Il voto doveva essere una questione procedurale: dopo 14 anni di “sì”, era considerato una routine al tavolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma così non è stato. Questa volta, una delle cinque nazioni con diritto di veto, la Russia, ha detto “no”: e così il mandato al gruppo di esperti che per anni aveva monitorato l’attuazione delle sanzioni contro la Corea del Nord, in particolare per quanto riguarda le armi nucleari e il traffico illecito di armi di distruzione di massa non è stato rinnovato. Un tempismo che non è stato casuale secondo coloro che sponsorizzavano l’estensione del mandato.

Immediatamente dopo l’annuncio del risultato, i diplomatici di Stati Uniti, Corea del Sud e di diversi Paesi occidentali si sono affrettati a spiegare alla stampa cosa c’era dietro al voto: il fatto che, a loro avviso, senza gruppo di monitoraggio la Russia potrà molto più facilmente intraprendere scambi illeciti con la Corea del Nord, in violazione delle sanzioni. Secondo l'ambasciatore della Corea del Sud alle Nazioni Unite Hwang Joon-kook il voto è stato come “distruggere una telecamera a circuito chiuso per evitare di essere colti in flagrante".

Secondo gli osservatori si tratta di un tentativo da parte del presidente russo Vladimir Putin di ottenere il sostegno di Kim Jong Un e assicurarsi definitivamente l’invio di proiettili di artiglieria e missili necessari a sostenere lo sforzo bellico della Russia in Ucraina prima di quella che si annuncia come una brutale offensiva di primavera per costringere le truppe ucraine alla ritirata. La Russia naturalmente vede le cose in un altro modo e spiega il suo “no” come una presa d’atto della realtà: il fatto che dopo 14 anni di sanzioni Pyongyang non abbia abbandonato il suo programma nucleare è la dimostrazione del fallimento delle sanzioni stesse, dicono i russi. Che sottolineano anche come il blocco imposto dall’Onu non faccia che danneggiare una popolazione civile che è già allo stremo. La chiusura del gruppo di esperti non significa la revoca delle sanzioni. Ma impedirà alle Nazioni Unite di ricevere aggiornamenti sulle attività sotto sanzioni della Corea del Nord.

Ma c’è ben più di questo. Dietro al “no” russo, c’è una rottura significativa nell’ordine mondiale che la volontà dei Cinque membri con diritto di veto del Consiglio di Sicurezza ha per decenni tenuto insieme. La storia di scontri diretti e indiretti tra Cina, Russia, Stati Uniti e potenze europee è stata segnata molto più spesso di quanto si creda dall'impegno comune di ciascuna parte nel mantenere in piedi i meccanismi di controllo reciproco, ben al di là dei bracci di ferri pubblici e delle rappresentazioni teatrali che sono andate in scena nelle grandi sale del Palazzo di Vetro.

Questo equilibrio ora è saltato. Non solo: è saltato sul terreno più critico possibile. Se non c’è nessun prezzo da pagare per la proliferazione nucleare e l’accumulo di missili a testata nucleare viene in qualche modo ricompensato, allora il mondo diventa un luogo pericoloso, in cui altre nazioni e leader potrebbero decidere di seguire l’esempio di Kim.

Il voto della Russia manda un segnale chiaro: gli strumenti finora usati per mantenere l’ordine mondiale sono a rischio. La decisione di un leader russo ostracizzato, isolato e sempre più autoritario di ordinare al suo ambasciatore di votare “niet” arriva mentre il mondo è di fronte a bivi complicatissimi. Così accade che nel momento in cui le relazioni tra Russia e Occidente sono ai minimi storici a causa dell’invasione dell’Ucraina, i meccanismi procedurali che per decenni hanno tenuto il mondo in equilibrio si deteriorino. Per questo il passo apparentemente piccolo di mettere fine al lavoro di un gruppo di otto esperti è in realtà un grande salto verso il disordine.

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

Il voto doveva essere una questione procedurale: dopo 14 anni di “sì”, era considerato una routine al tavolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma così non è stato. Questa volta, una delle cinque nazioni con diritto di veto, la Russia, ha detto “no”: e così il mandato al gruppo di esperti che per anni aveva monitorato l’attuazione delle sanzioni contro la Corea del Nord, in particolare per quanto riguarda le armi nucleari e il traffico illecito di armi di distruzione di massa non è stato rinnovato. Un tempismo che non è stato casuale secondo coloro che sponsorizzavano l’estensione del mandato.

Immediatamente dopo l’annuncio del risultato, i diplomatici di Stati Uniti, Corea del Sud e di diversi Paesi occidentali si sono affrettati a spiegare alla stampa cosa c’era dietro al voto: il fatto che, a loro avviso, senza gruppo di monitoraggio la Russia potrà molto più facilmente intraprendere scambi illeciti con la Corea del Nord, in violazione delle sanzioni. Secondo l'ambasciatore della Corea del Sud alle Nazioni Unite Hwang Joon-kook il voto è stato come “distruggere una telecamera a circuito chiuso per evitare di essere colti in flagrante".

