In questi giorni è stato pubblicato il Rapporto dell’Unesco che analizza per la prima volta il legame tra resilienza e disuguaglianze di genere, dal divario per stipendi e pensioni al lavoro domestico e di cura fino alle conseguenze della crisi climatica.

Per esempio, per citare qualche dato emblematico, in media le donne con più di 65 anni ricevono il 26% in meno degli uomini dal sistema pensionistico. Si va da divari minimi in Estonia (3%) a massimi in Giappone (47%). In Italia le donne ricevono una pensione più bassa di oltre il 30% rispetto agli uomini.
Oggi le donne dedicano in media quattro ore al giorno a lavori domestici e di cura non retribuiti a fronte di un’ora e mezza al giorno impiegata dagli uomini. Persino il congedo parentale, strumento utile per distribuire il carico di lavoro e cura tra i genitori, anche quando è disponibile per gli uomini, non si è dimostrato risolutivo in quanto viene utilizzato prevalentemente dalle madri, le quali, per conciliare impegni famigliari e lavorativi, spesso scelgono impieghi part-time, flessibili e con salari minori.

In occasione di eventi estremi legati alla crisi climatica, come alluvioni e inondazioni, le donne hanno circa 14 volte maggiori probabilità di morire durante e dopo un disastro naturale rispetto agli uomini, poiché in media solo il 40% è in grado di nuotare senza assistenza rispetto al 66% degli uomini, a causa di motivi culturali secondo cui gli uomini sono “più adatti” agli sport o per norme religiose che impediscono alle donne di mostrare il proprio corpo in pubblico.

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), che tra i 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030 al numero 5 indica proprio la parità di genere, ha rilanciato il report Unesco sintetizzandone il messaggio centrale con la frase: “Donne resilienti costruiscono società resilienti”.

La trovo molto efficace perché, pur tenendo conto degli aspetti negativi sul divario di genere in vari settori, pone l’accento sulle potenzialità e sul valore arricchente di una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica, economica e sociale del Paese.

Questo obiettivo parte da una questione di genere ma è in realtà un obiettivo collettivo e deve quindi diventare la priorità per partiti e Istituzioni, affinché all’interno di questi le prerogative delle donne, e il contributo aggiuntivo che queste possono dare con il loro peculiare punto di vista e la loro sensibilità, possano avere una migliore rappresentanza e spazio adeguato all’interno di organigrammi e distribuzione di cariche decisionali.

Non possiamo risolvere questioni complesse, che coinvolgono più attori, utilizzando sempre e soltanto lo stesso punto di vista, ma dobbiamo ragionare nell’ottica di un approccio integrato affinché dalle nostre azioni possano trarne beneficio in maniera davvero equa tutte le parti coinvolte. Soprattutto se consideriamo che molte donne, specialmente quelle provenienti da contesti meno privilegiati, possono trovarsi schiacciate da logiche e lobby maschili che limitano la loro partecipazione e possibilità di esprimersi.

Come abbiamo visto dal report Unesco e da quanto riportato dall’ASviS le donne spesso affrontano sfide e discriminazioni specifiche, come la violenza di genere, la disparità salariale e l’accesso limitato alle opportunità di sviluppo. Avere una presenza femminile significativa nelle istituzioni politiche può aiutare a mettere in luce queste problematiche e ad adottare misure concrete per affrontarle, promuovendo cooperazione e dialogo tra i diversi attori coinvolti, e politiche pubbliche sensibili alle questioni di genere, inclusive e più rappresentative dell’altra metà produttiva del Paese. Inoltre quando le donne sono adeguatamente rappresentate, le decisioni politiche sono considerate più legittime e si crea un senso di fiducia e di giustizia nella società e verso la politica e le Istituzioni, generando così un circolo virtuoso nel patto di rappresentanza tra cittadini e Istituzioni.

La coerenza e il buon esempio in politica sono infatti fondamentali, per la sopravvivenza stessa dei partiti, oltre che per il benessere delle cittadine e dei cittadini. Pertanto, è innanzitutto responsabilità del Partito Democratico, prima forza d’opposizione in Italia, fornire esempi positivi, aprendo spazi per le voci delle donne provenienti da angoli remoti dell’impegno politico, in modo che possano contribuire al dibattito pubblico e alla trasformazione della società.

Per questo ho chiesto alla Coordinatrice della Conferenza delle Donne Democratiche una mappatura nazionale completa, Regione per Regione, dei vari incarichi istituzionali e politici, per sapere quante donne attualmente sono segretarie regionali del PD e quante sono ai vertici istituzionali sia in maggioranza che in opposizione.

