Una società a ritmo di rap per contrastare l'astensionismo dell'anima
"La classe dirigente dovrebbe essere più rapper, autentica, vera, non apparire come parte del sistema ma prima e piuttosto come protagonista del “combattimento” del sistema stesso per rigenerarlo continuamente e non per abbatterlo; questo è l’unico modo per sconfiggere l’astensionismo".
Sono parole di mio figlio Lorenzo, 17 anni, che assieme a Michelangelo, 14 anni, hanno avuto la fortuna di essere contagiati dalla voglia di cambiare in meglio il mondo, a partire da quello che vivono e del futuro che si immaginano, dialogando spesso con il loro papà delle sorti degli altri prima che delle proprie. Entrambi mia fonte di primaria ispirazione intellettuale. La mia non è una narrazione autobiografica ma è la descrizione di un paradigma di rapporto tra generazioni, paradigma su cui concentrarsi e senza il quale non si può pensare al futuro. E’ la strada maestra dalla quale tutte le altre si dirimano o si interrompono. E’ la strada del nutrirsi della realtà, anzi delle realtà, al plurale, così come ognuno le vive. Sullo stile del rap, della storia del rap, partito (e parte) dall’alimentarsi della realtà locale (alle origini le feste di quartiere), oggi delle realtà periferiche dei luoghi e dei non luoghi, che esistono e son consistenti ma hanno poca voce pur essendo popolarissimi, per assurgere poi a genere musicale a tutti gli effetti. Dal “parlare in modo schietto e informale” o “colpire leggermente” (dall’inglese to rap). Lorenzo e pure io sappiamo che la realtà offre esempi di questo tipo e leadership (rare) che si vanno affermando in questa direzione e la nostra Puglia ne è magistralmente l’esempio positivo di un laboratorio che non solo ha funzionato ed è ben riuscito ma promette molto bene per il futuro.
Tutto ciò che ci nutre non è mai inutile o dannoso. E’ ciò che fa dell’intelligenza artificiale uno strumento utilissimo che raccoglie tutto ciò che c’è e lo elabora. Potremmo azzardarci a dire che l’AI si evolve nella direzione del nutrimento costante dalla realtà, pur non essendone parte, mentre l’intelligenza umana (che invece ne è parte) rinuncia a questo nutrimento costante, ponendosi interrogativi (inutili e dannosi) sulla utilità o meno della religione e della presenza di Dio, sull’utilità o meno del pensiero degli altri, sull’utilità o meno del confronto, sull’utilità o meno della contaminazione tra culture, e così potremmo continuare all’infinito. Il rap e l’AI hanno chiaro che la storia degli altri è la propria e, la propria, è la storia degli altri. In questo sono più umani di chiunque altro. Questo paradigma va recuperato........





















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