“Il patto e la furia” così Enric Juliana, il decano dei giornalisti politici spagnoli descrive in un suo libro la fase politica turbolenta della nazione spagnola degli ultimi anni. A ogni tentativo di assorbire le inquietudini territoriali e anche economiche che attraversano il paese attraverso un’azione di concordia segue una veemente protesta popolare.

Se la crisi economica del 2008 produsse il largo movimento degli indignados a sinistra e nella società civile la ribellione dei ceti medio borghesi dai quali scaturirono le formazioni di Podemos a sinistra e Ciudadanos nel centro-destra, la crisi catalana ha ridato luce e fiato alla destra reazionaria legata al retaggio culturale mai del tutto sopito in Spagna riferibile al passato franchista.

I socialisti di Sánchez ritornati al governo promettevano di disinfiammare la crisi territoriale apertasi in Catalogna dopo la fiammata indipendentista affrontata e piegata solo attraverso il peso e la forza della giustizia, oggi che il governo in carica deve la sua vita al sostegno parlamentare delle formazioni indipendentiste di destra e di sinistra, è giunto il momento della riconciliazione e del perdono.

In commissione giustizia il centro-destra di Puigdemont aveva dato al progetto di amnistia per i reati commessi durante le epiche giornate di ribellione a Barcellona un colpo di freno gettando l’esecutivo nel panico, l’estensione dell’amnistia anche ai reati di “terrorismo” mette al riparo non solo il leader separatista ma anche molti catalani che parteciparono ai tumulti irridentisti di perpetuare la loro presenza nelle galere spagnole.

La destra furibonda contrattacca puntando tutte le sue carte sullo scandalo (il cosiddetto caso Koldo per il quale il governo ha già predisposto la richiesta di una commissione parlamentare) che ha investito il Psoe e i suoi uomini rappresentativi in una vicenda scabrosa di compravendite di mascherine ai tempi del Covid, vorrebbe ricreare un clima da mani pulite in salsa iberica dando un’altra spallata giudiziaria all’esecutivo che sul perdono e la riconciliazione nazionale ha investito la propria credibilità.

Quanto questa politica di appeasement incontri il favore popolare si avrà modo di verificarlo in tornate elettorali successive che anticipano il voto europeo. Anticipato sarà il voto catalano e questo potrebbe essere per i socialisti una buona e una cattiva notizia assieme; la buona è che il socialismo catalano in salute potrebbe tornare a governare la regione-nazione inquieta, la cattiva è che il blocco indipendentista ha già annunciato che prima delle elezioni non voterà il bilancio spagnolo e che quindi il governo Sánchez dovrà trascorrere un periodo in esercizio provvisorio. Il Parlamento in queste ore vota l’Amnistia, l’opposizione parlamentare è durissima e preannuncia la stessa durezza nelle piazze, mentre i baschi (il 21 aprile) e i catalani (il 12 maggio) sono chiamati alle urne, le comunità autonome più irrequiete; e se la Spagna ha saputo venire a capo dell’insurrezione basca attraverso un solido compromesso finanziario, quella catalana resta sotto traccia benché il perdono che oggi lo Stato spagnolo offre alla cupola insurrezionale politica catalana ha un sottointeso, ovvero che al contrario degli slogan più oltranzisti (“ho tornerem a fer”), il processo di separazione dalla Spagna non verrà più rimesso in moto almeno per questo decennio.

Ritornerà, qualora vedesse alla luce l’amnistia, nella sua patria catalana il presidente esiliato Puigdemont dopo sei anni di rocambolesco esilio, fra una galera tedesca e una italiana, immunità parlamentari negate e riottenute a Strasburgo. Ritorna da Waterloo (suo luogo di esilio) non sconfitto come Napoleone, ma pronto a battersi per riprendersi la guida della Catalogna.

La ragione o il torto la daranno sempre le urne democratiche, la flebile garanzia di questa Europa instabile e inquieta.

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“Il patto e la furia” così Enric Juliana, il decano dei giornalisti politici spagnoli descrive in un suo libro la fase politica turbolenta della nazione spagnola degli ultimi anni. A ogni tentativo di assorbire le inquietudini territoriali e anche economiche che attraversano il paese attraverso un’azione di concordia segue una veemente protesta popolare.

Se la crisi economica del 2008 produsse il largo movimento degli indignados a sinistra e nella società civile la ribellione dei ceti medio borghesi dai quali scaturirono le formazioni di Podemos a sinistra e Ciudadanos nel centro-destra, la crisi catalana ha ridato luce e fiato alla destra reazionaria legata al retaggio culturale mai del tutto sopito in Spagna riferibile al passato franchista.

I socialisti di Sánchez ritornati al governo promettevano di disinfiammare la crisi territoriale apertasi in Catalogna dopo la fiammata indipendentista affrontata e piegata solo attraverso il peso e la forza della giustizia, oggi che il governo in carica deve la sua vita al sostegno parlamentare delle formazioni indipendentiste di destra e di sinistra, è giunto il momento della riconciliazione e del perdono.

