In settimane in cui perfino gli appelli per un cessate il fuoco a Gaza sono divisivi, è dal teatro che può giungere un messaggio limpido e potente per la pace. E dalla presenza di un pubblico capace di riempire tutta la platea l’atto politico più inequivocabile. Lo ha dimostrato ieri a Udine il dialogo scenico “Due padri”, trasposizione teatrale del romanzo “Apeirogon” di Colum McCann, proposto dall’associazione Vicino/Lontano, promotrice dell’omonimo festival, e dal Css Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia. E sono stati gli attori Massimo Somaglino e Alessandro Lussiana a tradurre con accenti commossi e toccanti l’essenzialità del dramma di due padri, uno israeliano e l’altro palestinese, che hanno perso entrambi una figlia a causa del conflitto israelo-palestinese, ma hanno infine maturato la determinazione a “investire il loro dolore” in un impegno personale e condiviso per la pace.

I protagonisti del libro di McCann, scrittore di origine irlandese insignito del Premio Tiziano Terzani 2022, intessono un fitto racconto a due voci, in un emozionante crescendo che passa da un primo ricordo delle loro vite un tempo estranee e lontane al tormentato percorso interiore che li conduce alla conoscenza dell’altro. E nel contempo, in una comune iniziativa con altri padri e madri devastati dallo stesso dramma, alla volontà di superare la trappola disumana e senza uscita dell’odio e della vendetta.

Come infiniti sono i lati del poligono in geometria chiamato apeirogon da cui il libro prende il titolo, e infinitamente intricate la storia e le dinamiche del conflitto israelo-palestinese, molteplici e conflittuali sono anche i punti di vista da cui Rami e Bassam – persone reali, che lo scrittore ha conosciuto - cercano di comprendere la realtà in cui vivono, troppo complessa appunto per essere osservata da un unico lato. Lui e la sua famiglia vivevano “in una bolla”, racconta l’israeliano Rami, prima che la sua piccola “principessa” venisse uccisa in un attentato suicida a Gerusalemme. Mentre Bassam, un’infanzia a Gerico sempre sotto la sorveglianza ostile dei soldati e sette anni trascorsi nelle carceri di Israele, perde la sua bambina per un proiettile sparato senza motivo da una camionetta militare, “di fabbricazione Usa”, che passava vicino alla scuola. Il palestinese cita il poeta mistico persiano Rumi per dire che “ben oltre il giusto e lo sbagliato c’è un campo: io ti aspetto lì”. E poi aggiungere che il vero eroe è colui che sa fare del proprio nemico un amico. Mentre Rami ricorda sconcertato che “in Israele non sappiamo nemmeno cosa sia l’occupazione, perché la nostra vita è bella, le spiagge sono libere, nemmeno è permesso ai civili di andare a Betlemme e percorriamo le nostre strade solo a noi riservate”, “lontani” dagli arabi e ignari delle loro vite. “Dobbiamo imparare a conoscerci”, è una delle battute finali del dialogo, che non a caso si è voluto far concludere con una foto tanto controversa quanto iconica di queste settimane: quella dell’anziana signora prigioniera di Hamas che, appena liberata, torna indietro per stringere la mano a uno dei miliziani che l’avevano rapita.

Il romanzo di McCann entra nelle storie degli altri prima che questi siano ingabbiati nelle cifre con cui si racconta questo conflitto - sottolinea Paola Caridi, saggista e giornalista, in un video trasmesso la mattina stessa da Amman -. Noi abbiamo cominciato ad occuparci di quanto accade a Gaza solo dopo il 7 ottobre, prosegue, evidenziando un precedente “vuoto informativo” anche sulla Cisgiordania e Gerusalemme Est. Ma ora, grazie al lavoro dei colleghi palestinesi che sono i soli a operare nella Striscia – “non possiamo più dire di non sapere”. Angela Terzani Staude, presidente del Premio intitolato al marito, ricorda del giornalista e scrittore scomparso in particolare “Le lettere contro la guerra”, ora in attesa di una quanto mai opportuna riedizione. Ma intanto, se non ci troviamo anche noi continuamente immersi nelle immagini e nei suoni della guerra a Gaza come le audience televisive del mondo arabo, possiamo trovare in questo dialogo teatrale un modo per toccare più da vicino la tragedia umana della guerra e il coraggio di chi vuole uscirne ritrovando la propria umanità. Perché parla alle nostre emozioni delle storie di quelle persone che, da una parte come dall’altra, sono rimaste troppo a lungo sepolte e intrappolate dai silenzi, dalla paura, dall’odio, dall’ansia di vendetta che produce altra vendetta, e dalla riduzione a statistica dei singoli e delle loro vite.

