Ho sempre pensato che Piotta fosse il nome d'arte e Tommaso il nome vero: il primo l'appellativo dell'artista e il secondo quello della persona. Forse mi sbagliavo.

Non c'è tra noi chi non abbia mai avuto 'na notte infame, un momento in cui ha perso qualcuno o qualcosa, in cui era debole, in cui ogni emozione sembrava filtrata da un senso di sconfitta, di abbandono, in cui le ferite sanguinavano e non c'era modo di fermare l'emorragia, in cui tutto intorno era solo oscurità. Quando sei in quella gabbia, un modo forse c'è per tornare a vedere la luce, ma spesso arriva dopo qualche tempo, perché il tempo a volte è l'unico vero medico.

Questa possibilità, ma non è semplice comprenderlo finché il dolore è ancora fresco, si chiama racconto. Narrazione. Raccontarsi è catartico, può addirittura esorcizzare il dolore.

'Na notte infame è una autobiografia emotiva, non cronologica e non lineare, un diario di fragilità e di rinascita, dove la forma artistica è quella di Piotta, quella del rap, con i featuring, le collaborazioni e tutto il resto mentre la storia, i ricordi, sono quelli di Tommaso. Ma sono proprio i ricordi di Tommaso a rendere arte il racconto di Piotta.

Al centro c'è Fabio, il fratello maggiore, prematuramrmte scomparso circa un anno e mezzo fa. C'è la sua voce, ci sono i suoi versi, perché Fabio era anzi è uno scrittore, un autore, un poeta. È c'è Roma, sullo sfondo, una Roma marginale, periferica. Poetica, appunto. Perché lo sappiamo quanto è bella Roma quanno è sera, quanno la luna se specchia dentro ar cuppolone, sappiamo pure come è bello il cielo a via Margutta questa sera e sappiamo pure che, sempre stasera, Roma non deve fa' la stupida.

Quello che forse non sappiamo è che c'è un "Dio più grande di Tor Pignattara e Casilino, di Tiburtino e di tutta Torbella". Quello che forse non abbiamo mai considerato è che spesso la poesia nasce dagli angoli, dagli spigoli, dai labirinti. È proprio un labirinto dell'anima l'ultimo album di Piotta, un intricato percorso tra realtà, sogni e incubi nel quale è impossibile non perdersi e quindi non trovarsi. Perché c'è un Fabio nella vita di chiunque tra noi ed è proprio questa una delle caratteristiche che rende un'opera artistica universale, il fatto che dentro ci si possa riconoscere sempre un pezzo di sé.

Ascoltate questo lavoro non con le orecchie ma col cuore, non con la smania di cercare note, accordi, arrangiamenti, tecnica vocale e strumentale, perché per una volta possiamo dare per scontato che tutto questo esista nella carriera di uno che sta al suo decimo album. Ascoltatelo come se fosse un libro aperto sui vostri ricordi, ascoltatelo perché inevitabilmente parla di voi.

Piotta apre uno squarcio nella sua vita privata per restituirla in un quadro impressionista nella pennellata ma espressionista nella forza, nella violenza con cui esce il messaggio. Per questo, come scrivo all'inizio, da oggi continuerò ad ascoltare Piotta con la consapevolezza che l'artista non sia più il personaggio ma la persona. Piotta è sceso dal palco, ha tolto la maschera, rivelando che il vero artista è sempre stato Tommaso.

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Ho sempre pensato che Piotta fosse il nome d'arte e Tommaso il nome vero: il primo l'appellativo dell'artista e il secondo quello della persona. Forse mi sbagliavo.

Non c'è tra noi chi non abbia mai avuto 'na notte infame, un momento in cui ha perso qualcuno o qualcosa, in cui era debole, in cui ogni emozione sembrava filtrata da un senso di sconfitta, di abbandono, in cui le ferite sanguinavano e non c'era modo di fermare l'emorragia, in cui tutto intorno era solo oscurità. Quando sei in quella gabbia, un modo forse c'è per tornare a vedere la luce, ma spesso arriva dopo qualche tempo, perché il tempo a volte è l'unico vero medico.

Questa possibilità, ma non è semplice comprenderlo finché il dolore è ancora fresco, si chiama racconto. Narrazione. Raccontarsi è catartico, può addirittura esorcizzare il dolore.

