Palermo, 20 novembre 2023 – C’è una borsa sul pianale posteriore sinistro della Fiat Croma. In quella Fiat Croma c’era un attimo prima Paolo Borsellino. Via D’Amelio, 19 luglio 1992, ore 16.59: Borsellino sta per suonare il campanello dell’abitazione della madre, quando 57 giorni dopo Capaci Palermo torna a essere Beirut. Un’autobomba carica di tritolo e il magistrato muore con cinque agenti della scorta. E quella borsa? Quella borsa contiene – assicurano anche i familiari di Borsellino, in particolare la moglie Agnese – un’agenda rossa. Quell’agenda rossa è un regalo dell’Arma dei Carabinieri e in quell’agenda Borsellino avrebbe – e quindi iniziano i condizionali – annotato minuziosamente tutti i particolari, tutte le considerazioni, tutti i colloqui avuti dal giorno in cui l’amico Giovanni Falcone è morto. Borsellino è il procuratore aggiunto di Palermo, sa benissimo che il prossimo obiettivo di Cosa Nostra sarà lui. Sente di avere i giorni contati, la moglie Agnese lo vede con quell’agenda a Villagrazia di Carini prima che parta per Palermo, destinazione via Mariano D’Amelio per salutare la mamma. L’ultimo suo viaggio.

L’agenda rossa introvabile è diventata negli anni un oggetto feticcio per raccontare tutti i misteri che quella strage si porta dietro. Ancora a trentuno anni di distanza. E soprattutto dopo che fu accertato l’iniziale depistaggio delle indagini con le dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino. Ora trentuno anni dopo l’agenda rossa – secondo una deposizione spontanea – sarebbe a casa di Arnaldo La Barbera, il super poliziotto che convinse Scarantino a testimoniare e indagato poi per l’irruzione alla scuola Diaz a Genova durante il G8 (2001), un anno prima che morisse. Nei giorni scorsi sono state perquisite due abitazioni dei parenti del super poliziotto.

La storia d’Italia che è un intricato percorso di misteri e di stragi, in cui spesso verità e giustizia non viaggiano a braccetto o solamente sono attese invano, è piena di oggetti-feticcio come l’agenda rossa di Paolo Borsellino. Oggetti che spesso vengono considerati la prova regina o più prosaicamente elementi per costruire un romanzo giallo ispirato alla realtà.

Peccato invece, che siano parti integranti, pedine naturali di un puzzle da ricostruire per arrivare alla soluzione finale che dovrebbe coincidere, appunto, con verità e giustizia.

Restando a Palermo e spingendosi esattamente dieci anni indietro da quel 19 luglio 1992, il 3 settembre del 1982 il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il prefetto mandato a Palermo per avere poteri speciali (che non arrivarono mai), fu ucciso su un’A112 Autobianchi con la seconda moglie, Emanuela Setti Carraro.

La residenza di Dalla Chiesa a Palermo è Villa Pajno. Lì c’era una cassaforte dove il generale conservava tutti i suoi documenti, quando viene aperta non c’è nulla. Chi aprì quella cassaforte? E soprattutto quali documenti conteneva? Nel 2014 - tre anni prima che Totò Riina morisse – il capo dei capi di Cosa Nostra viene intercettato e dice: "Questo Dalla Chiesa ci sono andati a trovarlo e gli hanno aperto la cassaforte e gli hanno tolto la chiave. I documenti dalla cassaforte glieli hanno fottuti". Ma anche Dalla Chiesa aveva una borsa. Una borsa di pelle senza manico, come ebbe a ricordare il figlio Nando, dalla quale non si separava mai. Quella borsa non è mai stata trovata. C’è chi sostiene che fosse proprio nel sedile posteriore dell’Autobianchi quella sera del 3 settembre e allora dov’è finita?

Di borse misteriose si parla anche nel caso di Aldo Moro. Addirittura si arrivò a conteggiarle. Il presidente della Democrazia Cristiana girava solitamente con cinque borse. Il giorno del sequestro in via Fani ne furono sotratte in fretta e furia solo due dalle Brigate Rosse: una conteneva i medicinali e l’altra? Nell’altra ci sarebbero stati documenti e dossier, quale era il peso di quei documenti? Le domande che si ripetono e si rincorrono di fronte a oggetti che loro malgrado sono diventati feticci di stragi e della lunga scia di misteri che si portano dietro, sono sempre le stesse. Ogni volta che se ne torna a parlare, come nel caso dell’agenda rossa di Borsellino ora, un barlume di speranza si riaccende. Ma è un barlume solo sulla lunga strada (che sembra senza fine) che dovrebbe condurre alla verità.

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QOSHE - Gli oggetti del mistero. L’agenda rossa, la borsa di Moro. Il romanzo infinito delle stragi - Matteo Massi
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Gli oggetti del mistero. L’agenda rossa, la borsa di Moro. Il romanzo infinito delle stragi

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20.11.2023

Palermo, 20 novembre 2023 – C’è una borsa sul pianale posteriore sinistro della Fiat Croma. In quella Fiat Croma c’era un attimo prima Paolo Borsellino. Via D’Amelio, 19 luglio 1992, ore 16.59: Borsellino sta per suonare il campanello dell’abitazione della madre, quando 57 giorni dopo Capaci Palermo torna a essere Beirut. Un’autobomba carica di tritolo e il magistrato muore con cinque agenti della scorta. E quella borsa? Quella borsa contiene – assicurano anche i familiari di Borsellino, in particolare la moglie Agnese – un’agenda rossa. Quell’agenda rossa è un regalo dell’Arma dei Carabinieri e in quell’agenda Borsellino avrebbe – e quindi iniziano i condizionali – annotato minuziosamente tutti i particolari, tutte le considerazioni, tutti i colloqui avuti dal giorno in cui l’amico Giovanni Falcone è morto. Borsellino è il procuratore aggiunto di Palermo, sa benissimo che il prossimo obiettivo di Cosa Nostra sarà lui. Sente di avere i giorni contati, la moglie Agnese lo vede con quell’agenda a Villagrazia di Carini prima che parta per Palermo, destinazione via Mariano........

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