Da quando il 12 settembre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen comunicò di aver affidato a Mario Draghi il compito di preparare una "relazione sul futuro della competitività europea" sono passati pochi mesi e le elezioni europee sono in giugno. La presidente della Commissione, incaricando Draghi, ha detto che "l’Europa farà tutto il necessario, costi quel che costi, per mantenere il suo vantaggio competitivo". Questo vantaggio è già molto compromesso e non riguarda solo i problemi indicati dalla presidente relativi alla "manodopera, inflazione, contesto imprenditoriale… industria per la transizione pulita". La genericità di questi riferimenti non vincola certo Draghi, che von der Leyen ha definito "una fra le piu grandi menti dell’Europa in materia di economia".

Istituzioni, Politica, Economia

Nei ruoli istituzionali alla Bce dal 2011 al 2019, poi come presidente del Consiglio della Repubblica italiana, Mario Draghi ha ampiamente dimostrato di essere un europeista capace di distinguere le complementarietà tra istituzioni, politica ed economia su cui si basano i progetti e la loro fattibilità. E quindi la caratteristica della Unione europea come democrazia complessa, dove federalismo, confederalismo e funzionalismo convivono. Così pochi sono i poteri funzionali forti ed efficaci (come la Bce) e troppi sono quelli pseudo-federali (votati alla unanimità). Da tempo Draghi si è reso conto che la Ue è entrata in una fase avanzata di rischio sistemico che può portare a esiti irreversibili, ben oltre il mantenimento del vantaggio competitivo (c’è ancora?) auspicato da von der Leyen. La pandemia e le guerre hanno avuto effetti negativi potenti, ma c’è di più perché la divaricazione rispetto a Usa e Cina dal punto di vista degli investimenti e della tecnoscienza è iniziata ben prima. Così come la dipendenza esterna per le materie prime è stata troppo sottovalutata.

Globalizzazione e Ripolarizzazione

Draghi ha avuto, dopo l’incarico di settembre, molti incontri (con gruppi di imprenditori, con Ecofin, col Parlamento europeo) in seguito ai quali ha fatto varie dichiarazioni che colloco sullo sfondo relativo alla deriva della globalizzazione. Nel ricevere il 14 febbraio scorso il "Paul Volker Lifetime Achievement Award", Draghi ha rilevato che la globalizzazione non governata ha condotto all’instabilità perché è mancata una struttura politica condivisa in termini di valori e principi. Se tale struttura non esiste, come ormai è evidente, le relazioni economiche diventano "transazionali", con una prevalenza sullo scambio bilaterale o multilaterale tra paesi. L’Organizzazione mondiale del commercio non è stata all’altezza del compito di governare la globalizzazione negli ultimi 30 anni. Così la globalizzazione ha ignorato dumping ed effetti negativi in alcune economie avanzate con delocalizzazioni esasperate, ma anche con l’illusione che il “commercio” da solo potesse allargare la sfera della democrazia liberale. Perchè “la democrazia e la libertà non viaggiano necessariamente con i beni e i servizi”, ha detto Draghi, essendo necessarie regole condivise e rispettate, ma anche cogenti e sanzionatorie.

Urgono piu investimenti in Ue

Ne segue che per Draghi tre fattori esogeni hanno favorito lo sviluppo europeo per anni: l’energia dalla Russia, le delocalizzazioni e i commerci con la Cina, l’apparato di difesa degli Usa. Adesso tutto ciò è venuto meno o si è molto ridotto, mentre l’innovazione tecnoscientifica, la transizione digitale e quella della sostenibilità richiedono enormi investimenti. Draghi indica un incremento di investimento della Ue per 500 miliardi di euro all’anno, in particolare per la transizione verde e quella digitale. È bene qui ricordare che il Next Generation EU ha stanziato circa 800 miliardi su sei anni ovvero 133 all’anno. L’anno terminale è però il 2026. Cioè “domani”. Ed ancora il bilancio settennale dell'Ue è di circa 1.200 miliardi ovvero 170 miliardi all’anno. Tempi brevissimi e risorse insufficienti. Le differenze sono enormi rispetto a quelle richiamate da Draghi e cioè 500 miliardi all’anno. Difficile dire che queste siano bastanti, tenendo conto delle spese per la difesa e quelle per le scienze e tecnoscienze dove il ritardo dell'Ue rispetto a Usa e Cina è enorme.