La Conferenza delle Donne Democratiche può e deve essere uno strumento per affrontare queste problematiche, cercando di garantire una partecipazione più inclusiva e di dare voce a tutte le donne, senza distinzioni. Oltre ad affrontare la questione della leadership femminile che dovrebbe essere data anche a quelle donne che altrimenti potrebbero rimanere silenziate e marginalizzate.

In questo modo, il Partito Democratico può dimostrare la propria coerenza nell'impegno per un protagonismo diffuso e trasformativo delle donne, offrendo un esempio positivo e aprendo opportunità a chi potrebbe non averle altrimenti.

Sono convinta che ci sia ancora molto da fare, ma anche che ci sia spazio per un futuro migliore in cui tutte le donne abbiano l'opportunità di far sentire la propria voce e contribuire, assieme agli uomini, a costruire una società più equa e sostenibile per le future generazioni. C’è ancora domani. Se agiamo adesso.

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In questi giorni è stato pubblicato il Rapporto dell’Unesco che analizza per la prima volta il legame tra resilienza e disuguaglianze di genere, dal divario per stipendi e pensioni al lavoro domestico e di cura fino alle conseguenze della crisi climatica.

Per esempio, per citare qualche dato emblematico, in media le donne con più di 65 anni ricevono il 26% in meno degli uomini dal sistema pensionistico. Si va da divari minimi in Estonia (3%) a massimi in Giappone (47%). In Italia le donne ricevono una pensione più bassa di oltre il 30% rispetto agli uomini.
Oggi le donne dedicano in media quattro ore al giorno a lavori domestici e di cura non retribuiti a fronte di un’ora e mezza al giorno impiegata dagli uomini. Persino il congedo parentale, strumento utile per distribuire il carico di lavoro e cura tra i genitori, anche quando è disponibile per gli uomini, non si è dimostrato risolutivo in quanto viene utilizzato prevalentemente dalle madri, le quali, per conciliare impegni famigliari e lavorativi, spesso scelgono impieghi part-time, flessibili e con salari minori.

In occasione di eventi estremi legati alla crisi climatica, come alluvioni e inondazioni, le donne hanno circa 14 volte maggiori probabilità di morire durante e dopo un disastro naturale rispetto agli uomini, poiché in media solo il 40% è in grado di nuotare senza assistenza rispetto al 66% degli uomini, a causa di motivi culturali secondo cui gli uomini sono “più adatti” agli sport o per norme religiose che impediscono alle donne di mostrare il proprio corpo in pubblico.

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), che tra i 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030 al numero 5 indica proprio la parità di genere, ha rilanciato il report Unesco sintetizzandone il messaggio centrale con la frase: “Donne resilienti costruiscono società resilienti”.

La trovo molto efficace perché, pur tenendo conto degli aspetti negativi sul divario di genere in vari settori, pone l’accento sulle potenzialità e sul valore arricchente di una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica, economica e sociale del Paese.

Questo obiettivo parte da una questione di genere ma è in realtà un obiettivo collettivo e deve quindi diventare la priorità per partiti e Istituzioni, affinché all’interno di questi le prerogative delle donne, e il contributo aggiuntivo che queste possono dare con il loro peculiare punto di vista e la loro sensibilità, possano avere una migliore rappresentanza e spazio adeguato all’interno di organigrammi e distribuzione di cariche decisionali.

Non possiamo risolvere questioni complesse, che coinvolgono più attori, utilizzando sempre e soltanto lo stesso punto di vista, ma dobbiamo ragionare nell’ottica di un approccio integrato affinché dalle nostre azioni possano trarne beneficio in maniera davvero equa tutte le parti coinvolte. Soprattutto se consideriamo che molte donne, specialmente quelle provenienti da contesti meno privilegiati, possono trovarsi schiacciate da logiche e lobby maschili che limitano la loro partecipazione e possibilità di esprimersi.

Come abbiamo visto dal report Unesco e da quanto riportato dall’ASviS le donne spesso affrontano sfide e discriminazioni specifiche, come la violenza di genere, la disparità salariale e l’accesso limitato alle opportunità di sviluppo. Avere una presenza femminile significativa nelle istituzioni politiche può aiutare a mettere in luce queste problematiche e ad adottare misure concrete per affrontarle, promuovendo cooperazione e dialogo tra i diversi attori coinvolti, e politiche pubbliche sensibili alle questioni di genere, inclusive e più rappresentative dell’altra metà produttiva del Paese. Inoltre quando le donne sono adeguatamente rappresentate, le decisioni politiche sono considerate più legittime e si crea un senso di fiducia e di giustizia nella società e verso la politica e le Istituzioni, generando così un circolo virtuoso nel patto di rappresentanza tra cittadini e Istituzioni.

