Le nostre case riempite di cose, ma così fragili davanti a guerre e violenze

Il latino aveva due modi per designare il concetto dell’abitare. Casa era il luogo dei poveri, poco più che una capanna, mentre nella domus vivevano i ricchi. Se abbiamo scelto nel tempo la prima parola per designare in modo generico il posto dove stiamo, dove conserviamo gli oggetti più cari, è forse per il suo suono semplice e perché basta cambiare una sola vocale per passare dalle case alle cose che ci teniamo dentro. Cose che, in definitiva, sono la nostra autobiografia. Così almeno vengono interpretate in un libro piuttosto straordinario appena uscito da Marsilio e scritto da un architetto veneziano, Marino Folin, “Inventario. Le cose e la casa”. Arriva infatti il momento in cui l’amore per l’accumulo, “tra le meraviglie di una Wunderkammer e le buone cose di pessimo gusto”, chiede di farsi catalogo, di oggetti come di vita, e lo spostamento nello spazio di una poltroncina Kohn, o forse Thonet, rivela ragioni non unicamente estetiche. Anzi: si è provvidenzialmente sostituita al divano dove, col passare degli anni lui “poteva sì sdraiarsi comodamente, ma dal quale faceva una certa fatica a rialzarsi”. E ora è stata messa in una “posizione perfetta per leggere un libro o ascoltare musica con le gambe allungate, mentre dalla finestra aperta entra una leggera brezza”.

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QOSHE - Due libri e un documentario sui luoghi in cui abitiamo - Sandra Petrignani
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Due libri e un documentario sui luoghi in cui abitiamo

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26.11.2023

Le nostre case riempite di cose, ma così fragili davanti a guerre e violenze

Il latino aveva due modi per designare il concetto dell’abitare. Casa era il luogo dei poveri, poco più che una capanna, mentre nella domus vivevano i ricchi. Se abbiamo scelto nel tempo la prima parola per designare in modo generico il posto dove stiamo, dove conserviamo gli oggetti più cari,........

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