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Livorno Più vigile del fuoco che piromane, anche perché il clima politico in città è già abbastanza infuocato. Certo che si dice «molto amareggiato» per quello che è successo venerdì in consiglio comunale. Ma non per una questione personale, che in questo caso resta in secondo piano. Bensì «per la mancanza di rispetto nei confronti dell’istituzione e quindi di tutti i cittadini livornesi». Perché occupare l’aula è stato «un fatto gravissimo» che in città era accaduto solo una volta «più di un secolo fa». Pietro Caruso, presidente del consiglio comunale di Livorno, finito al centro di uno scontro politico tra maggioranza e opposizioni che è arrivato fino al ministero dell’Interno, parla a distanza di quattro giorni dal caos durante la votazione alle controdeduzioni alle osservazioni al Piano operativo, finita con l’occupazione dello scranno dello stesso Caruso, la sospensione della seduta, l’arrivo della forza pubblica per garantire il proseguo dei lavori e la successiva uscita dall’aula delle opposizioni per protesta. Al centro della battaglia politica che ha avuto code velenose, la decisione da parte del presidente di applicare due norme del regolamento per «agevolare i lavori dell’aula» che, invece, per le opposizioni «sono state un’invenzione che hanno stravolto il sistema democratico dell’assemblea». In poche parole una irregolarità contro la quale le minoranze sono pronte a fare un esposto e rivolgersi al Tar con l’obiettivo di rendere l’esito del voto non valido.

Presidente, partiamo da quello che è successo venerdì in consiglio comunale con l’occupazione del suo scranno da parte di due consiglieri di centrodestra?

«Molto semplice, mentre portavo avanti il consiglio comunale ed eravamo arrivati alla discussione sugli emendamenti si sono avvicinati i consiglieri Carlo Ghiozzi e Alessandro Perini e come si può evincere dalle immagini dello streaming, uno (Perini ndr) si è messo a sedere sulla mia sedia, mentre l’altro (Ghiozzi ndr), urlandomi insistentemente che doveva esser rispettato il regolamento, si è seduto sulla scrivania della mia postazione».

In quel momento la seduta era sospesa?

«No, l’ho sospesa nel momento in cui la situazione non si sbloccava e non potevo proseguire con il consiglio, a partire dal non poter gestire la strumentazione».

In quel momento come si è sentito?

«Sono rimasto molto sorpreso perché non pensavo che potesse succedere una cosa del genere in consiglio comunale a Livorno».

Più sorpreso e amareggiato rispetto all’occupazione?

«Soprattutto la seconda, la sorpresa passa, l’amarezza invece resta. Per me le istituzioni vanno rispettate al di là di tutto. Ecco perché l’amarezza ha preso il sopravvento. Non credevo, al di là delle giuste o ingiuste lamentale, che a Livorno potesse accadere un fatto del genere: l’interruzione del consiglio comunale con queste dinamiche. A me interessa l’approccio istituzionale alla cosa pubblica, e purtroppo in questo caso è mancato, per usare un eufemismo».

Da una parte la maggioranza parla di attacco squadrista da parte dei consiglieri di Lega e Fratelli d’Italia Ghiozzi e Perini, mentre i diretti interessati raccontano di un atto dimostrativo e non di violenza fisica. Dove sta la verità?

«Non sono stato messo nelle condizioni di continuare il consiglio comunale, questa è la verità e lo dico nella maniera più istituzionale possibile».

Al di là dello scontro sui fatti di venerdì, non le sembra che i toni si stiano alzando un po’ troppo, anche in vista di una campagna elettorale ancora molto lunga, visto che mancano due mesi al voto?

«Direi proprio di sì. Io so cosa vuole dire essere sia in maggioranza che all’opposizione. In questi anni, visto il mio ruolo ho sempre cercato di mantenere la giusta distanza perché più di tutto credo nelle istituzioni».

Ci fa un esempio concreto?

«Mi sono sempre astenuto su tutti gli atti. Voto favorevolmente solo all’immediata esecutività degli atti sui quali si è già espresso il consiglio comunale o alle mozioni dove esiste unanimità di voto di tutti i gruppi».

Torniamo ai toni che si stanno alzando.

«Nel momento in cui si va verso le elezioni è fisiologico che la situazione si incancrenisca e che i toni si alzino. Ma questo scontro non deve mai sfociare nel non rispetto del consiglio comunale, dove ci sono persone che sono state elette dai cittadini, quindi rappresentanti di tutti. Per questo credo che proprio i cittadini certe scene non debbano e non vogliano vederle. Chi fa opposizione la deve fare. C’è un diritto sacrosanto ad opporsi, ma anche un diritto sacrosanto a governare. E va fatto per la democrazia, per la Costituzione, per il rispetto del voto espresso dai cittadini».

