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Lasciamo per un attimo perdere le polemiche architettonico/urbanistiche sulla reinterpretazione, in chiave moderna, della palladiana di via Grande e accendiamo i fari su un tema non meno importate come quello ambientale in una città industriale come Livorno. Temi ambientali che sono strettamente connessi con quelli del lavoro e dell’occupazione. I casi Eni e Aamps, a proposito, sono emblematici. Impianti e linee produttive obsolete e fuori mercato, a Stagno. Un inceneritore superato e inquinante, dall’altro. Dentro alla necessità di una riconversione più ecosostenibile, il fattore lavoro che non è affatto un elemento secondario.

Sindaco, partiamo dalla raffineria Eni. Due anni fa l’allarme per il rischio dello stop alla linea carburante. Poi il rilancio del cane a sei zampe con il progetto della bioraffineria. A che punto siamo?

«Siamo passati da una fase in cui Eni era una fabbrica che non aveva una prospettiva sia per quanto riguarda le bonifiche delle aree sia soprattutto per un progetto industriale, ad un’altra in cui tutto si va definendo sia per le bonifiche che per l’attivazione di un processo di trasformazione».

L’obiettivo di Eni è di produrre 500mila tonnellate all’anno di biofuel partendo da cariche di origine biologica residuale. Un investimento che dovrebbe essere di 430 milioni. Sappiamo che si sono chiuse le osservazioni nell’istruttoria al Ministero dell’Ambiente. Quando si chiuderà l’iter di valutazione d’impatto ambientale?

« Abbiamo notizie che nel giro probabilmente di un mese si potrà chiudere l’istruttoria ed avviare finalmente un processo che consentirà di mantenere a lavoro 400 dipendenti Eni e circa un migliaio dell’indotto con una prospettiva certa».

Ma le bonifiche?

«Fanno parte del progetto della sezione di bioraffineria all’interno della fabbrica. Tenendo conto che una parte è stata già fatta. Sul piano ambientale poi saranno adottate tecnologie per ridurre sensibilmente le emissioni».

Anche per Aamps, con dimensioni diverse, si registra una situazione di incertezza legata al futuro degli impianti e delle politiche di smaltimento rifiuti, no?

Su Aamps devo aprire una parentesi ricordando che era un’azienda che aveva avuto problemi di bilancio tanto che è stata poi definita una procedura di concordato. Noi cosa abbiamo fatto: abbiamo lavorato per uscire quanto prima, anche rispetto ai tempi previsti, per uscire da questa procedura e ci siamo riusciti un anno e mezzo prima. Questo a dimostrazione, a nostro avviso, che questa scelta poteva benissimo essere evitata quando sarebbe bastata una ricapitalizzazione dell’azienda».

Ora però siamo alle “porte coi sassi” per quando riguarda l’inceneritore e la partita ambientale-industriale pesa non poco sui conti della municipalizzata...

«Intanto abbiamo messo in sicurezza il bilancio dell’azienda che per 4 anni è stato in attivo e ricostruito il tessuto sociale ed economico della stessa. L’inceneritore? Confermo che chiude perché non ha futuro».

Si ma quando chiude?

«Noi abbiamo detto e lo abbiamo messo per scritto che la vita dell’inceneritore non può andare avanti oltre il 2027. Se in questo periodo Retiambiente ci dice che l’investimento per tenerlo in vita non è sostenibile può darsi che chiuda anche prima»

Dato che oggi è chiuso per problemi tecnici, può darsi che si ritenga non conveniente investirci sopra e dunque non apra più?

«Può essere».

Perché voi parlate di dicembre 2027 e la proiezione di Aamps presentata in Conferenza dei Servizi fa riferimento a tutto il 2028? Si prevede tra l’altro una cifra di 19,4 milioni di cui 15 per il revamping. Cifra che, in due anni, sarebbe peraltro ammortizzata con maggiori sacrifici rispetto a tre.

«Quando a novembre abbiamo visto questa previsione ci siamo subito messi in contatto con Aamps ed abbimo ribadito che per noi ciò era inaccettabile»

Non teme che se domani in Conferenza dei Servizi non si prenderà una decisione il tema della chiusura del Picchianti possa diventare un elemento di logoramento in piena campagna elettorale?

«No perché intanto il sindaco e la giunta non sono più soli ma siamo all’interno di una holding come Retiambiente il cui piano industriale, peraltro, prevede di non andare oltre il 2027 con l’impianto di Livorno»

E se i conti si assottigliano e diventano sostenibili di fronte ad uno scenario che vede più esoso portare la n spazzatura altrove?

«In Conferenza chiederemo con forza che non si facciano alleggerimenti sui livelli di sicurezza ambientale. Serve ed è necessario avere il massimo delle garanzie di un impianto non inquinante».

In tema rifiuti e discariche si è definita la vicenda Lonzi, resta il capitolo Limoncino...

«E’ stata revocata nel 2020 l’autorizzazione alla Lonzi e oggi l’intera area è stata bonificata con l’intervento della Regione».

Cosa ci verrà fatto?