Come finanziare le urgenze di investimento

È necessario allora trovare modalità di finanziamento per raccogliere con continuità anche il risparmio privato e per questo Draghi prefigura l’utilizzo della Banca europea per gli investimenti (Bei) che dal 1958 quando è nata fino ad oggi è diventata la piu grande banca di sviluppo al mondo. Le sue emissioni obbligazionarie sono cifrate ai massimi rating sui mercati finanziari e quindi i tassi per la raccolta sono tra i piu bassi. Tuttavia per non deviare l'attività della Bei nei prestiti diffusi al sistema economico europeo sarebbe a mio avviso meglio che la stessa partecipasse al varo di un ente finanziario specifico. Così è stato per il Fei (Fondo europeo investimenti) varato nel 1993 e per la Bers (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) varata nel 1991. Bisogna tuttavia prendere atto che l'Ue ha un sistema di governance troppo complesso e con regole di unanimismo che difficilmente potranno assicurare rapidità ed efficacia per reperire risorse finanziarie finalizzate a grandi investimenti.

Eurozona, Euroindustria, Eurobond

Per questo bisognerebbe puntare sulle cooperazioni rafforzate dell'Eurozona che ha la Bce e l’Euro ovvero la seconda banca centrale e la seconda valuta mondiale. L'Eurozona ha anche il Mes (e lo Efsf predecessore del Mes), ente finanziario pressochè inutilizzato e che attende una riforma per valorizzarne le potenzialità!! Inoltre Germania, Francia e Italia hanno il 63% del Pil e il 61% della popolazione dell'area euro e i loro sistemi produttivi sono già molto integrati e potrebbero esserlo di più se si riducessero i campanilismi. Molte altre connessioni sono in atto tra questi Stati che potrebbero arrivare anche a un apparato di difesa comune. Tutto ciò richiede risorse finanziarie ingenti reperibili con emissioni di Eurobond ai quali Draghi sta pensando. Mi permetto al proposito di ricordare il potenziale di garanzie con le riserve auree ufficiali dei tre Stati. Infatti la somma delle stesse cifra 8241 tonnellate (piu di quelle degli Usa) che ai cambi e prezzi attuali valgono circa 500 miliardi di euro. Si puo pensare che l’idea sia stravagante (forse è meglio dire un tabù!) anche se è noto che la Cina sta accumulando riserve auree e non per questo rinuncia alla iper-scienza e alle sue applicazioni tecnologiche.

Potenziamento della Eurozona ed elezioni europee

In previsione delle elezioni europee, le proposte per potenziare l'Eurozona non servono, ma in futuro senza questa soluzione la Ue diventerà sempre piu debole. Draghi fu uno degli artefici del progetto dei cinque presidenti per “completare l’Unione economica e monetaria” la cui ultima versione è del 2015. Poichè il ruolo di presidente del Consiglio europeo sarà oggetto di spartizioni politiche, è difficile che Draghi (ammesso che ci sia una sua disponibilità) possa diventarlo. Se lo diventasse, l'Ue ne avrebbe un notevole beneficio. Ma in prospettiva è il potenziamento dell'Eurozona con altre cooperazioni rafforzate che potrebbe ridare forza a tutta la Ue, che invece si indebolirà ulteriormente con altri allargamenti. Draghi con la Bce ha salvato l'Eurozona e non solo. Se si istituisse un presidente dell'Eurozona, lui sarebbe il presidente ideale e così si potrebbe salvare anche la Ue.

