menu_open Columnists
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close

Sasha Machta: “Gli Accordi di Abramo hanno rimescolato le carte”

4 0
17.12.2025

Cinque anni fa è partito da Barcellona e ha scelto di fare aliyah, lasciando dietro di sé una Spagna dal volto sempre più ostile per abbracciare Eretz Yisrael. Vista l’impennata dell’antisemitismo nel suo Paese d’origine, non avrebbe potuto prendere una decisione migliore. Classe 2003, Sasha Machta è uno studente del terzo anno del programma di doppia laurea in Economia e Business presso la Reichman University. Analista politico ed esperto di affari internazionali, è stato selezionato per la prestigiosa Argov Fellowship in Leadership and Diplomacy. Attualmente sta svolgendo un tirocinio con Eylon Levy, ex portavoce del governo israeliano, e fa parte del comitato direttivo dell’organizzazione SKIES. Abbiamo voluto parlare della sua esperienza personale come Oleh e dell’unione tra estrema sinistra e fanatismo islamico in Spagna, per poi esaminare il piano di pace di Donald Trump a Gaza e l’espansione degli Accordi di Abramo in Medio Oriente.

Vorrei cominciare la nostra conversazione affrontando un tema caro a molti giovani ebrei: il desiderio di fare aliyah e di costruire un futuro nella propria terra d’origine. Come è cambiata la tua vita da quando hai intrapreso questo percorso, cinque anni fa? Quali aspetti dell’esperienza quotidiana in Israele ti hanno colpito maggiormente, rispetto alle aspettative che avevi prima di partire?

Sono cresciuto all’interno della comunità ebraica di Barcellona, una realtà piccola ma profondamente legata alle sue radici storiche e ai valori sionisti. Grazie alla mia famiglia ho imparato ad amare Israele fin da piccolo, così come provo un forte orgoglio per la mia identità spagnola. Ho sempre saputo che Israele rappresentava una seconda casa, un luogo dove sarei potuto andare senza alcuna esitazione. Trasferirmi, perciò, è stata una scelta del tutto naturale: da quando sono arrivato in Israele, mi sembra di vivere un sogno. Forse, a un lettore non ebreo potrà sembrare strano che nell’anno in cui è iniziata la pandemia – e persino durante la guerra su sette fronti scoppiata poco dopo – si possa avere un’esperienza meravigliosa.

Ogni ebreo che giunge in Israele avverte un sentimento familiare e un senso di sicurezza, consapevole che sarà in grado di riscoprire le sue origini. Qui si possono fare molte cose che risultano complicate per la diaspora. Puoi abbassare finalmente la guardia, non hai bisogno di nascondere la tua religione perché nessuno intorno a te capisce cosa significhi essere ebreo. In Israele si percepisce ovunque l’appartenenza a una comunità ampia e coesa. A proposito di famiglia: mi ha sorpreso vedere quanto sia semplice entrare in contatto con la gente del posto, se si condividono interessi o esperienze comuni. Ma esistono varie sfide, specialmente se ti trasferisci da solo. Ho avuto la fortuna di essere raggiunto da mia madre qualche mese più tardi,........

© L'Opinione delle Libertà