Per quanto Poliico.eu possa insistere con la pubblicazione dei cosiddetti Qatargate Files frutto della lettura di “centinaia di documenti trapelati che rivelano la portata dello scandalo di corruzione nell’UE [...] un record di oltre 300 presunti tentativi di manipolare la democrazia dell'Unione Europea” a cui lavorano in cinque giornalisti” dopo 12 mesi il Qatargate è diventata una farsa.

Di prima mattina, il 9 dicembre dell’anno scorso la polizia belga arrestava Antonio Panzeri, Francesco Giorgi, Eva Kaili e Niccolò Figà-Talamanca in un’operazione ispirata dai servizi segreti di più paesi da tempo sulle tracce di un’associazione per delinquere con finalità di riciclaggio e corruzione. Il nome in codice era, per l’appunto, “mani pulite” ma la stampa la denominò subito Qatargate per via di ingenti somme di contante trovate nelle case di un paio dei coinvolti..

L’ipotesi di associazione era rafforzata dal fatto che Panzeri e Figà-Talamanca dirigevano due Ong, Fight impunity (fondata da Panzeri stesso nel 2019) e Non c’è pace senza giustizia (parte della ex-galassia radicale fondata da Marco Pannella ed Emma Bonino nel ‘94). Oltre al Qatar, gli euro provenivano dal Marocco e dalla Mauritania. Se del coinvolgimento delle dazioni dei qatarini non si è ma data pubblicità, coi giorni emersero incontri di Panzeri e Giorgi con diplomatici marocchini che oltre a regali e viaggi premio a Panzeri avevano incontrato i due più volte e in più luoghi.

Gli arresti caddero a metà dei mondiali di calcio in Qatar e, secondo la procura di Bruxelles, l’influenza a favore di Doha organizzata da Panzeri e messa in atto da Giorgi tramite Kaili era volta a non far criticare i qatarini nei dibattiti sui diritti umani al Parlamento europeo. Poco importava che ormai la “frittata” dei mondiali in un paese non democratico fosse di 12 anni prima e che gli interventi della politica greca fossero un taglia e incolla delle dichiarazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro, andava costruito un castello accusatorio per giustificare i mesi di indagini e - naturalmente - il rinvenimento di oltre un milione e mezzo di euro in contanti.

Nel giro di pochi giorni, Panzeri, per 10 ex-sindacalista ed eurodeputato da 10 anni che non parlava una lingua straniera, si “pentì” e fece altri nomi dettagliando il modus operandi dell’associazione. Entro qualche mese sarebbero stati arrestati e interrogati gli eurodeputati socialdemocratici Marc Tarabella e Andrea Cozzolino.

Secondo i Qatargate file di Politico le indagini sarebbero iniziate nel 2018, l’ultimo anno di Panzeri al Parlamento europeo, con pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali e presenza di poliziotti in borghese in Parlamento, per ricostruire i movimenti di soldi per per annacquare le critiche al Qatar e all Marocco, in conflitto con l’Algeria per via del Sahara occidentale e aiutare la Mauritania a impedire che un militante anti-schiavista vincesse il premio Sakharov - Biram Dah Abeid iscritto che con Marco Pannella e Matteo Mecacci andammo a trovare in carcere a Nouakchott nel Natale del 2010 e che grazie anche quelle pressioni fu liberato all’inzio dell’anno dopo. Biram sarebbe poi stato accompagnato più volte all’Onu di Ginevra e al Parlamento europeo da Niccolò Figà-Talamanca.

Come già notato più volte qui, malgrado in Belgio le procure non abbiano l’abitudine di svolantinare i dossier su cui lavorano, la sera del 9 dicembre la stampa locale sposava in toto il teorema del Procuratore Michel Claise e dichiarava tutti colpevoli.

Il pentimento di Panzeri gli consentì di firmare un accordo col procuratore Claise che prevedeva una multa di 80.000 euro, un anno in carcere e la confisca dei proventi delle attività illecite. Da quanto confessato non emersero elementi tali per indagare Fight Impunity o Non c’è pace senza giustizia. Secondo una sorta di prassi belga, prima di un paio di mesi in galera non si è interrogabili, come tutte le prassi che si rispettino, alla vigilia del 60esimo giorno Figà-Talamanca è stato interrogato e immediatamente liberato. Kaili, la più importante dei tre rimasti in carcere e che si era sempre dichiarata estranea alla “associazione”, al quarto mese dopo l’interrogatorio è stata liberata con braccialetto.

