Il recente incontro tra Romano Prodi e Giuseppe Conte dei giorni scorsi non è riuscito, almeno così pare, a evitare la goliardata in corso tra il partito della Schlein e i populisti dei 5 stelle. E poi ci si lamenta della crescita dell’astensionismo elettorale. O meglio, del non recupero, da parte dello schieramento di sinistra, di un elettorato che si è progressivamente allontanato da quell’area politica e che fa la differenza ogniqualvolta si misura con la compattezza, anche se lastricata di polemiche, con il centro destra.

Verrebbe quasi da dire che non ci sono più parole. Dunque, e riassumendo, la Sardegna ha visto la netta spaccatura tra la sinistra e i 5 stelle da un lato con le forze moderate e riformiste dall’altro. Per un colpo di fortuna che può capitare ogni decennio o giù di lì, si è vinto la battaglia elettorale. Ma le circostanze che hanno portato a quella vittoria sono riconducibili tutte ed esclusivamente agli errori madornali e persin plateali del centro destra. Comunque nella regione sarda “a nuttata è passata”.

Sull’Abruzzo è meglio non commentare. È appena sufficiente ricordare un fatto per non ripercorrere l’intera vicenda. E cioè, l’agenda quotidiana della campagna elettorale del centro sinistra doveva scrupolosamente appurare e verificare che non era previsto alcun incrocio tra i vari leader di quel campo perché altrimenti scoppiava una polemica violenta. E questo perché i vari capi partito della coalizione erano seriamente impegnati a sottolineare che il sempre più grottesco e comico “campo largo” altro non era che un escamotage per prendere qualche voto più in quella Regione ma mai, e poi ancora mai, si sarebbe potuto realizzare quel progetto politico a livello nazionale.

È persin ovvio arrivare alla conclusione che chi ascoltava quelle dotte riflessioni o non votava più la sinistra oppure, e per reazione, votava la coalizione di centro destra. Sulla Basilicata è meglio stendere un velo pietoso, essendo ancora un processo in piena espansione. Se si dovesse ripercorrere l’intero spettacolo lucano con l’ultimo ritiro da candidato a presidente dell’ormai più famoso oculista d’Italia, ci sarebbe anche da ridere. Ma, al di là delle piroette continue e ripetute da parte dei vari partiti, emerge un solo dato. Ovvero, la coalizione di centro sinistra semplicemente non esiste. E quando esiste è un’ammucchiata inguardabile e addirittura ingiudicabile.

E poi arriva il Piemonte, la mia regione, e qui la comicità raggiunge livelli insuperabili. Dopo la contesa fra due candidature del Partito democratico - peraltro accettabili - da ormai quasi un anno in campo con tanto di manifesti, piattaforme programmatiche ed interviste su tutti i principali organi di informazione, si arriva giustamente alla conta a livello regionale per sciogliere il nodo. Ma ecco il colpo di scena. Dal quartier generale del Nazareno - in ossequio all’autonomia politica e regolamentare dei territori - parte l’invito perentorio al dietrofront. Nessun confronto tra i due candidati e, di conseguenza, nessun voto da parte dell’Assemblea regionale del partito ma l’imposizione di una terza candidatura. Un assessore del Comune di Torino che in questi ultimi 25 anni si è candidata praticamente a tutto ciò a cui era possibile candidarsi. Sempreché, adesso, non faccia la fine dell’oculista lucano.

Ora, per restare all’incontro tra Prodi e Conte, e in attesa che partecipi poi anche la Schlein, forse sarebbe opportuno che da quelle parti tornasse almeno la serietà. La coerenza, com’è ovvio, sarebbe troppo. Perché altrimenti l’unico elemento che emerge, in modo sempre più evidente e palese, è l’indubbia comicità che accompagna questi momenti che, se non altro, creano anche un po’ di allegria in tutti i protagonisti. Quando, invece, dovrebbe emergere l’unico vero aspetto che conta alla vigilia di una consultazione elettorale. E che, detto fra di noi, rappresenta il cuore della credibilità e della serietà di un partito. Cioè la costruzione di una seria e qualificata coalizione di governo.

E quando su questo versante si diventa ridicoli, e anche un po’ comici, il rischio vero che si corre è solo quello di non essere più competitivi con gli avversari politici ma semplicemente spettatori di ciò che capita per manifesta incapacità politica e organizzativa.

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Il recente incontro tra Romano Prodi e Giuseppe Conte dei giorni scorsi non è riuscito, almeno così pare, a evitare la goliardata in corso tra il partito della Schlein e i populisti dei 5 stelle. E poi ci si lamenta della crescita dell’astensionismo elettorale. O meglio, del non recupero, da parte dello schieramento di sinistra, di un elettorato che si è progressivamente allontanato da quell’area politica e che fa la differenza ogniqualvolta si misura con la compattezza, anche se lastricata di polemiche, con il centro destra.

Verrebbe quasi da dire che non ci sono più parole. Dunque, e riassumendo, la Sardegna ha visto la netta spaccatura tra la sinistra e i 5 stelle da un lato con le forze moderate e riformiste dall’altro. Per un colpo di fortuna che può capitare ogni decennio o giù di lì, si è vinto la battaglia elettorale. Ma le circostanze che hanno portato a quella vittoria sono riconducibili tutte ed esclusivamente agli errori madornali e persin plateali del centro destra. Comunque nella regione sarda “a nuttata è passata”.

