Avrà pure tanti difetti, agli occhi degli italiani sempre troppo pochi, ma il presidente Emmanuel Macron è l'unico in Europa, e forse al mondo (o almeno in Occidente), ad avere capito come si parla con Putin. L'unico capace di usare il linguaggio dell'ambiguità come arma retorica, di mettere insieme due parole potentissime come "non escludiamo", parlando dell'ipotesi di un coinvolgimento militare di soldati francesi nella guerra di resistenza in Ucraina, per provare ad arginare il furore bellicista e nuclearista dell'invasore russo. L'unico ad opporre al "siamo pronti all'uso delle armi atomiche" da parte di Mosca una pur timida (a confronto) apertura all'invio di truppe a Kyiv, e soprattutto l'unico a rivendicare il coraggio della sua proposta nell'imbarazzato silenzio europeo su una guerra che si sta perdendo.

Una delle differenze più grandi tra una democrazia e un regime autocratico consiste nella possibilità di parlare apertamente di guerra, anche quando è difensiva, senza che nella propria opinione pubblica si sollevi un'onda di indignazione e di paura. Di solito, le democrazie risultano allergiche all'argomento e preferiscono fare la guerra piuttosto che parlarne. In democrazia, le cose militari sono un tabù, e inevitabilmente attirano ogni accusa di cattiveria e di insensibilità - anche quando, lo ripetiamo, sono difensive, come nel nostro caso. Nei regimi questa ipocrisia non esiste, perché tra il dire e il fare la guerra, anche quando è offensiva, c'è sostanziale coincidenza, o probabilmente manca del tutto una vera opinione pubblica (mentre i pochi dissidenti vengono puniti o uccisi). Sarebbe impossibile dare torto a chi sostiene che le democrazie siano meglio dei regimi, oltre che per tutte le ragioni che non stiamo qui a ripetere, anche per questo motivo, cioè per il ripudio della guerra almeno a parole: frutto irrinunciabile di ottant'anni di pace e civile convivenza.

Però così succede che le democrazie scontino in partenza uno svantaggio contro i regimi che le minacciano, ovvero il non potere utilizzare appieno il ventaglio retorico-diplomatico delle formule vaghe, dei "non escludiamo" alla Macron, appunto, o addirittura dei "siamo pronti" alla Putin. In democrazia simili azzardi verbali vengono subito bollati come escalation, e chi li proferisce rischia di essere inghiottito dal gelo delle cancellerie amiche quando non dalla censura o condanna più esplicite. Per paura, certo. La paura di innescare una risposta del nemico ancor più dura, e magari, speriamo di no, non più soltanto a voce. Ma così, con l'autocensura delle democrazie, con i veti delle Germanie paurose o in cerca di improbabili spiragli di tregua, finisce sempre col prevalere la libertà di parola delle autocrazie, loro sì sempre pronte a minacciare, intimorire, vagheggiare apocalissi nucleari di ogni sorta. Come sta succedendo oggi per la guerra in Ucraina.

Alle democrazie non resta quindi che fare la guerra in silenzio, cercando di nasconderla sotto il tappeto e condannandosi a subire le intemperanze verbali e non di un autocrate spietato e del suo vice sempre più alterato. E per fortuna che nessuno, in Europa, si è mai sognato lontanamente di replicare, al "siamo pronti all'uso di armi nucleari se minacciati nella nostra sopravvivenza" di parte russa, un semplicissimo "altrettanto"; ché poi, a non essere ipocriti, sarebbe questo l'assunto implicito dell'esistenza della Nato, ovvero di un'alleanza difensiva che contempla anche l'uso, ovviamente come ultimissima ratio, della bomba atomica.

Viva quindi, per una volta, il presidente francese Macron, che rivendica il coraggio delle sue parole solo apparentemente belliciste, in realtà con l'obiettivo evidente di scongiurare il rischio proprio di ciò che dice. Ha capito che con Putin bisogna parlare la stessa lingua dell'ambiguità a fini di deterrenza. Non per incutere paura nell'avversario, come fa la Russia con noi, ma almeno per porre un argine politico all'incontinenza militarista. I regimi aggressivi si combattono anche così, ed è meglio che farlo sul terreno. Lo capisse pure Scholz.

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Avrà pure tanti difetti, agli occhi degli italiani sempre troppo pochi, ma il presidente Emmanuel Macron è l'unico in Europa, e forse al mondo (o almeno in Occidente), ad avere capito come si parla con Putin. L'unico capace di usare il linguaggio dell'ambiguità come arma retorica, di mettere insieme due parole potentissime come "non escludiamo", parlando dell'ipotesi di un coinvolgimento militare di soldati francesi nella guerra di resistenza in Ucraina, per provare ad arginare il furore bellicista e nuclearista dell'invasore russo. L'unico ad opporre al "siamo pronti all'uso delle armi atomiche" da parte di Mosca una pur timida (a confronto) apertura all'invio di truppe a Kyiv, e soprattutto l'unico a rivendicare il coraggio della sua proposta nell'imbarazzato silenzio europeo su una guerra che si sta perdendo.

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Macron ha capito come parlare con Putin, lo capisca pure Scholz

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15.03.2024

Avrà pure tanti difetti, agli occhi degli italiani sempre troppo pochi, ma il presidente Emmanuel Macron è l'unico in Europa, e forse al mondo (o almeno in Occidente), ad avere capito come si parla con Putin. L'unico capace di usare il linguaggio dell'ambiguità come arma retorica, di mettere insieme due parole potentissime come "non escludiamo", parlando dell'ipotesi di un coinvolgimento militare di soldati francesi nella guerra di resistenza in Ucraina, per provare ad arginare il furore bellicista e nuclearista dell'invasore russo. L'unico ad opporre al "siamo pronti all'uso delle armi atomiche" da parte di Mosca una pur timida (a confronto) apertura all'invio di truppe a Kyiv, e soprattutto l'unico a rivendicare il coraggio della sua proposta nell'imbarazzato silenzio europeo su una guerra che si sta perdendo.

Una delle differenze più grandi tra una democrazia e un regime autocratico consiste nella possibilità di parlare apertamente di guerra, anche quando è difensiva, senza che nella propria opinione pubblica si sollevi un'onda di indignazione e di paura. Di solito, le democrazie risultano allergiche all'argomento e preferiscono fare la guerra piuttosto che parlarne. In democrazia, le cose militari sono un tabù, e inevitabilmente attirano ogni accusa di cattiveria e di insensibilità - anche quando,........

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