La nuova Europa immaginata da Draghi ha un grosso ostacolo: i partiti sovranisti

di Emilio Barucci

Di nuovo Draghi davanti a un'Europa da salvare

di Angela Mauro

Mario Draghi supplica la Ue: "Per favore, fate qualcosa, non si può dire sempre no"

di Angela Mauro

Marcello Messori: "Draghi ha ragione, l'Ue declina. Se ne esce con federalismo, debito, investimenti comuni"

di Andrea Pira

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

Da quando il 12 settembre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen comunicò di aver affidato a Mario Draghi il compito di preparare una "relazione sul futuro della competitività europea" sono passati pochi mesi e le elezioni europee sono in giugno. La presidente della Commissione, incaricando Draghi, ha detto che "l’Europa farà tutto il necessario, costi quel che costi, per mantenere il suo vantaggio competitivo". Questo vantaggio è già molto compromesso e non riguarda solo i problemi indicati dalla presidente relativi alla "manodopera, inflazione, contesto imprenditoriale… industria per la transizione pulita". La genericità di questi riferimenti non vincola certo Draghi, che von der Leyen ha definito "una fra le piu grandi menti dell’Europa in materia di economia".

Istituzioni, Politica, Economia

Nei ruoli istituzionali alla Bce dal 2011 al 2019, poi come presidente del Consiglio della Repubblica italiana, Mario Draghi ha ampiamente dimostrato di essere un europeista capace di distinguere le complementarietà tra istituzioni, politica ed economia su cui si basano i progetti e la loro fattibilità. E quindi la caratteristica della Unione europea come democrazia complessa, dove federalismo, confederalismo e funzionalismo convivono. Così pochi sono i poteri funzionali forti ed efficaci (come la Bce) e troppi sono quelli pseudo-federali (votati alla unanimità). Da tempo Draghi si è reso conto che la Ue è entrata in una fase avanzata di rischio sistemico che può portare a esiti irreversibili, ben oltre il mantenimento del vantaggio competitivo (c’è ancora?) auspicato da von der Leyen. La pandemia e le guerre hanno avuto effetti negativi potenti, ma c’è di più perché la divaricazione rispetto a Usa e Cina dal punto di vista degli investimenti e della tecnoscienza è iniziata ben prima. Così come la dipendenza esterna per le materie prime è stata troppo sottovalutata.

Globalizzazione e Ripolarizzazione

Draghi ha avuto, dopo l’incarico di settembre, molti incontri (con gruppi di imprenditori, con Ecofin, col Parlamento europeo) in seguito ai quali ha fatto varie dichiarazioni che colloco sullo sfondo relativo alla deriva della globalizzazione. Nel ricevere il 14 febbraio scorso il "Paul Volker Lifetime Achievement Award", Draghi ha rilevato che la globalizzazione non governata ha condotto all’instabilità perché è mancata una struttura politica condivisa in termini di valori e principi. Se tale struttura non esiste, come ormai è evidente, le relazioni economiche diventano "transazionali", con una prevalenza sullo scambio bilaterale o multilaterale tra paesi. L’Organizzazione mondiale del commercio non è stata all’altezza del compito di governare la globalizzazione negli ultimi 30 anni. Così la globalizzazione ha ignorato dumping ed effetti negativi in alcune economie avanzate con delocalizzazioni esasperate, ma anche con l’illusione che il “commercio” da solo potesse allargare la sfera della democrazia liberale. Perchè “la democrazia e la libertà non viaggiano necessariamente con i beni e i servizi”, ha detto Draghi, essendo necessarie regole condivise e rispettate, ma anche cogenti e sanzionatorie.

Urgono piu investimenti in Ue

Ne segue che per Draghi tre fattori esogeni hanno favorito lo sviluppo europeo per anni: l’energia dalla Russia, le delocalizzazioni e i commerci con la Cina, l’apparato di difesa degli Usa. Adesso tutto ciò è venuto meno o si è molto ridotto, mentre l’innovazione tecnoscientifica, la transizione digitale e quella della sostenibilità richiedono enormi investimenti. Draghi indica un incremento di investimento della Ue per 500 miliardi di euro all’anno, in particolare per la transizione verde e quella digitale. È bene qui ricordare che il Next Generation EU ha stanziato circa 800 miliardi su sei anni ovvero 133 all’anno. L’anno terminale è però il 2026. Cioè “domani”. Ed ancora il bilancio settennale dell'Ue è di circa 1.200 miliardi ovvero 170 miliardi all’anno. Tempi brevissimi e risorse insufficienti. Le differenze sono enormi rispetto a quelle richiamate da Draghi e cioè 500 miliardi all’anno. Difficile dire che queste siano bastanti, tenendo conto delle spese per la difesa e quelle per le scienze e tecnoscienze dove il ritardo dell'Ue rispetto a Usa e Cina è enorme.

