivo, ma non fa parte di un progetto più generale sull’immigrazione: l’obiettivo è il mercato del lavoro e non un reale accompagnamento e inserimento di chi arriva in una comunità di vita.

In sostanza se continueremo a guardare al futuro delle migrazioni semplicemente ammiccando a politiche volte a bloccare i flussi o a regolamentarli, pensando che da solo l’accesso al mondo del lavoro permetta alle persone di integrarsi, saremo destinati al fallimento delle politiche migratorie e della convivenza all’interno delle nostre comunità.

QOSHE - Oltre il mercato del lavoro per un reale inserimento dei migranti - P. Camillo Ripamonti
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Oltre il mercato del lavoro per un reale inserimento dei migranti

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05.01.2024

A chiusura del 2023, in tema di migrazioni, grande clamore ha suscitato la notizia dell’aumento del 50% degli sbarchi: numeri che erano già chiari ed evidenti da diversi mesi e che qualcuno non ha tardato a definire in flessione nell’ultima parte dell’anno, forse per sostenere la validità di politiche dissuasive messe in atto. Ma in un mondo in cui si sta consumando “una terza guerra mondiale a pezzi” a diverse latitudini e anche vicino a casa nostra, in cui cresce la violenza politica e sociale, aumentano le povertà, in particolare quella alimentare anche per via dei cambiamenti climatici, è ingenuo - o forse cinico - immaginare che nei prossimi anni ci sarà una flessione nel numero degli arrivi delle persone migranti grazie all’attuazione di politiche repressive.

L’unico risultato certo delle politiche di contrasto e di respingimento è quello di rendere per le persone migranti i viaggi più estenuanti, più complicati, e quindi potenzialmente più mortali. Resteranno invece politiche inefficaci nella sostanza, o saranno efficaci solo per il tempo necessario ai trafficanti di essere umani di elaborare nuovi modi per aggirare blocchi o politiche escludenti. Nel 2023 le politiche migratorie nazionali ed europee si sono concentrate sul ridurre il numero degli arrivi, sul blocco delle partenze, sul tentativo di dislocare i migranti in Paesi terzi, ma quasi per nulla ci siamo preoccupati delle morti in mare e di ciò che avviene dopo lo sbarco. Non si parla più di inclusione sociale. Il Piano Nazionale d’Integrazione dei titolari di protezione internazionale è lettera morta, eppure dovrebbe essere proprio quello il fulcro della........

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