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In settimane in cui perfino gli appelli per un cessate il fuoco a Gaza sono divisivi, è dal teatro che può giungere un messaggio limpido e potente per la pace. E dalla presenza di un pubblico capace di riempire tutta la platea l’atto politico più inequivocabile. Lo ha dimostrato ieri a Udine il dialogo scenico “Due padri”, trasposizione teatrale del romanzo “Apeirogon” di Colum McCann, proposto dall’associazione Vicino/Lontano, promotrice dell’omonimo festival, e dal Css Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia. E sono stati gli attori Massimo Somaglino e Alessandro Lussiana a tradurre con accenti commossi e toccanti l’essenzialità del dramma di due padri, uno israeliano e l’altro palestinese, che hanno perso entrambi una figlia a causa del conflitto israelo-palestinese, ma hanno infine maturato la determinazione a “investire il loro dolore” in un impegno personale e condiviso per la pace.

I protagonisti del libro di McCann, scrittore di origine irlandese insignito del Premio Tiziano Terzani 2022, intessono un fitto racconto a due voci, in un emozionante crescendo che passa da un primo ricordo delle loro vite un tempo estranee e lontane al tormentato percorso interiore che li conduce alla conoscenza dell’altro. E nel contempo, in una comune iniziativa con altri padri e madri devastati dallo stesso dramma, alla volontà di superare la trappola disumana e senza uscita dell’odio e della vendetta.

Come infiniti sono i lati del poligono in geometria chiamato apeirogon da cui il libro prende il titolo, e infinitamente intricate la storia e le dinamiche del conflitto israelo-palestinese, molteplici e conflittuali sono anche i punti di vista da cui Rami e Bassam – persone reali, che lo scrittore ha conosciuto - cercano di comprendere la realtà in cui vivono, troppo complessa appunto per essere osservata da un unico lato. Lui e la sua famiglia vivevano “in una bolla”, racconta l’israeliano Rami, prima che la sua piccola “principessa” venisse uccisa in un attentato suicida a Gerusalemme. Mentre Bassam, un’infanzia a Gerico sempre sotto la sorveglianza ostile dei soldati e sette anni trascorsi nelle carceri di Israele, perde la sua bambina per un proiettile sparato senza motivo da una camionetta militare, “di fabbricazione Usa”, che passava vicino alla scuola. Il palestinese cita il poeta mistico persiano Rumi per dire che “ben oltre il giusto e lo sbagliato c’è un campo: io ti aspetto lì”. E poi aggiungere che il vero eroe è colui che sa fare del proprio nemico un amico. Mentre Rami ricorda sconcertato che “in Israele non sappiamo nemmeno cosa sia l’occupazione, perché la nostra vita è bella, le spiagge sono libere, nemmeno è permesso ai civili di andare a Betlemme e percorriamo le nostre strade solo a noi riservate”, “lontani” dagli arabi e ignari delle loro vite. “Dobbiamo imparare a conoscerci”, è una delle battute finali del dialogo, che non a caso si è voluto far concludere con una foto tanto controversa quanto iconica di queste settimane: quella dell’anziana signora prigioniera di Hamas che, appena liberata, torna indietro per stringere la mano a uno dei miliziani che l’avevano rapita.

