25 Aprile: perché la festa non mi fa giubilare
Il 25 Aprile del 1945 la mia Patria fu liberata dall’esercito nazista e dal regime fascista che gliel’aveva asservita. Il Nord dell’Italia, occupato dai tedeschi e dai repubblichini, fu ricongiunto al resto del Paese, che tornò ad essere unito, libero e indipendente, come lo vollero e costruirono gli artefici del Risorgimento.
L’anno della Liberazione nazionale fu anche l’anno della liberazione personale di mio padre Guido, che tornò a casa nell’agosto del 1945. Il 9 settembre 1943 (il giorno dopo il fatidico 8 Settembre!), mentre come ufficiale medico dirigeva l’ospedale da campo di Bencovazzo, vicino Zara (oggi Croazia), fu catturato dai nazisti e deportato nel lager di Meppen, nella Germania nordoccidentale al confine con l’Olanda, non nell’oflag per ufficiali ma nello straflager, “campo di punizione” per prigionieri protagonisti di tentativi di fuga o di atti di insubordinazione. Fu uno delle migliaia e migliaia di “Internati Militari Italiani” che preferirono sopportare le terribili condizioni di vita della prigionia anziché tornare in Italia a servire nell’esercito di Salò. Fu uno dei “Volontari della Libertà”, i patrioti della Resistenza senz’armi (secondo gli storici Avagliano e Palmieri) ovvero dell’Altra Resistenza, secondo Alessandro Natta, segretario del Pci, che così intitolò il libro che invano cercò di pubblicare nel 1954 con gli Editori Riuniti, riuscendoci nel 1997 con Einaudi! Alessandro Natta, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, scrive che iniziò da subito a rivendicare “il valore della non collaborazione, della resistenza a cedimenti e compromessi dei soldati e degli ufficiali prigionieri in Germania come una realtà che era legittimamente parte della lotta di liberazione. Sia chiaro: la tesi che nel 1954 mi sforzavo di provare – che la prigionia nei lager tedeschi era parte integrante della........
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