L'ex governatore campano: «Un giorno papà , che temeva potessi farmi male, fece sparire il Guazzoni monomarcia»

Dopo i sessant’anni occorre dare una svolta alla propria esistenza. Meglio tardi che mai. E Stefano Caldoro, capo della opposizione di centro destra in consiglio regionale, ha dato una vera sterzata alla sua vita: risiede stabilmente a Roma, dove riorganizza la sua vita privata, e soprattutto ha recuperato in pieno la sua vecchia passione per le moto. Anzi, per essere precisi: per le Harley Davidson. Ne ha acquistato una nuova, pur se di seconda mano, una Street Bob 114, dando in permuta la sua 883, e la scorsa estate ha persino inforcato il suo chopper alla Easy Rider e partecipato al raduno di Budapest per i 120 anni della casa di Milwaukee.

«Sono un harleysta, ho una vera passione per i motori. A quattordici anni correvo in kart, ho partecipato ai campionati italiani. Mio padre, Tonino, vero libertario, non ricordo che mi abbia mai impedito di fare qualcosa. Ma il kart lo temeva. Temeva che potessi farmi male. Da un giorno all’altro il mio Guazzoni monomarcia scomparve».

Che fine fece?
«Mai saputo».

Ci rimase male?
«Non più di tanto. Ma tenevo tantissimo al mio kart. Peraltro, essendo magro, andavo anche molto bene in gara».

Mentre la Harley?
«Ho sempre amato la bicilindrica americana. Ne ho presa una più potente con la quale, assieme ad altri amici, sono partito da Roma di mattina e dopo la tappa intermedia di Trieste siamo tutti giunti a Budapest per il 120mo anniversario della casa motociclistica. Ci siamo ritrovati in centomila Harley Davidson. Un rito antico».
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È comodo farsi 1200 chilometri in sella ad una moto in due giorni?

«La Harley ha una guida comoda, ma è pur sempre una moto. Quindi tutto possiamo dire tranne che offra una passeggiata rilassante. Abbiamo impiegato circa 9 ore fino a Trieste, considerato che ogni 200 chilometri è stato necessario fermarsi per fare rifornimento di carburante: è quella, più o meno, l’autonomia del serbatoio e forse anche di chi guida e del suo passeggero».Â

Chi era con lei?
«Un amico, un impegnato vicepresidente di una società multinazionale quotata in borsa, napoletano d’origine, e altri harleysti. Ma non faccio nomi».

Cavalcare una Harley è come sentirsi un flâneur su due ruote?
«Esattamente. È una moto, la Harley, che consente di ammirare il contesto, di godere del viaggio, senza rincorrere la velocità e la performance. Forse è anche per questo che nella sua lunga storia ha conquistato milioni di persone e star come Brad Pitt, George Clooney; e presidenti Usa come George W. Bush. Insomma, una variopinta compagnia di appassionati».
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E lei a chi sente di somigliare?
«A me stesso, del resto la Harley fonda buona parte del suo fascino sulla libertà di personalizzare la propria motocicletta con rifiniture, sellino, paraschiena. Io ho confezionato una cover, la mia moto è tutta nera e argento».
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Viaggia con giubbotto di borchie, catene al collo e fascia che le cinge la testa?
«No, no. Niente costume americano. Il mio equipaggiamento è nero, senza borchie. Indosso casco integrale e protezioni ordinarie».
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Ci sono altri politici appassionati di Harley Davidson?
«Sicuramente, ma non ho ricordo di qualcuno in particolare».
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Qual è il fil rouge che lega la Harley alla politica?
«Entrambe esigono concentrazione, come tutte le attività in cui la persona si misura con se stessa. Come nello sport, non a caso sono appassionato anche di windsurf, di cui sono uno dei primi istruttori, e di sci: due discipline che richiedono una gestione controllata».

Coltivando queste sue passioni, mai che le sia capitato qualcosa di particolare?
«In un fuoripista di sci in Abruzzo mi sono imbattuto in un lupo. La scelta è stata di rimanere immobile e attendere che andasse via. In windsurf ho avuto la sventura, ad alcune miglia fuori Sant’Angelo d’Ischia, di incrociare a meno di un metro la pinna di uno squalo, anche se i pescatori la declassarono a Verdesca, lo squalo buono. In moto, ultimamente, durante una passeggiata in montagna, ho incontrato sul percorso un bel daino. Ci siamo guardati negli occhi. Mi sono fermato. Una scelta d’istinto sul chi passa per primo può causare gravi danni a entrambi. La moto non è un’auto e ci si sente un po’ alla pari. Abbiamo ripreso lentamente e per almeno due tornanti abbiamo passeggiato insieme, prima che lui scomparisse nel bosco».

Ma lei è anche di quelli che trascorre giornate a montare e a smontare motori?
«No, mi dedico un po’ alla carrozzeria, ma su motore ed elettronica non metto mani».
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Ora dove ha depositato la sua Harley?
«La uso, non la lascio. Ci giro normalmente in città ».

Il prossimo viaggio lungo?
«Andremo a Verona, a gennaio, per il raduno nazionale. L’appuntamento più importante che si tiene in Italia».

E la politica ?

«Beh, tra qualche giorno organizzo con Giovanni Donzelli e Gianfranco Rotondi al Capranichetta, a Roma, un convegno su “Socialismo tricolore”. Per riaffermare alcune primazie storiche sul premierato e le riforme del socialismo liberale e riformista».
Giusto per ammirare il contesto, con un po’ di nostalgia, e goderselo.

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21 novembre 2023

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Caldoro: «Con la mia Harley Davidson fino al raduno di Budapest, una vera passione. Ma ripenso ancora al kart»

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21.11.2023

L'ex governatore campano: «Un giorno papà , che temeva potessi farmi male, fece sparire il Guazzoni monomarcia»

Dopo i sessant’anni occorre dare una svolta alla propria esistenza. Meglio tardi che mai. E Stefano Caldoro, capo della opposizione di centro destra in consiglio regionale, ha dato una vera sterzata alla sua vita: risiede stabilmente a Roma, dove riorganizza la sua vita privata, e soprattutto ha recuperato in pieno la sua vecchia passione per le moto. Anzi, per essere precisi: per le Harley Davidson. Ne ha acquistato una nuova, pur se di seconda mano, una Street Bob 114, dando in permuta la sua 883, e la scorsa estate ha persino inforcato il suo chopper alla Easy Rider e partecipato al raduno di Budapest per i 120 anni della casa di Milwaukee.

«Sono un harleysta, ho una vera passione per i motori. A quattordici anni correvo in kart, ho partecipato ai campionati italiani. Mio padre, Tonino, vero libertario, non ricordo che mi abbia mai impedito di fare qualcosa. Ma il kart lo temeva. Temeva che potessi farmi male. Da un giorno all’altro il mio Guazzoni monomarcia scomparve».

Che fine fece?
«Mai saputo».

Ci rimase male?
«Non più di tanto. Ma tenevo tantissimo al mio kart. Peraltro, essendo magro, andavo anche molto bene in gara».

Mentre la Harley?
«Ho sempre amato la bicilindrica americana. Ne ho presa una più potente con la quale, assieme ad altri amici, sono partito da Roma........

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