Il romanzo di McCann entra nelle storie degli altri prima che questi siano ingabbiati nelle cifre con cui si racconta questo conflitto - sottolinea Paola Caridi, saggista e giornalista, in un video trasmesso la mattina stessa da Amman -. Noi abbiamo cominciato ad occuparci di quanto accade a Gaza solo dopo il 7 ottobre, prosegue, evidenziando un precedente “vuoto informativo” anche sulla Cisgiordania e Gerusalemme Est. Ma ora, grazie al lavoro dei colleghi palestinesi che sono i soli a operare nella Striscia – “non possiamo più dire di non sapere”. Angela Terzani Staude, presidente del Premio intitolato al marito, ricorda del giornalista e scrittore scomparso in particolare “Le lettere contro la guerra”, ora in attesa di una quanto mai opportuna riedizione. Ma intanto, se non ci troviamo anche noi continuamente immersi nelle immagini e nei suoni della guerra a Gaza come le audience televisive del mondo arabo, possiamo trovare in questo dialogo teatrale un modo per toccare più da vicino la tragedia umana della guerra e il coraggio di chi vuole uscirne ritrovando la propria umanità. Perché parla alle nostre emozioni delle storie di quelle persone che, da una parte come dall’altra, sono rimaste troppo a lungo sepolte e intrappolate dai silenzi, dalla paura, dall’odio, dall’ansia di vendetta che produce altra vendetta, e dalla riduzione a statistica dei singoli e delle loro vite.

QOSHE - Se dal teatro può uscire un potente atto politico per la pace - Luciana Borsatti
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Se dal teatro può uscire un potente atto politico per la pace

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06.11.2023

In settimane in cui perfino gli appelli per un cessate il fuoco a Gaza sono divisivi, è dal teatro che può giungere un messaggio limpido e potente per la pace. E dalla presenza di un pubblico capace di riempire tutta la platea l’atto politico più inequivocabile. Lo ha dimostrato ieri a Udine il dialogo scenico “Due padri”, trasposizione teatrale del romanzo “Apeirogon” di Colum McCann, proposto dall’associazione Vicino/Lontano, promotrice dell’omonimo festival, e dal Css Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia. E sono stati gli attori Massimo Somaglino e Alessandro Lussiana a tradurre con accenti commossi e toccanti l’essenzialità del dramma di due padri, uno israeliano e l’altro palestinese, che hanno perso entrambi una figlia a causa del conflitto israelo-palestinese, ma hanno infine maturato la determinazione a “investire il loro dolore” in un impegno personale e condiviso per la pace.

I protagonisti del libro di McCann, scrittore di origine irlandese insignito del Premio Tiziano Terzani 2022, intessono un fitto racconto a due voci, in un emozionante crescendo che passa da un primo ricordo delle loro vite un tempo estranee e lontane al tormentato percorso interiore che li conduce alla conoscenza dell’altro. E nel contempo, in una comune iniziativa con altri padri e madri devastati dallo stesso dramma, alla volontà di superare la trappola disumana e senza uscita dell’odio e della vendetta.

Come infiniti sono i lati del poligono in geometria chiamato apeirogon da cui il libro prende il titolo, e infinitamente intricate la storia e le dinamiche del conflitto israelo-palestinese, molteplici e conflittuali sono anche i punti di vista da cui Rami e Bassam – persone reali, che lo scrittore ha conosciuto - cercano di comprendere la realtà in cui vivono, troppo complessa appunto per essere osservata da un unico lato. Lui e la sua famiglia vivevano “in una bolla”, racconta l’israeliano Rami, prima che la sua piccola “principessa” venisse uccisa in un attentato suicida a Gerusalemme. Mentre Bassam, un’infanzia a Gerico sempre sotto la sorveglianza ostile dei soldati e sette anni trascorsi nelle carceri di Israele, perde la sua bambina per un proiettile sparato senza motivo da una camionetta militare, “di fabbricazione Usa”, che passava vicino alla scuola. Il palestinese........

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