Il ruolo dei servizi emerse da alcune ricostruzioni stampa pubblicate da la Repubblica qualche giorno dopo gli arresti, tra questi c’era anche l’intelligence emiratina. Che i servizi segreti tirino la volta alle procure ci potrebbe anche stare, anche se poi la magistratura si dovrebbe rivolgere alla polizia giudiziaria, ma che non ci si sia mai accorti che gli Emirati siano (anche se di questi tempi le cose potrebbero essere cambiate ulteriormente) gli arcinemici del Qatar lascia perplessi. Anche perché, nell’estate del 2022, Non c’è pace senza giustizia aveva invitato decine di eurodeputati alla presentazione del rapporto “Undue Influence” (Influenza indebita) prodotto dall’organizzazione Diritto al diritto” che dettagliava nomi e modus operandi di eletti, personalità, funzionari, banche e associazioni che negli ultimi anni avevano messo in moto una campagna di pressione istituzionale per favorire gli Emirati arabi. Lo stesso lavoro che la Procura di Bruxelles stava facendo sulla la lobby a favore di Qatar, Marocco e Mauritania era stato fatto da una ricercatrice indipendente e presentato pubblicamente in una seduta del Comitato diritti umani del Parlamento europeo senza che nessuno se ne fosse interessato.

Come se non bastasse, a luglio, poco dopo la liberazione di Niccolò Figà-Talamanca, il quotidiano Domani, parte del Consorzio di giornalismo investigativo, ha pubblicato stralci di un documento che costruiva una “costellazione” di persone e organizzazioni attive per favorire il Qatar - e vicine alla Fratellanza musulmana -: tra gli italiani figuravano il sottoscritto (per ben 26 pagine!) e Figà-Talamanca sui quali l’agenzia di “consulenze” ALP Services aveva redatto un dossier per squalificarci di fronte a banche e istituti di credito internazionali in quanto lobbysti per il Qatar nell’orbita della Fratellanza mussulmana.

Ora, ritenere che gli Emirati siano stati la mano che ha contribuito a scrivere il teorema accusatorio sarebbe un po’ come agire seguendo il metodo della Procura di Bruxelles, nessuno, a partire dagli interessati, ha mai messo in dubbio che a casa di Panzeri e Giorgi siano state trovate valige piene di soldi, ma non approfondire le carte passate alla Procura prima di fare una retata è stata una grave decisione.

Grazie al lavoro dei difensori di Tarabella si è scoperto che i figli del Procuratore Claise e dell’eurodeputata Marie Arena, a più riprese segnalata come molto vicina a Panzeri, erano partner in affari. Per evitare possibili conflitti d'interesse, a metà giugno il giudice Claise ha preferito lasciare le indagini. Gli avvocati di Kaili hanno denunciato che le prove a carico della loro assistita fossero state raccolte prima che le fosse tolta l'immunità mettendo in dubbio la regolarità dell’inchiesta “mani pulite”, la Corte d'Appello di Bruxelles dovrà adesso rilevare eventuali violazioni commesse durante la fase istruttoria. Che le cose non siano tranquille tra i magistrati brussellesi, il 25 ottobre il CSM belga ha nominato il Procuratore federale Raphael Malagnini, responsabile fin dall'inizio delle indagini, revisore dei conti del lavoro a Liegi - non proprio una promozione.

Ultimo, ma sicuramente non ultimo,il 24 ottobre, dopo 10 mesi di indagini, l'Unione europea ha comunicato a Non c’è pace senza giustizia di “aver dimostrato la propria eleggibilità a rimanere nel Registro della Trasparenza” confermando che “non c'era stata alcuna violazione del Codice di Condotta dell’Ue”. Nel frattempo però la polizia belga ha sequestrato l’80% dei fondi a disposizione della Ong ipotecandone il futuro.

Questi i fatti relativi al “più grave attacco alla democrazia europea” come lo chiamò la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, ma di scandaloso qui ci sono (almeno) due cose: il ruolo dei servizi, anche non europei, che si sostituiscono agli inquirenti e il modo in cui l'Europarlamento si è immediatamente piegato al populismo giustizialista. Ci sarebbe poi da analizzare il modo con cui i media si sono scagliati sull’osso.