Come finanziare le urgenze di investimento

È necessario allora trovare modalità di finanziamento per raccogliere con continuità anche il risparmio privato e per questo Draghi prefigura l’utilizzo della Banca europea per gli investimenti (Bei) che dal 1958 quando è nata fino ad oggi è diventata la piu grande banca di sviluppo al mondo. Le sue emissioni obbligazionarie sono cifrate ai massimi rating sui mercati finanziari e quindi i tassi per la raccolta sono tra i piu bassi. Tuttavia per non deviare l'attività della Bei nei prestiti diffusi al sistema economico europeo sarebbe a mio avviso meglio che la stessa partecipasse al varo di un ente finanziario specifico. Così è stato per il Fei (Fondo europeo investimenti) varato nel 1993 e per la Bers (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) varata nel 1991. Bisogna tuttavia prendere atto che l'Ue ha un sistema di governance troppo complesso e con regole di unanimismo che difficilmente potranno assicurare rapidità ed efficacia per reperire risorse finanziarie finalizzate a grandi investimenti.

Eurozona, Euroindustria, Eurobond

Per questo bisognerebbe puntare sulle cooperazioni rafforzate dell'Eurozona che ha la Bce e l’Euro ovvero la seconda banca centrale e la seconda valuta mondiale. L'Eurozona ha anche il Mes (e lo Efsf predecessore del Mes), ente finanziario pressochè inutilizzato e che attende una riforma per valorizzarne le potenzialità!! Inoltre Germania, Francia e Italia hanno il 63% del Pil e il 61% della popolazione dell'area euro e i loro sistemi produttivi sono già molto integrati e potrebbero esserlo di più se si riducessero i campanilismi. Molte altre connessioni sono in atto tra questi Stati che potrebbero arrivare anche a un apparato di difesa comune. Tutto ciò richiede risorse finanziarie ingenti reperibili con emissioni di Eurobond ai quali Draghi sta pensando. Mi permetto al proposito di ricordare il potenziale di garanzie con le riserve auree ufficiali dei tre Stati. Infatti la somma delle stesse cifra 8241 tonnellate (piu di quelle degli Usa) che ai cambi e prezzi attuali valgono circa 500 miliardi di euro. Si puo pensare che l’idea sia stravagante (forse è meglio dire un tabù!) anche se è noto che la Cina sta accumulando riserve auree e non per questo rinuncia alla iper-scienza e alle sue applicazioni tecnologiche.

Potenziamento della Eurozona ed elezioni europee

In previsione delle elezioni europee, le proposte per potenziare l'Eurozona non servono, ma in futuro senza questa soluzione la Ue diventerà sempre piu debole. Draghi fu uno degli artefici del progetto dei cinque presidenti per “completare l’Unione economica e monetaria” la cui ultima versione è del 2015. Poichè il ruolo di presidente del Consiglio europeo sarà oggetto di spartizioni politiche, è difficile che Draghi (ammesso che ci sia una sua disponibilità) possa diventarlo. Se lo diventasse, l'Ue ne avrebbe un notevole beneficio. Ma in prospettiva è il potenziamento dell'Eurozona con altre cooperazioni rafforzate che potrebbe ridare forza a tutta la Ue, che invece si indebolirà ulteriormente con altri allargamenti. Draghi con la Bce ha salvato l'Eurozona e non solo. Se si istituisse un presidente dell'Eurozona, lui sarebbe il presidente ideale e così si potrebbe salvare anche la Ue.

