Un poliziotto francese davanti ad una scuola ad Arras, Francia (Ansa)

Parigi. Quando Jean-Pierre Obin, ex ispettore generale del ministero dell’Istruzione, pubblicò nel 2004 un rapporto che metteva in luce le continue violazioni della laicità negli istituti scolastici francesi da parte di studenti di confessione musulmana, gli diedero del reazionario, dell’islamofobo, anche se veniva dalla gauche ed era un compagno di strada del socialismo. Nel settembre del 2020, nel suo Comment on a laisse l’islamisme pénétrer l’école (Hermann), Obin provò ad allertare nuovamente l’opinione pubblica sull’incursione dell’islam separatista tra i banchi di scuola, dove sempre più professori si autocensurano, rinunciando a mostrare opere d’arti raffiguranti corpi nudi, a parlare di laicità o della Shoah per paura di essere aggrediti. Ma anche all’epoca dell’uscita del libro, l’ex ispettore dell’Éducation nationale fu oggetto di recensioni severe, accusato di avere le stesse posizioni di Marine Le Pen, la leader del sovranismo francese.

Pochi giorni dopo, al Collège du Bois d’Aulne di Conflans-Sainte-Honorine, comune anonimo della banlieue parigina, un professore di storia e geografia, Samuel Paty, venne decapitato al grido di «Allah Akbar» da un jihadista ceceno per non aver ceduto all’autocensura e aver mostrato in classe le vignette su Maometto di Charlie Hebdo.

Essere un insegnante, in Francia, è diventato un mestiere pericoloso, soprattutto nelle cosiddette “zone di educazione prioritaria”, dove la pressione esercitata dall’islam politico è incessante, asfissiante. Obin, così come lo storico dell’antisemitismo Georges Bensoussan, che nel suo Territoires perdus de la République, uscito nel 2002, già evocava la diffusione del virus islamista nelle scuole francesi, hanno provato a scuotere la società: ma non sono mai stati presi sul serio.

Aumento delle violenze

A confermare fino a che punto i loro lavori siano stati lungimiranti, arriva ora un rapporto della commissione d’inchiesta sullo stato della scuola francese sollecitata della sorella di Samuel Paty. Il rapporto curato dai senatori Francois-Noël Buffet e Laurent Lafon, figlio di numerose audizioni e indagini negli istituti, racconta una «scuola della République in pericolo», «un aumento della violenze nelle scuole private e statali» e soprattutto una «discrepanza tra le cifre fornite dal ministero dell’Istruzione e la realtà sul campo». Per troppo tempo, l’Éducation nationale ha minimizzato il problema dell’islamismo: un fenomeno che «si sta banalizzando», secondo quanto riferito dai senatori durante la presentazione del rapporto in conferenza stampa.

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Ogni anno, stando ai dati raccolti, sarebbero almeno 100 mila i professori minacciati verbalmente e fisicamente, in gran parte da genitori e allievi di confessione musulmana. Capita per esempio che alcune famiglie chiamino la scuola per chiedere se durante la gita a cui parteciperanno i loro figli ci saranno spettacoli o mostre artistiche con nudità, “haram”, cioè proibiti dall’islam. «Questa è la situazione attuale. Non bisogna ignorare l’aumento delle rivendicazioni identitarie e comunitarie, così come la manifestazione dell’islam radicale», ha dichiarato il senatore Buffet.

Il caso “Diana e Atteone”

In questo senso, di recente, si è verificato un episodio che ha costretto l’allora ministro dell’Istruzione e attuale primo ministro Gabriel Attal a reagire. Il 7 dicembre, durante una lezione di francese alla scuola media Jacques-Cartier di Issou (banlieue parigina), un insegnante ha mostrato agli alunni di prima media un dipinto del Diciassettesimo secolo, “Diana e Atteone” di Giuseppe Cesari, raffigurante il passaggio delle Metamorfosi di Ovidio nel quale Atteone sorprende Diana e le sue ninfe senza vestiti mentre si lavano alla sorgente.