Secondo gli osservatori si tratta di un tentativo da parte del presidente russo Vladimir Putin di ottenere il sostegno di Kim Jong Un e assicurarsi definitivamente l’invio di proiettili di artiglieria e missili necessari a sostenere lo sforzo bellico della Russia in Ucraina prima di quella che si annuncia come una brutale offensiva di primavera per costringere le truppe ucraine alla ritirata. La Russia naturalmente vede le cose in un altro modo e spiega il suo “no” come una presa d’atto della realtà: il fatto che dopo 14 anni di sanzioni Pyongyang non abbia abbandonato il suo programma nucleare è la dimostrazione del fallimento delle sanzioni stesse, dicono i russi. Che sottolineano anche come il blocco imposto dall’Onu non faccia che danneggiare una popolazione civile che è già allo stremo. La chiusura del gruppo di esperti non significa la revoca delle sanzioni. Ma impedirà alle Nazioni Unite di ricevere aggiornamenti sulle attività sotto sanzioni della Corea del Nord.

Ma c’è ben più di questo. Dietro al “no” russo, c’è una rottura significativa nell’ordine mondiale che la volontà dei Cinque membri con diritto di veto del Consiglio di Sicurezza ha per decenni tenuto insieme. La storia di scontri diretti e indiretti tra Cina, Russia, Stati Uniti e potenze europee è stata segnata molto più spesso di quanto si creda dall'impegno comune di ciascuna parte nel mantenere in piedi i meccanismi di controllo reciproco, ben al di là dei bracci di ferri pubblici e delle rappresentazioni teatrali che sono andate in scena nelle grandi sale del Palazzo di Vetro.

Questo equilibrio ora è saltato. Non solo: è saltato sul terreno più critico possibile. Se non c’è nessun prezzo da pagare per la proliferazione nucleare e l’accumulo di missili a testata nucleare viene in qualche modo ricompensato, allora il mondo diventa un luogo pericoloso, in cui altre nazioni e leader potrebbero decidere di seguire l’esempio di Kim.

Il voto della Russia manda un segnale chiaro: gli strumenti finora usati per mantenere l’ordine mondiale sono a rischio. La decisione di un leader russo ostracizzato, isolato e sempre più autoritario di ordinare al suo ambasciatore di votare “niet” arriva mentre il mondo è di fronte a bivi complicatissimi. Così accade che nel momento in cui le relazioni tra Russia e Occidente sono ai minimi storici a causa dell’invasione dell’Ucraina, i meccanismi procedurali che per decenni hanno tenuto il mondo in equilibrio si deteriorino. Per questo il passo apparentemente piccolo di mettere fine al lavoro di un gruppo di otto esperti è in realtà un grande salto verso il disordine.

QOSHE - Il niet di Putin che tiene aperto il supermercato di Kim - John Fiegener
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Il niet di Putin che tiene aperto il supermercato di Kim

4 0
03.04.2024

Il voto doveva essere una questione procedurale: dopo 14 anni di “sì”, era considerato una routine al tavolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma così non è stato. Questa volta, una delle cinque nazioni con diritto di veto, la Russia, ha detto “no”: e così il mandato al gruppo di esperti che per anni aveva monitorato l’attuazione delle sanzioni contro la Corea del Nord, in particolare per quanto riguarda le armi nucleari e il traffico illecito di armi di distruzione di massa non è stato rinnovato. Un tempismo che non è stato casuale secondo coloro che sponsorizzavano l’estensione del mandato.

Immediatamente dopo l’annuncio del risultato, i diplomatici di Stati Uniti, Corea del Sud e di diversi Paesi occidentali si sono affrettati a spiegare alla stampa cosa c’era dietro al voto: il fatto che, a loro avviso, senza gruppo di monitoraggio la Russia potrà molto più facilmente intraprendere scambi illeciti con la Corea del Nord, in violazione delle sanzioni. Secondo l'ambasciatore della Corea del Sud alle Nazioni Unite Hwang Joon-kook il voto è stato come “distruggere una telecamera a circuito chiuso per evitare di essere colti in flagrante".

Secondo gli osservatori si tratta di un tentativo da parte del presidente russo Vladimir Putin di ottenere il sostegno di Kim Jong Un e assicurarsi definitivamente l’invio di proiettili di artiglieria e missili necessari a sostenere lo sforzo bellico della Russia in Ucraina prima di quella che si annuncia come una brutale offensiva di primavera per costringere le truppe ucraine alla ritirata. La Russia naturalmente vede le cose in un altro modo e spiega il suo “no” come una presa d’atto della realtà: il fatto che dopo 14 anni di sanzioni Pyongyang non abbia abbandonato il suo programma nucleare è la dimostrazione del fallimento delle sanzioni stesse, dicono i russi. Che sottolineano anche come il blocco imposto dall’Onu non faccia che danneggiare una popolazione civile che è........

© HuffPost


Get it on Google Play