“Napoli è un mondo a parte, con un popolo unico, in quanto è in qualche modo sfuggita alla pressione di correnti di pensiero che tendono ad ‘appiattire l’individuò, ovunque”, ho spiegato un giorno al mio ex-principale, diventato un amico. Vale a dire trasformare il singolo individuo in una pedina di un gioco di società. La stessa religione o il nazionalismo non ci sono riusciti. Neanche il capitalismo, perché la volontà di accumulare, e di salire nella scala sociale è meno sentita a Napoli che ad Amsterdam, a Londra o a New York. Dal momento in cui il Napoletano ha raggiunto un livello adeguato al proprio status, ritiene che sarebbe stupido di rovinarsi la vita. L’amore, la libertà, ed il semplice piacere di vivere in questa grande bellezza, piuttosto che a Newcastle, Thionville o Dortmund, non si sacrificano, per questa sciocchezza che chiamano “l’ambizione”. Anzi il management, come il marketing funzionano molto male. “Non c’è modo di raggiungere i propri obiettivi”, si lamentava un milanese, incaricato dalla propria azienda di sviluppare il business nel Italia del sud. Era già al quinto whisky, quando l’ho incontrato, quasi disperato, solo nel bar dell’hotel, dove io avevo appena finito di fare una presentazione a qualche turista: «Capire Napoli per ben’ apprezzarla». E pur di mettersi in mostra, al cospetto di un quasi collega più anziano di lui, ha voluto spiegarmi che le funzioni del linguaggio enunciate da Roman Jakobson, a Napoli sono invertite, rispetto a Milano. Era professore di comunicazione in una scuola serale, oltre ad essere un direttore vendite. — Invece di parlare di soggetti esterni che sono utili («funzione referenziale» nello schema di Jakobson), come si usa fare da noi, gli abitanti di qui parlano di cose che non gli riguardano, in quanto provinciali, senz’ alcuna prospettiva, iniziò lui così. Piuttosto che argomentare sul punto di discussione, gli ho fatto cenno con la testa per esortarlo a continuare prima di rispondergli. È vero che tutto il quartiere sa che la mia graziosa vicina ha un secondo amante senza che io l’abbia detto a nessuno! Per non restare inerme di fonte al suo primo attacco contro Napoli, ho aggiunto subito che i due operai che sono venuti a casa ad aggiustarmi l’aria condizionata erano molto competenti e si esprimevano molto chiaramente. — E tu che ne sai, che non ne capisci nulla, visto il dialetto che parlano (il «codice» nello schema), mi dice il mio interlocutore aggressivamente. Altrimenti tu avresti capito che loro parlano sempre di loro stessi e delle loro opinioni (la «funzione emotiva»), di cui tutti se ne fregano. Il loro giudicare costante è segno dell’impotenza delle persone ce non sanno fare niente, rispetto a quelli che vogliono raggiungere un obiettivo, e lavorano perciò, aggiunge furiosamente, evidentemente parlando di esperienza vissuta. — I Napoletani hanno un’inclinazione spontanea ed amichevole al contatto («funzione fatica»), con i “loro prossimi”, che loro coltivano, per piacere e non per interesse, gli ho risposto. Rende la vita più bella, aggiungi io. Il direttore vendite ha alzato le spalle davanti queste «futilità». — Ma peggio del peggio in questo luogo caotico, riguarda la «funzione ingiuntiva» del linguaggio, quella che dà degli ordini, anche se lo chiede gentilmente, non cambia nulla. Non c’è modo di fargli fare ciò che vuoi; loro non si adeguano mai alle regole che tu gli impartisci. Loro sanno tutto meglio di tutti, e agiscono secondo la loro testa, malgrado la loro ignoranza, e si vantano anzi, di essere testardi. — Sono degli uomini liberi che non si lasciano imbrigliare da tutte le falsità che dispensano le aziende per approfittare della loro gente! Piuttosto che schiavi che si sottomettono al diktat delle multinazionali, che sfruttano i bambini dei paesi poveri, mentre pubblicano uno statuto etico nelle loro vaste hall, ricoperte di marmo. — “Uno stronzo di comunista in un hotel di lusso”, si esclamò l’uomo d’affari! “Avrei dovuto capirlo, vista la tua età! Non mi sarà risparmiato nulla in questa città di merda.” Hai visto come ti ho zittito, che questo ti serva da lezione! Si alzò baldanzoso per ritornare in camera, non potei esimermi da fargli uno sgambetto. Poi me ne sono alzato, anche io, camminandogli sulla mano. “È già terribile che tipi come lui, stupidi e ossequiosi, ricoprano posizioni, ma quando poi riesce ad insultare un uomo ed una città, diventa insopportabile”, dico, a mo’ di scuse al mio comportamento. “Buona serata Federico”, mi augura il barman, il quale aveva assistito a tutta la discussione: “se la serve, le farò da testimone volentieri; è stato un piacere averla come ospite”.

QOSHE - Differenze linguistiche tra Milano e Napoli - Frédéric Miedzinski
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Differenze linguistiche tra Milano e Napoli

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13.01.2024

“Napoli è un mondo a parte, con un popolo unico, in quanto è in qualche modo sfuggita alla pressione di correnti di pensiero che tendono ad ‘appiattire l’individuò, ovunque”, ho spiegato un giorno al mio ex-principale, diventato un amico. Vale a dire trasformare il singolo individuo in una pedina di un gioco di società. La stessa religione o il nazionalismo non ci sono riusciti. Neanche il capitalismo, perché la volontà di accumulare, e di salire nella scala sociale è meno sentita a Napoli che ad Amsterdam, a Londra o a New York. Dal momento in cui il Napoletano ha raggiunto un livello adeguato al proprio status, ritiene che sarebbe stupido di rovinarsi la vita. L’amore, la libertà, ed il semplice piacere di vivere in questa grande bellezza, piuttosto che a Newcastle, Thionville o Dortmund, non si sacrificano, per questa sciocchezza che chiamano “l’ambizione”. Anzi il management, come il marketing funzionano molto male. “Non c’è modo di raggiungere i propri obiettivi”, si lamentava un milanese, incaricato dalla propria azienda di sviluppare il business nel Italia del sud. Era già al quinto whisky, quando l’ho incontrato, quasi disperato, solo........

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