QOSHE - Mario Draghi e l'Ue, in fase avanzata di rischio sistemico - Alberto Quadrio Curzio
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Mario Draghi e l'Ue, in fase avanzata di rischio sistemico

4 0
05.03.2024

Da quando il 12 settembre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen comunicò di aver affidato a Mario Draghi il compito di preparare una "relazione sul futuro della competitività europea" sono passati pochi mesi e le elezioni europee sono in giugno. La presidente della Commissione, incaricando Draghi, ha detto che "l’Europa farà tutto il necessario, costi quel che costi, per mantenere il suo vantaggio competitivo". Questo vantaggio è già molto compromesso e non riguarda solo i problemi indicati dalla presidente relativi alla "manodopera, inflazione, contesto imprenditoriale… industria per la transizione pulita". La genericità di questi riferimenti non vincola certo Draghi, che von der Leyen ha definito "una fra le piu grandi menti dell’Europa in materia di economia".

Istituzioni, Politica, Economia

Nei ruoli istituzionali alla Bce dal 2011 al 2019, poi come presidente del Consiglio della Repubblica italiana, Mario Draghi ha ampiamente dimostrato di essere un europeista capace di distinguere le complementarietà tra istituzioni, politica ed economia su cui si basano i progetti e la loro fattibilità. E quindi la caratteristica della Unione europea come democrazia complessa, dove federalismo, confederalismo e funzionalismo convivono. Così pochi sono i poteri funzionali forti ed efficaci (come la Bce) e troppi sono quelli pseudo-federali (votati alla unanimità). Da tempo Draghi si è reso conto che la Ue è entrata in una fase avanzata di rischio sistemico che può portare a esiti irreversibili, ben oltre il mantenimento del vantaggio competitivo (c’è ancora?) auspicato da von der Leyen. La pandemia e le guerre hanno avuto effetti negativi potenti, ma c’è di più perché la divaricazione rispetto a Usa e Cina dal punto di vista degli investimenti e della tecnoscienza è iniziata ben prima. Così come la dipendenza esterna per le materie prime è stata troppo sottovalutata.

Globalizzazione e Ripolarizzazione

Draghi ha avuto, dopo l’incarico di settembre, molti incontri (con gruppi di imprenditori, con Ecofin, col Parlamento europeo) in seguito ai quali ha fatto varie dichiarazioni che colloco sullo sfondo relativo alla deriva della globalizzazione. Nel ricevere il 14 febbraio scorso il "Paul Volker Lifetime Achievement Award", Draghi ha rilevato che la globalizzazione non governata ha condotto all’instabilità perché è mancata una struttura politica condivisa in termini di valori e principi. Se tale struttura non esiste, come ormai è evidente, le relazioni economiche diventano "transazionali", con una prevalenza sullo scambio bilaterale o multilaterale tra paesi. L’Organizzazione mondiale del commercio non è stata all’altezza del compito di governare la globalizzazione negli ultimi 30 anni. Così la globalizzazione ha ignorato dumping ed effetti negativi in alcune economie avanzate con delocalizzazioni esasperate, ma anche con l’illusione che il “commercio” da solo potesse allargare la sfera della democrazia liberale. Perchè “la democrazia e la libertà non viaggiano necessariamente con i beni e i servizi”, ha detto Draghi, essendo necessarie regole condivise e rispettate, ma anche cogenti e sanzionatorie.

Urgono piu investimenti in Ue

Ne segue che per Draghi tre fattori esogeni hanno favorito lo sviluppo europeo per anni: l’energia dalla Russia, le delocalizzazioni e i commerci con la Cina, l’apparato di difesa degli Usa. Adesso tutto ciò è venuto meno o si è molto ridotto, mentre l’innovazione tecnoscientifica, la transizione digitale e quella della sostenibilità richiedono enormi investimenti. Draghi indica un incremento di investimento della Ue per 500 miliardi di euro all’anno, in particolare per la transizione verde e quella digitale. È bene qui ricordare che il Next Generation EU ha stanziato circa 800 miliardi su sei anni ovvero 133 all’anno. L’anno terminale è però il 2026. Cioè “domani”. Ed ancora il bilancio settennale dell'Ue è di circa 1.200 miliardi ovvero 170 miliardi........

© HuffPost


Get it on Google Play