C’è una riga che segna un prima e un dopo, nei testi di Matilde Vigna. Nel suo primo (“Una riga nera al piano di sopra”, candidato premio Ubu 2022 categoria Miglior novità drammaturgica italiana) era materialmente il segno dell’acqua dell’alluvione del Polesine al primo piano delle case. Nel nuovo testo, “Chi resta” è invece la morte di una madre, come un punto di non ritorno nell’elaborazione della propria identità da parte di una figlia. Ideato e codiretto in collaborazione con Anna Zanetti, nella scrittura Vigna conferma le qualità di stile diretto, ironico, colloquiale e insieme stratificato (nel testo, appena pubblicato insieme al precedente con il titolo “Sopravviverci” nella collana Linea di Sossella editore a cura di D. Pietrobono e S. Lo Gatto) ci sono anche con una serie di riferimenti all’ astrofisica, interessanti che però sono stati espunti nella versione messa in scena in prima assoluta al teatro delle Moline.

Prodotto da e Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e La Corte Ospitale, vede inscena la stessa Vigna, (premio Ubu under 35, Premio Duse) nel ruolo della figlia (che ha il nome dell’autrice, Matilde) che ingaggia un match postumo ma vivissimo, a tratti comico, con la madre, che - come un classico spettro teatrale - è in scena, interpretata con maestria Daniela Piperno, che vanta una lunga e prestigiosa carriera teatrale e cinematografica. La madre la incalza con i doveri, con l’impegno, se ne prende cura, la sollecita, la figlia controbatte, protesta e si sottrae, si rannicchia, tra fuga fetale e stress per la sua vita da partita Iva che non le concede il tempo nemmeno di pensare al funerale.

Tutto si svolge in un cerchio bianco, spazio asettico e lunare, con alle spalle, a segnare alcune scene, immagini del cosmo (video Federico Meneghini) che con sottofondo sonoro (musiche originali di spallarossa) creano la suggestiva bolla di universo che segna una diversa possibilità di intendere il tempo, l’assenza, l’invisibile, grazie al sapere della fisica. Il duello affettivo è su due registri di recitazione, tra Piperno e Vigna, due diverse bravure, quasi un passaggio di testimone attoriale. Questo evidenzia anche le differenze madre-figlia, accentuando la vivacità, con stilettate in punta di fioretto tra le due due donne: la madre un super-io, grillo parlante, che incalza la figlia, da subito con la più classica delle frasi da Ur-Mutter: “Come ti sei conciata?” per via del completo giallo scelto colore dell’abito per il funerale, differenza della madre, elegante nel suo tailleur e tacchi con borsetta ( costumi di e scene Lucia Menegazzo).

Se la madre è la proiezione mentale di una figlia, “Chi resta” mette in scena una rivoluzione copernicana della coscienza della figlia che dopo un crescendo di schermaglie e una vera e propria resa dei conti, si ribalta grazie allo svuotamento degli armadi, un gesto così comune e profondo, un vero rito privato del lutto. È il perno dello spettacolo, tutto improvvisamente si anima di pupazzi, pitoni di piuma, stoviglie, vestiti, scarpe. Madre e figlia quasi giocano o danzano, fino al momento del distacco. È un riconoscimento che inizia proprio durante il funerale, nel breve discorso della figlia: la madre è stata principalmente una donna, ha avuto una soggettività, magari sacrificata nel “sistema” del lavoro e del ruolo, ma alla fine “non è stata altro che una madre, e in fondo una brava persona” dice Matilde. Ora è tempo di imparare a lasciarla andare, anima-astronauta che vaga nel cosmo, tipo Frank Poole in “2001 Odissea nello spazio. Un “Major Tom” di Bowie ribattezzato “Major Mom”. Distanza siderale, in una diversa presenza. Serve alla figlia per rimettere i piedi per terra, considerare la madre (e i genitori) come persone e non più “mostri dediti al rovinarci la vita”. E un monologo toccante quello che avvia lo spettacolo a una fine che non è un finire. La terra è dove lei non è, come recita un libro sul lutto materno di Roland Barthes.

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

C’è una riga che segna un prima e un dopo, nei testi di Matilde Vigna. Nel suo primo (“Una riga nera al piano di sopra”, candidato premio Ubu 2022 categoria Miglior novità drammaturgica italiana) era materialmente il segno dell’acqua dell’alluvione del Polesine al primo piano delle case. Nel nuovo testo, “Chi resta” è invece la morte di una madre, come un punto di non ritorno nell’elaborazione della propria identità da parte di una figlia. Ideato e codiretto in collaborazione con Anna Zanetti, nella scrittura Vigna conferma le qualità di stile diretto, ironico, colloquiale e insieme stratificato (nel testo, appena pubblicato insieme al precedente con il titolo “Sopravviverci” nella collana Linea di Sossella editore a cura di D. Pietrobono e S. Lo Gatto) ci sono anche con una serie di riferimenti all’ astrofisica, interessanti che però sono stati espunti nella versione messa in scena in prima assoluta al teatro delle Moline.

