Stellari, astronomici, unici. Come non se ne vedevano da anni. Sono i profitti delle banche italiane (ed europee) nell’ultimo anno. E a leggere che il 2023 per loro si è chiuso con profitti cresciuti del 70%, non si fa fatica a spogliare della retorica le frasi dei banchieri che si orecchiavano nel novembre scorso. A dare pieno credito e riconoscere la genuina sincerità a quel “è stato un anno d’oro”, da “record” segnato da una “fase straordinaria”. Chest’è, come si dice a Napoli.

Ora, tali enormi profitti sono stati ottenuti grazie ai tassi della BCE. Anzi, dal tasso (singolare): l’overnight, quello che riconosce interessi alle banche che “parcheggiano” i loro soldi nel caveau virtuale della banca centrale. Oggi è al 4% e si alza insieme agli altri che impattano su persone e imprese (quelli con cui la BCE presta soldi alle banche) perché l’obiettivo è sempre lo stesso: raffreddare l’economia per contrastare l’inflazione. Non solo rendendo molto più oneroso il credito, ma anche allettando le banche con succosi interessi (a rischio zero, eh), a patto che i loro soldini li mettano in BCE e non li investano. Da questo sono derivati gli enormi profitti.

Per quanto discutibile, teoricamente il meccanismo in testa gira. L’inflazione sale, devo far spendere di meno la gente: convinco le banche a tenere fermi i soldi e rendo difficile il credito. Dai che ridai, i prezzi scendono. Da spellarsi le mani, dunque, se non fosse per un piccolo particolare, invero abbastanza fastidioso: che la BCE così facendo fa carta straccia del tanto salmodiato principio di libera concorrenza del mercato, drogando a più non posso un settore, quello bancario, che avanza così rispetto ad ogni altro, penalizzato invece dai tassi. In altri termini: virtualmente, si mette il sistema finanziario nelle condizioni di poter fare acquisti facili in un mercato martoriato dai tassi, aumentando il potere d’acquisto del primo e diminuendo i prezzi del secondo. Se non è distorsione del mercato questa.

Come sanarla, allora? In realtà occorrerebbe una discussione a monte, proprio sulla cura adottata per l’inflazione. Questa che stiamo vivendo è infatti da costi, ossia derivata da uno shock su alcuni beni (energia), che a cascata hanno fatto schizzare gli altri. Non da un eccesso di denaro nel sistema. Drenare via risorse finanziarie non fa quindi spuntare centrali energetiche, è evidente. E risolve l’inflazione solo nella misura in cui funge da bombardamento con il napalm: brucio tutto, quindi anche l’inflazione. Ma l’argomento è complesso e non trova spazio qui. La facciamo allora più semplice: una soluzione percorribile è una bella direttiva europea (se non regolamento) che imponga alle banche di alzare i tassi sui conti corrente ad un livello pari almeno al 50% del tasso overnight corrente. Tradotto? Guardatevi i conti corrente: oggi, con tasso overnight al 4%, se va bene la vostra banca vi dà lo 0,20% per lo stesso identico servizio che essa fornisce alla BCE: depositare i soldi. Soldi che, per inciso, sono spesso i nostri. La banca ci fa il 4% e a noi ne riconosce lo 0,2%: roba che fa sembrare la mezzadria una pratica progressista.

Con una direttiva del genere, oggi le banche dovrebbero invece riconoscervi il 2%.

Sarebbe un’iniziativa sana e perfettamente in linea con gli obiettivi della BCE stessa: contrastare l’inflazione. Se infatti l’obiettivo è raffreddare l’economia offrendo privilegi a chi decide di lasciare fermi i soldi, perché il meccanismo dovrebbe funzionare solo per le banche e non i correntisti, centinaia di milioni in Europa? Convincendo le persone a lasciare i soldi sul conto corrente, dati interessi non indifferenti, è presumibile pensare che esse spenderebbero di meno, contribuendo così all’abbassamento dei prezzi. In più, si andrebbe a mitigare lo sgradevole effetto di distorsione del mercato tramite il drogaggio dei profitti bancari, dato che la metà di quanto ottenuto dai tassi andrebbe nelle tasche dei correntisti.

Sarebbe equo, giusto, funzionale. Sarebbe l’optimum, posto che ci sia qualcuno che voglia davvero farlo, ai piani alti.

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Stellari, astronomici, unici. Come non se ne vedevano da anni. Sono i profitti delle banche italiane (ed europee) nell’ultimo anno. E a leggere che il 2023 per loro si è chiuso con profitti cresciuti del 70%, non si fa fatica a spogliare della retorica le frasi dei banchieri che si orecchiavano nel novembre scorso. A dare pieno credito e riconoscere la genuina sincerità a quel “è stato un anno d’oro”, da “record” segnato da una “fase straordinaria”. Chest’è, come si dice a Napoli.

Ora, tali enormi profitti sono stati ottenuti grazie ai tassi della BCE. Anzi, dal tasso (singolare): l’overnight, quello che riconosce interessi alle banche che “parcheggiano” i loro soldi nel caveau virtuale della banca centrale. Oggi è al 4% e si alza insieme agli altri che impattano su persone e imprese (quelli con cui la BCE presta soldi alle banche) perché l’obiettivo è sempre lo stesso: raffreddare l’economia per contrastare l’inflazione. Non solo rendendo molto più oneroso il credito, ma anche allettando le banche con succosi interessi (a rischio zero, eh), a patto che i loro soldini li mettano in BCE e non li investano. Da questo sono derivati gli enormi profitti.

