Come tutti gli election day addicted, se così si può dire, sono tra quelli che le partite elettorali le seguono con un certo godimento dal primo spoglio fino alle reazioni e ai commenti dei giorni successivi. Questo quando sembra poter vincere la parte per cui faccio il tifo, perché se vedo la malaparata spengo tv e computer, non leggo giornali e mi tengo alla lontana dalle discussioni al bar del quartiere. I cattivi risultati sono meno dolorosi quando si evita il clamore degli avversari vittoriosi. Il modello comportamentale è quello del tifo calcistico.

Si appartiene a una sola squadra, senza scampo: se durante la settimana la buona classifica pompa energia vitale, quella brutta determina crisi d’identità dure e durature. Ci si sente sopraffatti dai risultati avversi, ben consapevoli che ogni nuova partita persa sarà una ferita all’orgoglio quand’anche ne trovassimo giustificazioni tecniche cercando sollievo in qualche arzigogolo compassionevole. Dunque, non votando da diversi anni, che è un po’ come se avessi disdetto l’abbonamento Dazn e non seguissi più le giravolte del Napoli, dovrei aver acquisito una certa distanza dalle vicende elettorali della sinistra attuale di cui capisco quasi niente e quel po’ che intendo urta molto il mio sistema nervoso. Eppure, come mi sta accadendo oggi nei confronti del Napoli rincretinito per il quale sarebbe forse auspicabile l’oscuramento televisivo e una sana retrocessione, alla mia parte politica non riesco a risparmiare sentimenti ambigui e censori nel modo malsano degli ex incattiviti.
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Poi in Sardegna, nel medesimo giorno di un pareggio assurdo provocato da un povero Jesus, accade che nel campo più largo dell’altra squadra, grazie a una Madonna di nome Alessandra Todde, maturi una vittoria destinata a durare a lungo, almeno tutta la notte e il giorno dopo, stante l’assurda incertezza dei conteggi elettorali. E mi ritrovo quasi per caso a fare il tifo nutrendomi di dichiarazioni, statistiche e commenti favorevoli di giornalisti, esperti e politici delle cui doti intellettuali ho più volte dubitato negli ultimi tempi e che ora mi sembrano dei geni dell’analisi politologica.
Non parlo del piacere provocato dall’imbarazzo della tifoseria avversa che si rifugia nella litania dei perdenti sul possesso palla (il calcolo dei voti di lista), e sul risultato di quasi pareggio, tramutato in sconfitta per un errore marchiano del loro centravanti sotto rete (tutta colpa di Truzzu per intenderci).Â

Mi riferisco alla soddisfazione di vedere una donna, una bella donna dagli occhi intelligenti, esprimere in televisione con naturalezza, senza enfasi, dichiarazioni di sinistra, spontanee e necessarie. Alessandra Todde ha studiato a Pisa, perciò conosce a menadito la stradina in cui la polizia ha manganellato i giovani manifestanti. E se appena eletta ne parla in conferenza stampa non è per fare professione di antifascismo, ma perché sente e sa comunicare che la cosa la riguarda in prima persona. Ecco, quel che Madonna Todde ha messo al mondo domenica scorsa è un modo di essere nuovo, l’immacolata concezione di una politica che non sembra aver debiti di appartenenza, parentele, filiazioni coi corpi morti di partiti presi e persi.
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Da maschilista di lungo corso ho poi cercato in televisione e sul web immagini a tutto tondo della neopresidente sarda. Non ne ho trovate di rilievo. Perciò ora mi resta in mente solo il suo sorriso, lo sguardo leale e profondo che le illumina il viso mentre scandisce poche e chiare idee davanti alle telecamere. A sentire gli esperti, pare che il campo largo o giusto - i protagonisti si dividono sull’aggettivo da usare - sarebbe dominio dei 5Stelle dei quali la Todde è figura autorevole e riconosciuta, in molti prevedendo perciò futuribili fatiche per i democratici destinati a giocare d’interdizione sulla mediana. Se anche fosse, mi chiedo da vecchio tifoso, l’importante non è tornare a vincere partite, segni un attaccante o un centrocampista? Dopo uno scudetto presto dimenticato a Napoli ci stiamo abituando a un gioco sterile e al tran tran di risultati umilianti o al massimo modesti, ai quali in politica eravamo già da tempo rassegnati. Se oggi da uno stadio della remota provincia grillina arriva di rinforzo alla sinistra una bella figura di persona politica vera, vogliamo preoccuparci o invece iniziare a pensare che non se ne può più dei mestieranti del Pd, della loro sottocultura partitica, delle brutte maschere che indossano, del cattivo linguaggio che urlano in tv e nelle piazze.

Personalmente intravedo nella Todde qualcosa di originale, una freschezza e una libertà di pensiero moderne, insomma una diversità esemplare per future costruzioni politiche purché, come predicava il buon Spalletti, si corra tutti insieme andando a prendere la palla dai piedi degli avversari. Chi ama il calcio e la politica vuole giocare divertendosi, osando, senza la paura di perdere le rendite di posizione, per vincere nei due tempi regolamentari disdegnando i supplementari del terzo mandato. Del Napoli abbiamo capito che bisognerà rifarlo tutto daccapo anche se mercoledì ne ha dati sei al Sassuolo, mentre la sinistra in Sardegna pur limitandosi la domenica prima a uno striminzito uno a zero sembra proprio che sia ripartita con un piglio tutto nuovo. Annunciazione, annunciazione, che la Madonna ci accompagni!

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1 marzo 2024

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Il Napoli e Todde, quelle emozioni da tifoso

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01.03.2024

Come tutti gli election day addicted, se così si può dire, sono tra quelli che le partite elettorali le seguono con un certo godimento dal primo spoglio fino alle reazioni e ai commenti dei giorni successivi. Questo quando sembra poter vincere la parte per cui faccio il tifo, perché se vedo la malaparata spengo tv e computer, non leggo giornali e mi tengo alla lontana dalle discussioni al bar del quartiere. I cattivi risultati sono meno dolorosi quando si evita il clamore degli avversari vittoriosi. Il modello comportamentale è quello del tifo calcistico.

Si appartiene a una sola squadra, senza scampo: se durante la settimana la buona classifica pompa energia vitale, quella brutta determina crisi d’identità dure e durature. Ci si sente sopraffatti dai risultati avversi, ben consapevoli che ogni nuova partita persa sarà una ferita all’orgoglio quand’anche ne trovassimo giustificazioni tecniche cercando sollievo in qualche arzigogolo compassionevole. Dunque, non votando da diversi anni, che è un po’ come se avessi disdetto l’abbonamento Dazn e non seguissi più le giravolte del Napoli, dovrei aver acquisito una certa distanza dalle vicende elettorali della sinistra attuale di cui capisco quasi niente e quel po’ che intendo urta molto il mio sistema nervoso. Eppure, come mi sta accadendo oggi nei confronti del Napoli rincretinito per il quale sarebbe forse auspicabile l’oscuramento televisivo e una sana........

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