Copparo Non è sempre facile guardarsi dentro e fare i conti con se stessi, ancor più difficile è condividere poi la somma di quei conti con gli altri. Ron ha percorso questa strada durante i mesi più duri della pandemia e da quel viaggio interiore è nato Sono un figlio, album profondo e sincero in cui il cantautore riguarda alla sua vita, all’infanzia e ai genitori. Domani sera, 25 novembre, Ron farà tappa al De Micheli di Copparo proprio per presentare quell’album e in vista del concerto ha scelto di raccontarsi ai lettori della Nuova.

Quando e come nasce "Sono un figlio"?

«Nasce durante il lockdown, in uno dei momenti più duri della pandemia. Eravamo tutti costretti in casa e io affrontavo le giornate con fatica, mi pesava quella situazione. Un giorno la musica venne in mio soccorso. È un disco in cui parlo molto di me e della mia famiglia. Ho avuto due genitori grandiosi e ho voluto guardarmi indietro anche per vedere, con gli occhi di oggi, episodi di ieri».

In questo album ha scelto di raccontarsi come mai prima forse aveva fatto. Com’è stato?

«Naturale, direi istintivo. Avevo dentro questo desiderio che finalmente sono riuscito a fare uscire. Forse il fatto di non poter uscire di casa ha smosso qualcosa dentro di me, ha fatto emergere ricordi e sensazioni e mi ha dato il coraggio di scrivere canzoni che parlassero di me. I brani sono nati in maniera genuina, sono contento di essere riuscito a condividere questa storia».

C’è una canzone di questo album a cui è particolarmente legato?

«Credo sia "Sono un figlio", che poi è anche quella che dà il titolo al disco. I miei genitori si conobbero e innamorarono durante la Seconda guerra mondiale. Anni fa mi raccontarono questa storia e ascoltarla per me fu come vedere un piccolo film. Ho cercato di trasmettere quelle emozioni con questa canzone. Prima è nata la musica poi sono arrivate le parole; ne sono orgoglioso».

Cosa dicevano mamma e papà della sua passione per la musica?

«Erano contenti di vedermi suonare. Con la maestra di canto mi iscrissero a tanti concorsi e un giorno in uno di questi passò anche un discografico che volle incontrare i miei genitori, io ero ancora minorenne. Dopo mesi di silenzio arrivò una chiamata dall’etichetta discografica, c’era la possibilità di fare un provino a Roma per una canzone... partii e da lì cominciò tutta l’avventura».

Ci sono canzoni che durante un concerto non possono mancare?

«Sì e tra queste sicuramente c’è Una città per cantare che, anche se non l’ho scritta io, mi rappresenta a pieno. È una canzone che parla di coraggio e di passione. L’altra è Non abbiam bisogno di parole».

Com’è il suo rapporto con il pubblico?

«Sincero. Mi piace stare in mezzo alla gente, parlare, confrontarmi e raccontare anche ciò che sta dietro una canzone. Penso che al pubblico faccia piacere sapere come nascono, cosa mi ha spinto a scrivere un brano. C’è un bello scambio».

Nel 1983 uscì "Tutti cuori viaggianti", suo primo album dal vivo. Che ricordo ha di quel periodo?

«Molto bello. Nel 1980 avevo inciso "Una città per cantare" (primo album con lo pseudonimo Ron, ndr) e uscivo da un periodo complesso. Gli anni Settanta erano stati pesanti, gli Anni di Piombo avevano lasciato il segno, ma con gli anni Ottanta si aprì per me una porta nuova e fu bellissimo». Info: tel. 0532.864580.

QOSHE - Copparo, arriva Ron: “In questo disco canto chi sono” - Samuele Govoni
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Copparo, arriva Ron: “In questo disco canto chi sono”

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24.11.2023

Copparo Non è sempre facile guardarsi dentro e fare i conti con se stessi, ancor più difficile è condividere poi la somma di quei conti con gli altri. Ron ha percorso questa strada durante i mesi più duri della pandemia e da quel viaggio interiore è nato Sono un figlio, album profondo e sincero in cui il cantautore riguarda alla sua vita, all’infanzia e ai genitori. Domani sera, 25 novembre, Ron farà tappa al De Micheli di Copparo proprio per presentare quell’album e in vista del concerto ha scelto di raccontarsi ai lettori della Nuova.

Quando e come nasce "Sono un figlio"?

«Nasce durante il lockdown, in uno dei momenti più duri della pandemia. Eravamo tutti costretti in casa e io affrontavo le giornate con fatica, mi pesava quella situazione. Un giorno la musica venne in mio soccorso. È un disco in cui parlo molto di me e........

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