In commissione giustizia il centro-destra di Puigdemont aveva dato al progetto di amnistia per i reati commessi durante le epiche giornate di ribellione a Barcellona un colpo di freno gettando l’esecutivo nel panico, l’estensione dell’amnistia anche ai reati di “terrorismo” mette al riparo non solo il leader separatista ma anche molti catalani che parteciparono ai tumulti irridentisti di perpetuare la loro presenza nelle galere spagnole.

La destra furibonda contrattacca puntando tutte le sue carte sullo scandalo (il cosiddetto caso Koldo per il quale il governo ha già predisposto la richiesta di una commissione parlamentare) che ha investito il Psoe e i suoi uomini rappresentativi in una vicenda scabrosa di compravendite di mascherine ai tempi del Covid, vorrebbe ricreare un clima da mani pulite in salsa iberica dando un’altra spallata giudiziaria all’esecutivo che sul perdono e la riconciliazione nazionale ha investito la propria credibilità.

Quanto questa politica di appeasement incontri il favore popolare si avrà modo di verificarlo in tornate elettorali successive che anticipano il voto europeo. Anticipato sarà il voto catalano e questo potrebbe essere per i socialisti una buona e una cattiva notizia assieme; la buona è che il socialismo catalano in salute potrebbe tornare a governare la regione-nazione inquieta, la cattiva è che il blocco indipendentista ha già annunciato che prima delle elezioni non voterà il bilancio spagnolo e che quindi il governo Sánchez dovrà trascorrere un periodo in esercizio provvisorio. Il Parlamento in queste ore vota l’Amnistia, l’opposizione parlamentare è durissima e preannuncia la stessa durezza nelle piazze, mentre i baschi (il 21 aprile) e i catalani (il 12 maggio) sono chiamati alle urne, le comunità autonome più irrequiete; e se la Spagna ha saputo venire a capo dell’insurrezione basca attraverso un solido compromesso finanziario, quella catalana resta sotto traccia benché il perdono che oggi lo Stato spagnolo offre alla cupola insurrezionale politica catalana ha un sottointeso, ovvero che al contrario degli slogan più oltranzisti (“ho tornerem a fer”), il processo di separazione dalla Spagna non verrà più rimesso in moto almeno per questo decennio.

Ritornerà, qualora vedesse alla luce l’amnistia, nella sua patria catalana il presidente esiliato Puigdemont dopo sei anni di rocambolesco esilio, fra una galera tedesca e una italiana, immunità parlamentari negate e riottenute a Strasburgo. Ritorna da Waterloo (suo luogo di esilio) non sconfitto come Napoleone, ma pronto a battersi per riprendersi la guida della Catalogna.

La ragione o il torto la daranno sempre le urne democratiche, la flebile garanzia di questa Europa instabile e inquieta.

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La corsa a ostacoli di Pedro Sánchez

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14.03.2024

“Il patto e la furia” così Enric Juliana, il decano dei giornalisti politici spagnoli descrive in un suo libro la fase politica turbolenta della nazione spagnola degli ultimi anni. A ogni tentativo di assorbire le inquietudini territoriali e anche economiche che attraversano il paese attraverso un’azione di concordia segue una veemente protesta popolare.

Se la crisi economica del 2008 produsse il largo movimento degli indignados a sinistra e nella società civile la ribellione dei ceti medio borghesi dai quali scaturirono le formazioni di Podemos a sinistra e Ciudadanos nel centro-destra, la crisi catalana ha ridato luce e fiato alla destra reazionaria legata al retaggio culturale mai del tutto sopito in Spagna riferibile al passato franchista.

I socialisti di Sánchez ritornati al governo promettevano di disinfiammare la crisi territoriale apertasi in Catalogna dopo la fiammata indipendentista affrontata e piegata solo attraverso il peso e la forza della giustizia, oggi che il governo in carica deve la sua vita al sostegno parlamentare delle formazioni indipendentiste di destra e di sinistra, è giunto il momento della riconciliazione e del perdono.

In commissione giustizia il centro-destra di Puigdemont aveva dato al progetto di amnistia per i reati commessi durante le epiche giornate di ribellione a Barcellona un colpo di freno gettando l’esecutivo nel panico, l’estensione dell’amnistia anche ai reati di “terrorismo” mette al riparo non solo il leader separatista ma anche molti catalani che parteciparono ai tumulti irridentisti di perpetuare la loro presenza nelle galere spagnole.

La destra furibonda contrattacca puntando tutte le sue carte sullo scandalo (il cosiddetto caso Koldo per il quale il governo ha già predisposto la richiesta di una commissione parlamentare) che ha investito il Psoe e i suoi uomini rappresentativi in una vicenda scabrosa di compravendite di mascherine ai tempi del Covid, vorrebbe ricreare un clima da mani pulite in........

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