Qatargate, anatomia di uno scandalo mediatico
Doveva essere la Tangentopoli europea. Michel Claise, il giudice istruttore dell’inchiesta, il Di Pietro belga che inchiodava i politici brutti e cattivi, necessariamente autori delle peggiori nefandezze. Ma a tre anni dagli arresti che hanno scosso Bruxelles e fatto esplodere il caso Qatargate, di quell’indagine sembra non essere rimasto nulla.
Per mesi l’Europa ha vissuto sotto il bombardamento mediatico di una storia apparentemente perfetta: valigie piene di contanti, eurodeputati venduti, la democrazia europea messa all’asta alla vigilia dei Mondiali di calcio 2022. Il termine “Qatargate” era diventato sinonimo di corruzione sistemica e ha distrutto carriere, riempiendo le prime pagine dei giornali e alimentando campagne moralizzatrici. La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola aveva parlato di «democrazia europea sotto attacco». Ma l’attacco, forse, ha connotati molto diversi da quello che sembrava.
Tutto inizia esattamente tre anni fa, il 9 dicembre 2022, quando la magistratura belga effettua una serie di arresti e perquisizioni che scuotono il Parlamento europeo. L’accusa è pesantissima: alcuni eurodeputati e funzionari avrebbero ricevuto denaro e favori dal Qatar e dal Marocco in cambio di pressioni politiche e voti favorevoli ai due Paesi all’interno delle istituzioni Ue.
Al centro dell’indagine c’è l’ex eurodeputato italiano © Il Dubbio





















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