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Sulle piattaforme digitali prova ad accompagnare chi, proprio come lei un tempo, non riesce più a vedere il cibo come un semplice bisogno fisiologico ma, bensì, come un’ossessione. Beatrice Soli, una modenese di ventotto anni, lotta con la lancetta della bilancia dall’età di cinque anni.

O meglio, lottava, perché una volta finite le cure per anoressia nervosa ha deciso di intraprendere la carriera da personal trainer e da attivista sui social, così da poter essere la spalla di qualcuno in difficoltà. La spalla che lei, ai tempi, non ha avuto.

Soli, riavvolgiamo il nastro. Ci racconti il suo percorso: come è caduta nella trappola dell’anoressia nervosa?

«Sono sempre stata dietro alle diete, fin da piccola. Avevo un corpo grasso e sono cresciuta con l'idea che il cibo fosse un premio che bisognava meritarsi. Già dalle elementari avevo iniziato a subire bullismo fisico e psicologico a causa del mio aspetto. Crescendo, durante l’adolescenza, è normale che il corpo diventi centrale nella mente di un ragazzo. E io non facevo altro che sentirmi sbagliata. Per questo a tredici anni iniziai a prendere psicofarmaci per la depressione. provavo a sfogarmi con lo sport, ma il mio corpo sembrava limitarmi anche lì: tutti mi dicevano che per andare avanti dovevo dimagrire. E io ci provavo, ma senza riuscirci. Continuai anche alle superiori, ormai dimagrire era il mio scopo nella vita. A un certo punto decisi di fare da sola. Sapevo già le calorie di ogni pietanza e tutte le misure, pensai che le diete prefatte non servissero più. Anche l'attività motoria iniziò a servirmi esclusivamente per cambiare peso. Facendo così per sei mesi riuscii a dimagrire trenta chili, e solo allora scoprii il privilegio della magrezza. Tutti mi amavano e consideravano perché ero magra. Mi sembrava un sogno, ma era il preludio alla mia anoressia».

Come capi che aveva bisogno di aiuto?

«Ci fu un episodio determinante. Volevo farla finita, pesavo trenta chili e avevo intrapreso una relazione tossica. All’una di notte, in preda alle lacrime, mi misi in mezzo alla strada, sperando che mi investissero. Quando vidi le macchine sfrecciare davanti a me, però, capii che non volevo morire, non potevo lasciarmi morire. Solo da quel momento in poi imparai a vedere me e la malattia come due entità separate».

E il suo percorso di cura?

«Chiesi finalmente aiuto mia mamma, che ringrazio. Mi ricoverarono, ma avevo già diciotto anni e dovevo lavorare, quindi dopo due settimane uscii dal reparto e ricominciai a vivere. Non smisi subito con il supporto psicologico e i pasti assistiti. Piano piano ho riscoperto me stessa lì fuori, nel mondo esterno, imparando ad autogestirmi. Oggi sono ufficialmente guarita e sono felice. Aiuto i ragazzi sui social provando a fargli capire che il cibo non è un loro nemico, anzi. Voglio far sentire i ragazzi compresi, e spero che qualcuno possa trovare in me il conforto che io alla loro età non ho avuto». l

QOSHE - Beatrice: «Persi 30 chili ed ero felice, poi iniziò l’incubo anoressia. Ma ho vinto la mia battaglia» - Ginevra Maria Bianchi
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Beatrice: «Persi 30 chili ed ero felice, poi iniziò l’incubo anoressia. Ma ho vinto la mia battaglia»

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17.01.2024

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Sulle piattaforme digitali prova ad accompagnare chi, proprio come lei un tempo, non riesce più a vedere il cibo come un semplice bisogno fisiologico ma, bensì, come un’ossessione. Beatrice Soli, una modenese di ventotto anni, lotta con la lancetta della bilancia dall’età di cinque anni.

O meglio, lottava, perché una volta finite le cure per anoressia nervosa ha deciso di intraprendere la carriera da personal trainer e da attivista sui social, così da poter essere la spalla di qualcuno in difficoltà. La spalla che lei, ai tempi, non ha avuto.

Soli, riavvolgiamo il nastro. Ci racconti il suo percorso: come è caduta nella trappola dell’anoressia nervosa?

«Sono sempre stata dietro alle........

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