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Due giovani vite perse e il paradosso della fede

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29.09.2025

Secondo un’antichissima tradizione cabalistica, il mondo attuale sarebbe il risultato del ventottesimo tentativo di Dio di creare l’universo. E sembra che lo stesso Dio, contemplando la sua ultima invenzione, abbia mormorato avvilito “speriamo che tenga”, perché dubitava fortemente della sua stabilità.

Ora, solo la cultura suprema del popolo eletto poteva elaborare all’interno della Cabala - la dottrina ebraica che interpreta simbolicamente il senso più intimo e segreto della Bibbia - una metafora così arguta, spiritosa e, al contempo, così drammatica. Ma non è un caso. Solo in questo modo, intessendo tragedia e sorriso, si può sopravvivere a tremila anni di persecuzioni e massacri. E’ un modo di vedere le cose, di affrontare la realtà, un’interpretazione del mondo che si è dipanata lungo i secoli e più si intensificavano le angherie e le vessazioni più questo antidoto diventava profondo ed efficace. Un senso tragicamente ironico dell’esistenza che arriva fino ai giorni nostri - non c’è nessuno che “scherzi” sulla Shoah più degli ebrei, l’ebreo “che ride” è un topos della nostra cultura – e che pervade tutta la letteratura yiddish, basti pensare ai capolavori dei fratelli Singer, ma anche la grande comicità, dai fratelli Marx a Woody Allen nei suoi film più riusciti fino a Moni Ovadia, che proprio al tema “Speriamo che tenga” ha dedicato una fortunata autobiografia.

E’ tutto un paradosso, naturalmente - i lettori intelligenti lo hanno di certo capito - questo della debolezza di Dio, dell’impotenza........

© La Provincia di Como