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La prima convention di Turning point USA dalla morte di Charlie Kirk diventa una rissa politica tra l’ala radicale e i moderati. J.D. Vance fa il mediatore e lancia la candidatura per il 2028

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23.12.2025

A Phoenix, nel grande centro congressi dell’Arizona, la destra americana si è data appuntamento come ogni anno per il raduno di Turning Point USA, l’organizzazione che per un decennio ha fatto da cinghia di trasmissione tra Donald Trump e la nuova generazione di conservatori.

Questa volta, però, l’atmosfera è diversa, l’entusiasmo latita. È il primo AmericaFest senza Charlie Kirk, il fondatore carismatico, assassinato lo scorso settembre. Il suo volto campeggia su magliette e cappellini, come un martire ma il clima non è quello del raccoglimento e della fratellanza. C’è al contrario aria da resa dei conti.

Steve Bannon, anima nera del trumpismo più radicale apre le danze senza preamboli: «Siamo in guerra!», dice salendo sul palco con la sua inseparabile giacca da cacciatore. Guerra contro chi? La precisazione non arriva, ma aleggia nell’aria: contro la sinistra e le democrazie liberali, certo, ma soprattutto contro il nemico interno. Bannon parla a un pubblico che conosce bene: militanti convinti che la politica sia una battaglia esistenziale, un wresling esasperato e non un pacato confronto tra programmi.

Il bersaglio principale di Bannon è Ben Shapiro, uno........

© Il Dubbio