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Per quanto Poliico.eu possa insistere con la pubblicazione dei cosiddetti Qatargate Files frutto della lettura di “centinaia di documenti trapelati che rivelano la portata dello scandalo di corruzione nell’UE [...] un record di oltre 300 presunti tentativi di manipolare la democrazia dell'Unione Europea” a cui lavorano in cinque giornalisti” dopo 12 mesi il Qatargate è diventata una farsa.

Di prima mattina, il 9 dicembre dell’anno scorso la polizia belga arrestava Antonio Panzeri, Francesco Giorgi, Eva Kaili e Niccolò Figà-Talamanca in un’operazione ispirata dai servizi segreti di più paesi da tempo sulle tracce di un’associazione per delinquere con finalità di riciclaggio e corruzione. Il nome in codice era, per l’appunto, “mani pulite” ma la stampa la denominò subito Qatargate per via di ingenti somme di contante trovate nelle case di un paio dei coinvolti..

L’ipotesi di associazione era rafforzata dal fatto che Panzeri e Figà-Talamanca dirigevano due Ong, Fight impunity (fondata da Panzeri stesso nel 2019) e Non c’è pace senza giustizia (parte della ex-galassia radicale fondata da Marco Pannella ed Emma Bonino nel ‘94). Oltre al Qatar, gli euro provenivano dal Marocco e dalla Mauritania. Se del coinvolgimento delle dazioni dei qatarini non si è ma data pubblicità, coi giorni emersero incontri di Panzeri e Giorgi con diplomatici marocchini che oltre a regali e viaggi premio a Panzeri avevano incontrato i due più volte e in più luoghi.

Gli arresti caddero a metà dei mondiali di calcio in Qatar e, secondo la procura di Bruxelles, l’influenza a favore di Doha organizzata da Panzeri e messa in atto da Giorgi tramite Kaili era volta a non far criticare i qatarini nei dibattiti sui diritti umani al Parlamento europeo. Poco importava che ormai la “frittata” dei mondiali in un paese non democratico fosse di 12 anni prima e che gli interventi della politica greca fossero un taglia e incolla delle dichiarazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro, andava costruito un castello accusatorio per giustificare i mesi di indagini e - naturalmente - il rinvenimento di oltre un milione e mezzo di euro in contanti.

Nel giro di pochi giorni, Panzeri, per 10 ex-sindacalista ed eurodeputato da 10 anni che non parlava una lingua straniera, si “pentì” e fece altri nomi dettagliando il modus operandi dell’associazione. Entro qualche mese sarebbero stati arrestati e interrogati gli eurodeputati socialdemocratici Marc Tarabella e Andrea Cozzolino.

Secondo i Qatargate file di Politico le indagini sarebbero iniziate nel 2018, l’ultimo anno di Panzeri al Parlamento europeo, con pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali e presenza di poliziotti in borghese in Parlamento, per ricostruire i movimenti di soldi per per annacquare le critiche al Qatar e all Marocco, in conflitto con l’Algeria per via del Sahara occidentale e aiutare la Mauritania a impedire che un militante anti-schiavista vincesse il premio Sakharov - Biram Dah Abeid iscritto che con Marco Pannella e Matteo Mecacci andammo a trovare in carcere a Nouakchott nel Natale del 2010 e che grazie anche quelle pressioni fu liberato all’inzio dell’anno dopo. Biram sarebbe poi stato accompagnato più volte all’Onu di Ginevra e al Parlamento europeo da Niccolò Figà-Talamanca.

Come già notato più volte qui, malgrado in Belgio le procure non abbiano l’abitudine di svolantinare i dossier su cui lavorano, la sera del 9 dicembre la stampa locale sposava in toto il teorema del Procuratore Michel Claise e dichiarava tutti colpevoli.

Il pentimento di Panzeri gli consentì di firmare un accordo col procuratore Claise che prevedeva una multa di 80.000 euro, un anno in carcere e la confisca dei proventi delle attività illecite. Da quanto confessato non emersero elementi tali per indagare Fight Impunity o Non c’è pace senza giustizia. Secondo una sorta di prassi belga, prima di un paio di mesi in galera non si è interrogabili, come tutte le prassi che si rispettino, alla vigilia del 60esimo giorno Figà-Talamanca è stato interrogato e immediatamente liberato. Kaili, la più importante dei tre rimasti in carcere e che si era sempre dichiarata estranea alla “associazione”, al quarto mese dopo l’interrogatorio è stata liberata con braccialetto.

