menu_open Columnists
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close

La morte della morte. Il caso delle gemelle Kessler

5 2
21.11.2025

Tripudio per la morte. Tripudio per il suicidio di due anziane signore, immerse nella tristezza e nella solitudine. Commemorazioni festose, epicedi assertivi: “Onoreremo la loro memoria approvando una legge….”.

Un tempo il tripudio era riservato solo alla morte dei tiranni. La morte comune, quella che colpisce i nostri cari oppure gli estranei, generava a seconda della vicinanza o della distanza affettiva tristezza, dolore, talvolta disperazione; oppure pena, rammarico, riguardo. Un suicidio normalmente generava pena. E senso di colpa: si poteva fare qualcosa, lenire tanta solitudine, manifestare quella preferenza, quel guardare e chiamare per nome che tante volte rinnova motivazioni di vita in un depresso. Alla morte di un estraneo era dovuto come minimo ossequio, reverenza: ci si toglieva il cappello dalla testa, si inclinava la testa verso il basso, le mani composte. Nessuna pena per il dittatore, invece, nessuna pietà: la sua morte è vissuta come una liberazione, il suo corpo è esposto alla feroce esaltazione della folla, come nel caso di Mussolini e compagni; la notizia suscita danze e battimani, come quelle degli sciiti iracheni dopo l’impiccagione di Saddam Hussein. Si rinnova nel compiacimento della propria crudeltà «il grande godimento festoso dell’umanità antica», come scrive Nietzsche nella Genealogia della morale.

Leggi anche

Il suicidio delle gemelle Kessler spiegato da Ovidio

Non c’è differenza tra vita e morte

Qual è allora il tiranno, il nemico asfissiante di cui si celebra festosamente la fine nel suicidio delle gemelle Kessler? È la morte stessa. Nei peana al suicidio programmato delle rinomate ballerine tedesche si celebra la........

© Tempi