«E’ vero che quest’area può essere adibita a nuovi insediamenti industriali. Io però vorrei ragionare su quest’area pensando a strutture diverse, di minore impatto».

Il Limoncino, intanto, continua ad essere autorizzato per una parte...

«Il Limoncino è un chiaro esempio di come questa amministrazione abbia sempre operato in questi quattro anni dicendo di no, comportamento che si esplicitato con la presentazione di ben 4 ricorsi al Tar. Le precedenti amministrazioni di centro sinistra hanno convissuto con questa situazione. I 5 Stelle dicevano di essere contrari, ma non hanno fatto nulla. Noi una discarica lì non ce la vediamo. La Regione la autorizza? Allora deve assicurare anche un sistema che consenta di raggiungere facilmente il sito. In prospettiva credo che dovremmo metterci a un tavolo con i vari enti e studiare un impiego alternativo dell’area in questione».

La commistione porto-città accentua anche altre forme di inquinamento come quello dei fumi delle navi. Cosa state facendo?

«Intanto la questione è nazionale. Mi ricordo che quando nacque il primo comitato “Livorno Porto Pulito” di cui faceva parte, tra l’altro, anche Giovanna Cepparello, si invocava l’elettrificazione delle banchine. Oggi per questo progetto l’Autorità Portuale ha investito 40 milioni. Noi abbiamo chiesto, sollecitando la Capitaneria, un provvedimento che imponga alle imbarcazioni che arrivano a 3 miglia dalla costa di evitare combustibili inquinanti, abbattendo così le emissioni di ossidi di zolfo. Sono convinto che presto sarà adottata una specifica ordinanza su questo. Ma il problema maggiore dell’inquinamento in centro, ribadisco, resta il traffico veicolare»

E su questo siamo in ritardo...

«Guardi. Io sono stato nei giorni scorsi a Berlino. Lì hanno pedonalizzato gran parte delle strade del centro, la qualità dell’aria è ottima. Ma sono processi, quelli attuati qui, che non nascono dal giorno alla notte. Noi potremo pensare di adottare misure analoghe, con chiusure di strade e allargamenti di aree pedonali, solo quando avremo una rete dei trasporti capillare e integrata. Penso per esempio a un collegamento veloce dalla stazione San Marco a Banditella. Adottare misure di grande impatto sulla vita delle persone, commercianti e residenti, senza un piano integrato sarebbe controproducente».

Chiudiamo con una domanda elettorale. I Verdi dicono che potranno appoggiare l’alleanza che la sostiene se lei spegne subito l’inceneritore. Italia Viva, per esempio, sulla vicenda la pensa in modo diametralmente opposto...

«Su questo tema abbiamo scelto di andare avanti con buonsenso. Chiudere l’inceneritore adesso? Valutiamo, non facciamo un salto nel buio. Lo stesso discorso vale per IV. Senza garanzie per lavoro e ambiente non faremo scelte repentine».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

QOSHE - Salvetti: «Senza le condizioni l’inceneritore resta chiuso» - Andrea Rocchi
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Salvetti: «Senza le condizioni l’inceneritore resta chiuso»

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21.01.2024

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Lasciamo per un attimo perdere le polemiche architettonico/urbanistiche sulla reinterpretazione, in chiave moderna, della palladiana di via Grande e accendiamo i fari su un tema non meno importate come quello ambientale in una città industriale come Livorno. Temi ambientali che sono strettamente connessi con quelli del lavoro e dell’occupazione. I casi Eni e Aamps, a proposito, sono emblematici. Impianti e linee produttive obsolete e fuori mercato, a Stagno. Un inceneritore superato e inquinante, dall’altro. Dentro alla necessità di una riconversione più ecosostenibile, il fattore lavoro che non è affatto un elemento secondario.

Sindaco, partiamo dalla raffineria Eni. Due anni fa l’allarme per il rischio dello stop alla linea carburante. Poi il rilancio del cane a sei zampe con il progetto della bioraffineria. A che punto siamo?

«Siamo passati da una fase in cui Eni era una fabbrica che non aveva una prospettiva sia per quanto riguarda le bonifiche delle aree sia soprattutto per un progetto industriale, ad un’altra in cui tutto si va definendo sia per le bonifiche che per l’attivazione di un processo di trasformazione».

L’obiettivo di Eni è di produrre 500mila tonnellate all’anno di biofuel partendo da cariche di origine biologica residuale. Un investimento che dovrebbe essere di 430 milioni. Sappiamo che si sono chiuse le osservazioni nell’istruttoria al Ministero dell’Ambiente. Quando si chiuderà l’iter di valutazione d’impatto ambientale?

« Abbiamo notizie che nel giro probabilmente di un mese si potrà chiudere l’istruttoria ed avviare finalmente un processo che consentirà di mantenere a lavoro 400 dipendenti Eni e circa un migliaio dell’indotto con una prospettiva certa».

Ma le bonifiche?

«Fanno parte del progetto della sezione di bioraffineria all’interno della fabbrica. Tenendo conto che una parte è stata già fatta. Sul piano ambientale poi saranno adottate........

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