Il ruolo dei servizi emerse da alcune ricostruzioni stampa pubblicate da la Repubblica qualche giorno dopo gli arresti, tra questi c’era anche l’intelligence emiratina. Che i servizi segreti tirino la volta alle procure ci potrebbe anche stare, anche se poi la magistratura si dovrebbe rivolgere alla polizia giudiziaria, ma che non ci si sia mai accorti che gli Emirati siano (anche se di questi tempi le cose potrebbero essere cambiate ulteriormente) gli arcinemici del Qatar lascia perplessi. Anche perché, nell’estate del 2022, Non c’è pace senza giustizia aveva invitato decine di eurodeputati alla presentazione del rapporto “Undue Influence” (Influenza indebita) prodotto dall’organizzazione Diritto al diritto” che dettagliava nomi e modus operandi di eletti, personalità, funzionari, banche e associazioni che negli ultimi anni avevano messo in moto una campagna di pressione istituzionale per favorire gli Emirati arabi. Lo stesso lavoro che la Procura di Bruxelles stava facendo sulla la lobby a favore di Qatar, Marocco e Mauritania era stato fatto da una ricercatrice indipendente e presentato pubblicamente in una seduta del Comitato diritti umani del Parlamento europeo senza che nessuno se ne fosse interessato.

Come se non bastasse, a luglio, poco dopo la liberazione di Niccolò Figà-Talamanca, il quotidiano Domani, parte del Consorzio di giornalismo investigativo, ha pubblicato stralci di un documento che costruiva una “costellazione” di persone e organizzazioni attive per favorire il Qatar - e vicine alla Fratellanza musulmana -: tra gli italiani figuravano il sottoscritto (per ben 26 pagine!) e Figà-Talamanca sui quali l’agenzia di “consulenze” ALP Services aveva redatto un dossier per squalificarci di fronte a banche e istituti di credito internazionali in quanto lobbysti per il Qatar nell’orbita della Fratellanza mussulmana.

Ora, ritenere che gli Emirati siano stati la mano che ha contribuito a scrivere il teorema accusatorio sarebbe un po’ come agire seguendo il metodo della Procura di Bruxelles, nessuno, a partire dagli interessati, ha mai messo in dubbio che a casa di Panzeri e Giorgi siano state trovate valige piene di soldi, ma non approfondire le carte passate alla Procura prima di fare una retata è stata una grave decisione.

Grazie al lavoro dei difensori di Tarabella si è scoperto che i figli del Procuratore Claise e dell’eurodeputata Marie Arena, a più riprese segnalata come molto vicina a Panzeri, erano partner in affari. Per evitare possibili conflitti d'interesse, a metà giugno il giudice Claise ha preferito lasciare le indagini. Gli avvocati di Kaili hanno denunciato che le prove a carico della loro assistita fossero state raccolte prima che le fosse tolta l'immunità mettendo in dubbio la regolarità dell’inchiesta “mani pulite”, la Corte d'Appello di Bruxelles dovrà adesso rilevare eventuali violazioni commesse durante la fase istruttoria. Che le cose non siano tranquille tra i magistrati brussellesi, il 25 ottobre il CSM belga ha nominato il Procuratore federale Raphael Malagnini, responsabile fin dall'inizio delle indagini, revisore dei conti del lavoro a Liegi - non proprio una promozione.

Ultimo, ma sicuramente non ultimo,il 24 ottobre, dopo 10 mesi di indagini, l'Unione europea ha comunicato a Non c’è pace senza giustizia di “aver dimostrato la propria eleggibilità a rimanere nel Registro della Trasparenza” confermando che “non c'era stata alcuna violazione del Codice di Condotta dell’Ue”. Nel frattempo però la polizia belga ha sequestrato l’80% dei fondi a disposizione della Ong ipotecandone il futuro.

Questi i fatti relativi al “più grave attacco alla democrazia europea” come lo chiamò la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, ma di scandaloso qui ci sono (almeno) due cose: il ruolo dei servizi, anche non europei, che si sostituiscono agli inquirenti e il modo in cui l'Europarlamento si è immediatamente piegato al populismo giustizialista. Ci sarebbe poi da analizzare il modo con cui i media si sono scagliati sull’osso.