Prodotto da e Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e La Corte Ospitale, vede inscena la stessa Vigna, (premio Ubu under 35, Premio Duse) nel ruolo della figlia (che ha il nome dell’autrice, Matilde) che ingaggia un match postumo ma vivissimo, a tratti comico, con la madre, che - come un classico spettro teatrale - è in scena, interpretata con maestria Daniela Piperno, che vanta una lunga e prestigiosa carriera teatrale e cinematografica. La madre la incalza con i doveri, con l’impegno, se ne prende cura, la sollecita, la figlia controbatte, protesta e si sottrae, si rannicchia, tra fuga fetale e stress per la sua vita da partita Iva che non le concede il tempo nemmeno di pensare al funerale.

Tutto si svolge in un cerchio bianco, spazio asettico e lunare, con alle spalle, a segnare alcune scene, immagini del cosmo (video Federico Meneghini) che con sottofondo sonoro (musiche originali di spallarossa) creano la suggestiva bolla di universo che segna una diversa possibilità di intendere il tempo, l’assenza, l’invisibile, grazie al sapere della fisica. Il duello affettivo è su due registri di recitazione, tra Piperno e Vigna, due diverse bravure, quasi un passaggio di testimone attoriale. Questo evidenzia anche le differenze madre-figlia, accentuando la vivacità, con stilettate in punta di fioretto tra le due due donne: la madre un super-io, grillo parlante, che incalza la figlia, da subito con la più classica delle frasi da Ur-Mutter: “Come ti sei conciata?” per via del completo giallo scelto colore dell’abito per il funerale, differenza della madre, elegante nel suo tailleur e tacchi con borsetta ( costumi di e scene Lucia Menegazzo).

Se la madre è la proiezione mentale di una figlia, “Chi resta” mette in scena una rivoluzione copernicana della coscienza della figlia che dopo un crescendo di schermaglie e una vera e propria resa dei conti, si ribalta grazie allo svuotamento degli armadi, un gesto così comune e profondo, un vero rito privato del lutto. È il perno dello spettacolo, tutto improvvisamente si anima di pupazzi, pitoni di piuma, stoviglie, vestiti, scarpe. Madre e figlia quasi giocano o danzano, fino al momento del distacco. È un riconoscimento che inizia proprio durante il funerale, nel breve discorso della figlia: la madre è stata principalmente una donna, ha avuto una soggettività, magari sacrificata nel “sistema” del lavoro e del ruolo, ma alla fine “non è stata altro che una madre, e in fondo una brava persona” dice Matilde. Ora è tempo di imparare a lasciarla andare, anima-astronauta che vaga nel cosmo, tipo Frank Poole in “2001 Odissea nello spazio. Un “Major Tom” di Bowie ribattezzato “Major Mom”. Distanza siderale, in una diversa presenza. Serve alla figlia per rimettere i piedi per terra, considerare la madre (e i genitori) come persone e non più “mostri dediti al rovinarci la vita”. E un monologo toccante quello che avvia lo spettacolo a una fine che non è un finire. La terra è dove lei non è, come recita un libro sul lutto materno di Roland Barthes.

QOSHE - Madre, almeno tu nell'universo - Mario De Santis
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Madre, almeno tu nell'universo

6 0
14.12.2023

C’è una riga che segna un prima e un dopo, nei testi di Matilde Vigna. Nel suo primo (“Una riga nera al piano di sopra”, candidato premio Ubu 2022 categoria Miglior novità drammaturgica italiana) era materialmente il segno dell’acqua dell’alluvione del Polesine al primo piano delle case. Nel nuovo testo, “Chi resta” è invece la morte di una madre, come un punto di non ritorno nell’elaborazione della propria identità da parte di una figlia. Ideato e codiretto in collaborazione con Anna Zanetti, nella scrittura Vigna conferma le qualità di stile diretto, ironico, colloquiale e insieme stratificato (nel testo, appena pubblicato insieme al precedente con il titolo “Sopravviverci” nella collana Linea di Sossella editore a cura di D. Pietrobono e S. Lo Gatto) ci sono anche con una serie di riferimenti all’ astrofisica, interessanti che però sono stati espunti nella versione messa in scena in prima assoluta al teatro delle Moline.

Prodotto da e Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e La Corte Ospitale, vede inscena la stessa Vigna, (premio Ubu under 35, Premio Duse) nel ruolo della figlia (che ha il nome dell’autrice, Matilde) che ingaggia un match postumo ma vivissimo, a tratti comico, con la madre, che - come un classico spettro teatrale - è in scena, interpretata con maestria Daniela Piperno, che vanta una lunga e prestigiosa carriera teatrale e cinematografica. La madre la incalza con i doveri, con l’impegno, se ne prende cura, la sollecita, la figlia controbatte, protesta e si sottrae, si rannicchia, tra fuga fetale e stress per la sua vita da partita Iva che non le concede il tempo nemmeno di pensare al funerale.

Tutto si svolge in un cerchio bianco, spazio asettico e lunare, con alle spalle, a segnare alcune scene, immagini del cosmo (video Federico Meneghini) che con sottofondo sonoro (musiche originali di spallarossa) creano la suggestiva bolla di universo che segna una diversa possibilità di intendere il tempo, l’assenza, l’invisibile, grazie al sapere della fisica. Il duello........

© HuffPost


Get it on Google Play