'Na notte infame è una autobiografia emotiva, non cronologica e non lineare, un diario di fragilità e di rinascita, dove la forma artistica è quella di Piotta, quella del rap, con i featuring, le collaborazioni e tutto il resto mentre la storia, i ricordi, sono quelli di Tommaso. Ma sono proprio i ricordi di Tommaso a rendere arte il racconto di Piotta.

Al centro c'è Fabio, il fratello maggiore, prematuramrmte scomparso circa un anno e mezzo fa. C'è la sua voce, ci sono i suoi versi, perché Fabio era anzi è uno scrittore, un autore, un poeta. È c'è Roma, sullo sfondo, una Roma marginale, periferica. Poetica, appunto. Perché lo sappiamo quanto è bella Roma quanno è sera, quanno la luna se specchia dentro ar cuppolone, sappiamo pure come è bello il cielo a via Margutta questa sera e sappiamo pure che, sempre stasera, Roma non deve fa' la stupida.

Quello che forse non sappiamo è che c'è un "Dio più grande di Tor Pignattara e Casilino, di Tiburtino e di tutta Torbella". Quello che forse non abbiamo mai considerato è che spesso la poesia nasce dagli angoli, dagli spigoli, dai labirinti. È proprio un labirinto dell'anima l'ultimo album di Piotta, un intricato percorso tra realtà, sogni e incubi nel quale è impossibile non perdersi e quindi non trovarsi. Perché c'è un Fabio nella vita di chiunque tra noi ed è proprio questa una delle caratteristiche che rende un'opera artistica universale, il fatto che dentro ci si possa riconoscere sempre un pezzo di sé.

Ascoltate questo lavoro non con le orecchie ma col cuore, non con la smania di cercare note, accordi, arrangiamenti, tecnica vocale e strumentale, perché per una volta possiamo dare per scontato che tutto questo esista nella carriera di uno che sta al suo decimo album. Ascoltatelo come se fosse un libro aperto sui vostri ricordi, ascoltatelo perché inevitabilmente parla di voi.

Piotta apre uno squarcio nella sua vita privata per restituirla in un quadro impressionista nella pennellata ma espressionista nella forza, nella violenza con cui esce il messaggio. Per questo, come scrivo all'inizio, da oggi continuerò ad ascoltare Piotta con la consapevolezza che l'artista non sia più il personaggio ma la persona. Piotta è sceso dal palco, ha tolto la maschera, rivelando che il vero artista è sempre stato Tommaso.

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Piotta ha tolto la maschera e illumina con un diario di fragilità e di rinascita

7 0
04.03.2024

Ho sempre pensato che Piotta fosse il nome d'arte e Tommaso il nome vero: il primo l'appellativo dell'artista e il secondo quello della persona. Forse mi sbagliavo.

Non c'è tra noi chi non abbia mai avuto 'na notte infame, un momento in cui ha perso qualcuno o qualcosa, in cui era debole, in cui ogni emozione sembrava filtrata da un senso di sconfitta, di abbandono, in cui le ferite sanguinavano e non c'era modo di fermare l'emorragia, in cui tutto intorno era solo oscurità. Quando sei in quella gabbia, un modo forse c'è per tornare a vedere la luce, ma spesso arriva dopo qualche tempo, perché il tempo a volte è l'unico vero medico.

Questa possibilità, ma non è semplice comprenderlo finché il dolore è ancora fresco, si chiama racconto. Narrazione. Raccontarsi è catartico, può addirittura esorcizzare il dolore.

'Na notte infame è una autobiografia emotiva, non cronologica e non lineare, un diario di fragilità e di rinascita, dove la forma artistica è quella di Piotta, quella del rap, con i featuring, le collaborazioni e tutto il resto mentre la storia, i ricordi, sono quelli di Tommaso. Ma sono proprio i ricordi di Tommaso a rendere arte il racconto di Piotta.

Al centro c'è Fabio, il fratello maggiore, prematuramrmte scomparso circa un anno e mezzo fa. C'è la sua voce, ci sono i suoi versi, perché Fabio era anzi è uno scrittore, un autore, un poeta. È c'è Roma, sullo sfondo, una Roma marginale, periferica. Poetica, appunto. Perché lo sappiamo quanto è bella Roma quanno è sera, quanno la luna se specchia dentro ar cuppolone, sappiamo pure come è bello........

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