La coerenza e il buon esempio in politica sono infatti fondamentali, per la sopravvivenza stessa dei partiti, oltre che per il benessere delle cittadine e dei cittadini. Pertanto, è innanzitutto responsabilità del Partito Democratico, prima forza d’opposizione in Italia, fornire esempi positivi, aprendo spazi per le voci delle donne provenienti da angoli remoti dell’impegno politico, in modo che possano contribuire al dibattito pubblico e alla trasformazione della società.

Per questo ho chiesto alla Coordinatrice della Conferenza delle Donne Democratiche una mappatura nazionale completa, Regione per Regione, dei vari incarichi istituzionali e politici, per sapere quante donne attualmente sono segretarie regionali del PD e quante sono ai vertici istituzionali sia in maggioranza che in opposizione.

La Conferenza delle Donne Democratiche può e deve essere uno strumento per affrontare queste problematiche, cercando di garantire una partecipazione più inclusiva e di dare voce a tutte le donne, senza distinzioni. Oltre ad affrontare la questione della leadership femminile che dovrebbe essere data anche a quelle donne che altrimenti potrebbero rimanere silenziate e marginalizzate.

In questo modo, il Partito Democratico può dimostrare la propria coerenza nell'impegno per un protagonismo diffuso e trasformativo delle donne, offrendo un esempio positivo e aprendo opportunità a chi potrebbe non averle altrimenti.

Sono convinta che ci sia ancora molto da fare, ma anche che ci sia spazio per un futuro migliore in cui tutte le donne abbiano l'opportunità di far sentire la propria voce e contribuire, assieme agli uomini, a costruire una società più equa e sostenibile per le future generazioni. C’è ancora domani. Se agiamo adesso.

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Cambiare tutto, il Pd per le donne si dia obiettivi ambiziosi

3 0
08.01.2024

In questi giorni è stato pubblicato il Rapporto dell’Unesco che analizza per la prima volta il legame tra resilienza e disuguaglianze di genere, dal divario per stipendi e pensioni al lavoro domestico e di cura fino alle conseguenze della crisi climatica.

Per esempio, per citare qualche dato emblematico, in media le donne con più di 65 anni ricevono il 26% in meno degli uomini dal sistema pensionistico. Si va da divari minimi in Estonia (3%) a massimi in Giappone (47%). In Italia le donne ricevono una pensione più bassa di oltre il 30% rispetto agli uomini.
Oggi le donne dedicano in media quattro ore al giorno a lavori domestici e di cura non retribuiti a fronte di un’ora e mezza al giorno impiegata dagli uomini. Persino il congedo parentale, strumento utile per distribuire il carico di lavoro e cura tra i genitori, anche quando è disponibile per gli uomini, non si è dimostrato risolutivo in quanto viene utilizzato prevalentemente dalle madri, le quali, per conciliare impegni famigliari e lavorativi, spesso scelgono impieghi part-time, flessibili e con salari minori.

In occasione di eventi estremi legati alla crisi climatica, come alluvioni e inondazioni, le donne hanno circa 14 volte maggiori probabilità di morire durante e dopo un disastro naturale rispetto agli uomini, poiché in media solo il 40% è in grado di nuotare senza assistenza rispetto al 66% degli uomini, a causa di motivi culturali secondo cui gli uomini sono “più adatti” agli sport o per norme religiose che impediscono alle donne di mostrare il proprio corpo in pubblico.

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), che tra i 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030 al numero 5 indica proprio la parità di genere, ha rilanciato il report Unesco sintetizzandone il messaggio centrale con la frase: “Donne resilienti costruiscono società resilienti”.

La trovo molto efficace perché, pur tenendo conto degli aspetti negativi sul divario di genere in vari settori, pone l’accento sulle potenzialità e sul valore arricchente di una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica, economica e sociale del Paese.

Questo obiettivo parte da una questione di genere ma è in realtà un obiettivo collettivo e deve quindi diventare la priorità per partiti e Istituzioni, affinché all’interno di questi le prerogative delle donne, e il contributo aggiuntivo che queste possono dare con il loro peculiare punto di vista e la loro sensibilità, possano avere una migliore rappresentanza e spazio adeguato all’interno di organigrammi e distribuzione di cariche decisionali.

Non possiamo risolvere questioni complesse, che coinvolgono più attori, utilizzando sempre e soltanto lo stesso punto di vista, ma dobbiamo ragionare nell’ottica di un approccio integrato affinché dalle nostre azioni possano trarne beneficio in maniera davvero equa tutte le parti coinvolte. Soprattutto se consideriamo che molte........

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