Sull’Abruzzo è meglio non commentare. È appena sufficiente ricordare un fatto per non ripercorrere l’intera vicenda. E cioè, l’agenda quotidiana della campagna elettorale del centro sinistra doveva scrupolosamente appurare e verificare che non era previsto alcun incrocio tra i vari leader di quel campo perché altrimenti scoppiava una polemica violenta. E questo perché i vari capi partito della coalizione erano seriamente impegnati a sottolineare che il sempre più grottesco e comico “campo largo” altro non era che un escamotage per prendere qualche voto più in quella Regione ma mai, e poi ancora mai, si sarebbe potuto realizzare quel progetto politico a livello nazionale.

È persin ovvio arrivare alla conclusione che chi ascoltava quelle dotte riflessioni o non votava più la sinistra oppure, e per reazione, votava la coalizione di centro destra. Sulla Basilicata è meglio stendere un velo pietoso, essendo ancora un processo in piena espansione. Se si dovesse ripercorrere l’intero spettacolo lucano con l’ultimo ritiro da candidato a presidente dell’ormai più famoso oculista d’Italia, ci sarebbe anche da ridere. Ma, al di là delle piroette continue e ripetute da parte dei vari partiti, emerge un solo dato. Ovvero, la coalizione di centro sinistra semplicemente non esiste. E quando esiste è un’ammucchiata inguardabile e addirittura ingiudicabile.

E poi arriva il Piemonte, la mia regione, e qui la comicità raggiunge livelli insuperabili. Dopo la contesa fra due candidature del Partito democratico - peraltro accettabili - da ormai quasi un anno in campo con tanto di manifesti, piattaforme programmatiche ed interviste su tutti i principali organi di informazione, si arriva giustamente alla conta a livello regionale per sciogliere il nodo. Ma ecco il colpo di scena. Dal quartier generale del Nazareno - in ossequio all’autonomia politica e regolamentare dei territori - parte l’invito perentorio al dietrofront. Nessun confronto tra i due candidati e, di conseguenza, nessun voto da parte dell’Assemblea regionale del partito ma l’imposizione di una terza candidatura. Un assessore del Comune di Torino che in questi ultimi 25 anni si è candidata praticamente a tutto ciò a cui era possibile candidarsi. Sempreché, adesso, non faccia la fine dell’oculista lucano.

Ora, per restare all’incontro tra Prodi e Conte, e in attesa che partecipi poi anche la Schlein, forse sarebbe opportuno che da quelle parti tornasse almeno la serietà. La coerenza, com’è ovvio, sarebbe troppo. Perché altrimenti l’unico elemento che emerge, in modo sempre più evidente e palese, è l’indubbia comicità che accompagna questi momenti che, se non altro, creano anche un po’ di allegria in tutti i protagonisti. Quando, invece, dovrebbe emergere l’unico vero aspetto che conta alla vigilia di una consultazione elettorale. E che, detto fra di noi, rappresenta il cuore della credibilità e della serietà di un partito. Cioè la costruzione di una seria e qualificata coalizione di governo.

E quando su questo versante si diventa ridicoli, e anche un po’ comici, il rischio vero che si corre è solo quello di non essere più competitivi con gli avversari politici ma semplicemente spettatori di ciò che capita per manifesta incapacità politica e organizzativa.

QOSHE - Il valzer ridicolo e comico del campo largo - Giorgio Merlo
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Il valzer ridicolo e comico del campo largo

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19.03.2024

Il recente incontro tra Romano Prodi e Giuseppe Conte dei giorni scorsi non è riuscito, almeno così pare, a evitare la goliardata in corso tra il partito della Schlein e i populisti dei 5 stelle. E poi ci si lamenta della crescita dell’astensionismo elettorale. O meglio, del non recupero, da parte dello schieramento di sinistra, di un elettorato che si è progressivamente allontanato da quell’area politica e che fa la differenza ogniqualvolta si misura con la compattezza, anche se lastricata di polemiche, con il centro destra.

Verrebbe quasi da dire che non ci sono più parole. Dunque, e riassumendo, la Sardegna ha visto la netta spaccatura tra la sinistra e i 5 stelle da un lato con le forze moderate e riformiste dall’altro. Per un colpo di fortuna che può capitare ogni decennio o giù di lì, si è vinto la battaglia elettorale. Ma le circostanze che hanno portato a quella vittoria sono riconducibili tutte ed esclusivamente agli errori madornali e persin plateali del centro destra. Comunque nella regione sarda “a nuttata è passata”.

Sull’Abruzzo è meglio non commentare. È appena sufficiente ricordare un fatto per non ripercorrere l’intera vicenda. E cioè, l’agenda quotidiana della campagna elettorale del centro sinistra doveva scrupolosamente appurare e verificare che non era previsto alcun incrocio tra i vari leader di quel campo perché altrimenti scoppiava una polemica violenta. E questo perché i vari capi partito della coalizione erano seriamente impegnati a sottolineare che il sempre più grottesco e comico “campo largo” altro non era che un escamotage per prendere qualche voto più in quella Regione ma mai, e poi ancora mai, si sarebbe potuto realizzare quel progetto politico a livello nazionale.

È persin ovvio arrivare alla conclusione che chi ascoltava quelle dotte riflessioni o non votava più la sinistra oppure, e per reazione, votava la coalizione di centro destra. Sulla Basilicata è meglio stendere un velo pietoso, essendo ancora un processo in piena espansione. Se si dovesse ripercorrere l’intero spettacolo lucano con l’ultimo ritiro da candidato a presidente dell’ormai più famoso oculista d’Italia, ci sarebbe anche da ridere. Ma, al di là delle........

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