I suoi detrattori dicono che lei abbia modificato il regolamento per accelerare i tempi del voto e impedire alle opposizioni di fare ostruzionismo.

«Non è assolutamente vero. All’interno del regolamento ci sono due articoli chiari: uno è l’articolo 71 comma 6 all’interno del quale viene previsto che la dichiarazione di voto su ogni emendamento possa durare fino a tre minuti, cosa che di prassi in cinque anni non è mai avvenuta. E la prassi molto spesso, come richiesto dalle opposizioni, ha un valore ed è giusto non stravolgerla. Dall’altra parte c’è un altro articolo, il 66 comma 8: il presidente del consiglio può decidere, d’accordo con i due vice presidenti e sentendo il segretario generale di portare avanti la funzionalità del consiglio comunale. E in questo caso non è normato il fatto che vengano presentati 1. 600 emendamenti. A quel punto devi trovare un modo per garantire a tutti un’ampia possibilità di discussione e dall’altra garantire i lavori e un programma. E così è stato».

Presidente, quindi si sente inattaccabile da un punto di vista della procedura?

«Ho semplicemente fatto quello che è previsto in casi particolari dal regolamento».

Da un punto di vista emotivo guardando le foto sembrava apparentemente calmo in quei momenti.

«Ho mantenuto la calma altrimenti sarebbe scoppiato il caos. In questi giorni in tanti mi stanno chiedendo come ho fatto a rimanere tranquillo. Ho cercato di fare la cosa migliore per il ruolo che ricopro».

Il senatore di Fratelli d’Italia Marco Lisei ha fatto un’interrogazione parlamentare mentre le opposizioni sono andate dal prefetto e minacciano denunce e ricorsi al Tar.

«Sul ricorso al Tar niente da dire. Se le opposizione pensano che siano state fatte scelte sbagliate giusto che facciano i loro passi. È un diritto inopinabile. Per quello che riguarda rivolgersi al prefetto credo proprio che non sia nei suoi poteri poter entrare in una fattispecie regolamentare che è interna a un ente pubblico».

Ha ricevuto la solidarietà di molti nel Pd, ma anche quella dell’ex presidente grillino Daniele Esposito.

«Tra persone che hanno rappresentato le istituzioni credo sia normale. Mi fa piacere».

Ultima cosa: a lei il Piano operativo piace?

«Non spetta a me giudicarlo pur essendo di per sé un atto rilevante». l

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Livorno, il presidente del consiglio comunale sul caos in aula: «Ho rispettato il regolamento, grave occupare»

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09.04.2024

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Livorno Più vigile del fuoco che piromane, anche perché il clima politico in città è già abbastanza infuocato. Certo che si dice «molto amareggiato» per quello che è successo venerdì in consiglio comunale. Ma non per una questione personale, che in questo caso resta in secondo piano. Bensì «per la mancanza di rispetto nei confronti dell’istituzione e quindi di tutti i cittadini livornesi». Perché occupare l’aula è stato «un fatto gravissimo» che in città era accaduto solo una volta «più di un secolo fa». Pietro Caruso, presidente del consiglio comunale di Livorno, finito al centro di uno scontro politico tra maggioranza e opposizioni che è arrivato fino al ministero dell’Interno, parla a distanza di quattro giorni dal caos durante la votazione alle controdeduzioni alle osservazioni al Piano operativo, finita con l’occupazione dello scranno dello stesso Caruso, la sospensione della seduta, l’arrivo della forza pubblica per garantire il proseguo dei lavori e la successiva uscita dall’aula delle opposizioni per protesta. Al centro della battaglia politica che ha avuto code velenose, la decisione da parte del presidente di applicare due norme del regolamento per «agevolare i lavori dell’aula» che, invece, per le opposizioni «sono state un’invenzione che hanno stravolto il sistema democratico dell’assemblea». In poche parole una irregolarità contro la quale le minoranze sono pronte a fare un esposto e rivolgersi al Tar con l’obiettivo di rendere l’esito del voto non valido.

Presidente, partiamo da quello che è successo venerdì in consiglio comunale con l’occupazione del suo scranno da parte di due consiglieri di centrodestra?

«Molto semplice, mentre portavo avanti il consiglio comunale ed eravamo arrivati alla discussione sugli emendamenti si sono........

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