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Siamo alla Qatar(gate)farsa

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11.12.2023

Per quanto Poliico.eu possa insistere con la pubblicazione dei cosiddetti Qatargate Files frutto della lettura di “centinaia di documenti trapelati che rivelano la portata dello scandalo di corruzione nell’UE [...] un record di oltre 300 presunti tentativi di manipolare la democrazia dell'Unione Europea” a cui lavorano in cinque giornalisti” dopo 12 mesi il Qatargate è diventata una farsa.

Di prima mattina, il 9 dicembre dell’anno scorso la polizia belga arrestava Antonio Panzeri, Francesco Giorgi, Eva Kaili e Niccolò Figà-Talamanca in un’operazione ispirata dai servizi segreti di più paesi da tempo sulle tracce di un’associazione per delinquere con finalità di riciclaggio e corruzione. Il nome in codice era, per l’appunto, “mani pulite” ma la stampa la denominò subito Qatargate per via di ingenti somme di contante trovate nelle case di un paio dei coinvolti..

L’ipotesi di associazione era rafforzata dal fatto che Panzeri e Figà-Talamanca dirigevano due Ong, Fight impunity (fondata da Panzeri stesso nel 2019) e Non c’è pace senza giustizia (parte della ex-galassia radicale fondata da Marco Pannella ed Emma Bonino nel ‘94). Oltre al Qatar, gli euro provenivano dal Marocco e dalla Mauritania. Se del coinvolgimento delle dazioni dei qatarini non si è ma data pubblicità, coi giorni emersero incontri di Panzeri e Giorgi con diplomatici marocchini che oltre a regali e viaggi premio a Panzeri avevano incontrato i due più volte e in più luoghi.

Gli arresti caddero a metà dei mondiali di calcio in Qatar e, secondo la procura di Bruxelles, l’influenza a favore di Doha organizzata da Panzeri e messa in atto da Giorgi tramite Kaili era volta a non far criticare i qatarini nei dibattiti sui diritti umani al Parlamento europeo. Poco importava che ormai la “frittata” dei mondiali in un paese non democratico fosse di 12 anni prima e che gli interventi della politica greca fossero un taglia e incolla delle dichiarazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro, andava costruito un castello accusatorio per giustificare i mesi di indagini e - naturalmente - il rinvenimento di oltre un milione e mezzo di euro in contanti.

Nel giro di pochi giorni, Panzeri, per 10 ex-sindacalista ed eurodeputato da 10 anni che non parlava una lingua straniera, si “pentì” e fece altri nomi dettagliando il modus operandi dell’associazione. Entro qualche mese sarebbero stati arrestati e interrogati gli eurodeputati socialdemocratici Marc Tarabella e Andrea Cozzolino.

Secondo i Qatargate file di Politico le indagini sarebbero iniziate nel 2018, l’ultimo anno di Panzeri al Parlamento europeo, con pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali e presenza di poliziotti in borghese in Parlamento, per ricostruire i movimenti di soldi per per annacquare le critiche al Qatar e all Marocco, in conflitto con l’Algeria per via del Sahara occidentale e aiutare la Mauritania a impedire che un militante anti-schiavista vincesse il premio Sakharov - Biram Dah Abeid iscritto che con Marco Pannella e Matteo Mecacci andammo a trovare in carcere a Nouakchott nel Natale del 2010 e che grazie anche quelle pressioni fu liberato all’inzio dell’anno dopo. Biram sarebbe poi stato accompagnato più volte all’Onu di Ginevra e al Parlamento europeo da Niccolò Figà-Talamanca.

Come già notato più volte qui, malgrado in Belgio le procure non abbiano l’abitudine di svolantinare i dossier su cui lavorano, la sera del 9 dicembre la stampa locale sposava in toto il teorema del Procuratore Michel Claise e dichiarava tutti colpevoli.

Il pentimento di Panzeri gli consentì di firmare un accordo col procuratore Claise che prevedeva una multa di 80.000 euro, un anno in carcere e la confisca dei proventi delle attività illecite. Da quanto confessato non emersero elementi tali per indagare Fight Impunity o Non c’è pace senza giustizia. Secondo una sorta di prassi belga, prima di un paio di mesi in galera non si è interrogabili, come tutte le prassi che si rispettino, alla vigilia del 60esimo giorno Figà-Talamanca è stato interrogato e immediatamente liberato. Kaili, la più importante dei tre rimasti in carcere e che si era sempre dichiarata estranea alla........

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