Sanremo è l’ambigua e oscura frenesia che attraversa il Paese. Un rito, un sabba collettivo al quale nessuno sembra, ormai, voler rinunciare. L’unico evento in cui la Rai dispiega ancora la sua operatività industriosa, con una fedeltà calligrafica alla sua storia, investendo milioni di euro e dispiegando centinaia di inviati, pronti a sviluppare una narrazione puntuale e, in qualche caso, pirotecnica. Dopo 74 anni, il Festival è ancora nel cuore del Paese, con le sue melodie, le sue polemiche, i suoi antagonismi e i suoi modernismi. Sacerdote dell’evento il solito Amadeus, al suo quinto e, forse ultimo Sanremo. Accanto a lui l’umorismo creativo di Fiorello ed una lunga lista di 30 cantanti che ci farà compagnia nelle notti di questa settimana. Questa volta non c’è un vincitore annunciato ma tanti osservati speciali. Molti testi più o meno scontati con ordinari accenti al cuore, al mare, all’ amore, pochissima politica e un certo disimpegno diffuso. Dal quale provano a salvarsi Ghali che parla di ospedali bombardati e Darghen D’Amico che propone un messaggio sociale più o meno ritrito come quello legato ai migranti. Per il resto, un vortice di buoni sentimenti e testi festivalieri. Napoli scende in campo con il rapper Geolier, al secolo Emanuele Palumbo, 23 anni, orgogliosamente figlio di Secondigliano. Canzone in lingua madre partenopea e sottili polemiche allegate. E’ giusto portare al Festival della Canzone italiana un prodotto pienamente made in Naples? Polemica già fiorita ai tempi di Roberto Murolo. Amadeus ha provato a zittire le critiche, sostenendo giustamente che la musica napoletana è un patrimonio nazionale. Ma le censure, in questi giorni, non mancheranno sicuramente. Si parla, si spera nel successo di una donna. Al Festival, tradizionalmente, vincono soprattutto gli uomini. Negli ultimi vent’anni solo quattro eccezioni: Arisa, Emma, Lola Ponce e Alexia. Fari puntati, quindi su Loredana Bertè e Fiorella Mannoia, due miti della canzone italiana che, dopo tante partecipazioni, potrebbero agguantare la statuetta del Leone di Sanremo. Il Teatro Ariston, da settimane, è meta di continui pellegrinaggi, quasi come un santuario, i fiori sono già sul palco. Per continuare a dimostrare al mondo che Sanremo è Sanremo.

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Sanremo, rito collettivo di un Paese controverso

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06.02.2024

Sanremo è l’ambigua e oscura frenesia che attraversa il Paese. Un rito, un sabba collettivo al quale nessuno sembra, ormai, voler rinunciare. L’unico evento in cui la Rai dispiega ancora la sua operatività industriosa, con una fedeltà calligrafica alla sua storia, investendo milioni di euro e dispiegando centinaia di inviati, pronti a sviluppare una narrazione puntuale e, in qualche caso, pirotecnica. Dopo 74 anni, il Festival è ancora nel cuore del Paese, con le sue melodie, le sue polemiche, i suoi antagonismi e i suoi modernismi. Sacerdote dell’evento........

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