Per quanto discutibile, teoricamente il meccanismo in testa gira. L’inflazione sale, devo far spendere di meno la gente: convinco le banche a tenere fermi i soldi e rendo difficile il credito. Dai che ridai, i prezzi scendono. Da spellarsi le mani, dunque, se non fosse per un piccolo particolare, invero abbastanza fastidioso: che la BCE così facendo fa carta straccia del tanto salmodiato principio di libera concorrenza del mercato, drogando a più non posso un settore, quello bancario, che avanza così rispetto ad ogni altro, penalizzato invece dai tassi. In altri termini: virtualmente, si mette il sistema finanziario nelle condizioni di poter fare acquisti facili in un mercato martoriato dai tassi, aumentando il potere d’acquisto del primo e diminuendo i prezzi del secondo. Se non è distorsione del mercato questa.

Come sanarla, allora? In realtà occorrerebbe una discussione a monte, proprio sulla cura adottata per l’inflazione. Questa che stiamo vivendo è infatti da costi, ossia derivata da uno shock su alcuni beni (energia), che a cascata hanno fatto schizzare gli altri. Non da un eccesso di denaro nel sistema. Drenare via risorse finanziarie non fa quindi spuntare centrali energetiche, è evidente. E risolve l’inflazione solo nella misura in cui funge da bombardamento con il napalm: brucio tutto, quindi anche l’inflazione. Ma l’argomento è complesso e non trova spazio qui. La facciamo allora più semplice: una soluzione percorribile è una bella direttiva europea (se non regolamento) che imponga alle banche di alzare i tassi sui conti corrente ad un livello pari almeno al 50% del tasso overnight corrente. Tradotto? Guardatevi i conti corrente: oggi, con tasso overnight al 4%, se va bene la vostra banca vi dà lo 0,20% per lo stesso identico servizio che essa fornisce alla BCE: depositare i soldi. Soldi che, per inciso, sono spesso i nostri. La banca ci fa il 4% e a noi ne riconosce lo 0,2%: roba che fa sembrare la mezzadria una pratica progressista.

Con una direttiva del genere, oggi le banche dovrebbero invece riconoscervi il 2%.

Sarebbe un’iniziativa sana e perfettamente in linea con gli obiettivi della BCE stessa: contrastare l’inflazione. Se infatti l’obiettivo è raffreddare l’economia offrendo privilegi a chi decide di lasciare fermi i soldi, perché il meccanismo dovrebbe funzionare solo per le banche e non i correntisti, centinaia di milioni in Europa? Convincendo le persone a lasciare i soldi sul conto corrente, dati interessi non indifferenti, è presumibile pensare che esse spenderebbero di meno, contribuendo così all’abbassamento dei prezzi. In più, si andrebbe a mitigare lo sgradevole effetto di distorsione del mercato tramite il drogaggio dei profitti bancari, dato che la metà di quanto ottenuto dai tassi andrebbe nelle tasche dei correntisti.

Sarebbe equo, giusto, funzionale. Sarebbe l’optimum, posto che ci sia qualcuno che voglia davvero farlo, ai piani alti.

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Serve una direttiva per dare ai risparmiatori il 2% sui conti correnti bancari

4 0
21.02.2024

Stellari, astronomici, unici. Come non se ne vedevano da anni. Sono i profitti delle banche italiane (ed europee) nell’ultimo anno. E a leggere che il 2023 per loro si è chiuso con profitti cresciuti del 70%, non si fa fatica a spogliare della retorica le frasi dei banchieri che si orecchiavano nel novembre scorso. A dare pieno credito e riconoscere la genuina sincerità a quel “è stato un anno d’oro”, da “record” segnato da una “fase straordinaria”. Chest’è, come si dice a Napoli.

Ora, tali enormi profitti sono stati ottenuti grazie ai tassi della BCE. Anzi, dal tasso (singolare): l’overnight, quello che riconosce interessi alle banche che “parcheggiano” i loro soldi nel caveau virtuale della banca centrale. Oggi è al 4% e si alza insieme agli altri che impattano su persone e imprese (quelli con cui la BCE presta soldi alle banche) perché l’obiettivo è sempre lo stesso: raffreddare l’economia per contrastare l’inflazione. Non solo rendendo molto più oneroso il credito, ma anche allettando le banche con succosi interessi (a rischio zero, eh), a patto che i loro soldini li mettano in BCE e non li investano. Da questo sono derivati gli enormi profitti.

Per quanto discutibile, teoricamente il meccanismo in testa gira. L’inflazione sale, devo far spendere di meno la gente: convinco le banche a tenere fermi i soldi e rendo difficile il credito. Dai che ridai, i prezzi scendono. Da spellarsi le mani, dunque, se non fosse per un piccolo particolare, invero abbastanza fastidioso: che la BCE così facendo fa carta straccia del tanto salmodiato principio di libera concorrenza del mercato, drogando a più non posso un settore, quello bancario, che avanza così rispetto ad ogni altro, penalizzato invece dai tassi. In altri termini: virtualmente, si mette il sistema finanziario nelle condizioni di poter fare acquisti facili in un mercato martoriato dai tassi, aumentando il potere d’acquisto del primo e diminuendo i prezzi del secondo. Se non è distorsione del mercato questa.

Come sanarla, allora? In realtà occorrerebbe una discussione a monte, proprio sulla cura........

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