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«Alcuni alunni hanno distolto lo sguardo, si sono sentiti offesi e si sono detti scioccati», ha detto Sophie Vénétitay, segretario generale del sindacato degli insegnanti Snes-FSU. Altri hanno accusato l’insegnante di aver fatto dei commenti islamofobi e razzisti, cosa non vera (tanto che gli studenti si sono in seguito scusati e hanno ritirato le accuse), ma che avrebbe potuto innescare la stessa, spaventosa dinamica che ha portato alla rappresaglia contro “l’islamofobo” Samuel Paty, fomentata sui social network dalla galassia islamista.

Catherine Nave-Bekhti, segretaria per l’istruzione del sindacato Cfdt, ha affermato che l’incidente ha fatto rivivere «il ricordo e le ferite dell’omicidio di Samuel Paty, con un inizio della vicenda che gli assomiglia molto, che provoca paure e ansie legittime, che giustificano l’esercizio del diritto di non presentarsi in classe».

Il velo al liceo

Le stesse tensioni si sono prodotte a fine febbraio al liceo Maurice Ravel, situato nel Ventesimo arrondissement di Parigi. Il preside dell’istituto ha ricordato a tre studentesse musulmane l’obbligo di togliersi il velo all’interno del perimetro scolastico, nel rispetto delle regole di laicità. Una di loro si è rifiutata ed è scoppiato un alterco verbale molto violento. La notizia ha subito fatto il giro dei social e nelle ore successive il professore ha ricevuto decine di minacce di morte.

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«Gli attacchi sono assolutamente inaccettabili», ha dichiarato la ministra dell’Istruzione francese, Nicole Belloubet, in vista all’istituto del Ventesimo arrondissement per manifestare il suo sostegno al dirigente scolastico, annunciando una protezione rafforzata attorno alla scuola. In solidarietà con il preside minacciato, 163 dirigenti scolastici parigini sono scesi in piazza per dire basta alle minacce di morte e alle false accuse di islamofobia provenienti da genitori di studenti musulmani sempre più aggressivi. Ma appunto, si tratta soltanto della punta emersa dell’iceberg, di due episodi fra molti che raccontano la paura di essere insegnanti in Francia.

QOSHE - L’insegnante in Francia è una “professione pericolo” - Mauro Zanon
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L’insegnante in Francia è una “professione pericolo”

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20.03.2024
Un poliziotto francese davanti ad una scuola ad Arras, Francia (Ansa)

Parigi. Quando Jean-Pierre Obin, ex ispettore generale del ministero dell’Istruzione, pubblicò nel 2004 un rapporto che metteva in luce le continue violazioni della laicità negli istituti scolastici francesi da parte di studenti di confessione musulmana, gli diedero del reazionario, dell’islamofobo, anche se veniva dalla gauche ed era un compagno di strada del socialismo. Nel settembre del 2020, nel suo Comment on a laisse l’islamisme pénétrer l’école (Hermann), Obin provò ad allertare nuovamente l’opinione pubblica sull’incursione dell’islam separatista tra i banchi di scuola, dove sempre più professori si autocensurano, rinunciando a mostrare opere d’arti raffiguranti corpi nudi, a parlare di laicità o della Shoah per paura di essere aggrediti. Ma anche all’epoca dell’uscita del libro, l’ex ispettore dell’Éducation nationale fu oggetto di recensioni severe, accusato di avere le stesse posizioni di Marine Le Pen, la leader del sovranismo francese.

Pochi giorni dopo, al Collège du Bois d’Aulne di Conflans-Sainte-Honorine, comune anonimo della banlieue parigina, un professore di storia e geografia, Samuel Paty, venne decapitato al grido di «Allah Akbar» da un jihadista ceceno per non aver ceduto all’autocensura e aver mostrato in classe le vignette su Maometto di Charlie Hebdo.

Essere un insegnante, in Francia, è diventato un mestiere pericoloso, soprattutto nelle cosiddette “zone di educazione prioritaria”, dove la pressione esercitata dall’islam politico è incessante, asfissiante. Obin, così come lo storico dell’antisemitismo Georges........

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