Le Italie divergenti Stipendi, consumi, risparmi: i conti non tornano
Qualcosa non torna nei numeri che in queste ultime settimane dell’anno raccontano lo stato di salute economico-finanziaria degli italiani. Prendiamo solo le cifre emerse in tre ricerche pubblicate tra ieri e l’altroieri. Tre studi autorevoli, prodotti da centri di ricerca seri e indipendenti. Il primo è il rapporto dell’Inapp, l’istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche: ci ha ricordato, giovedì, che in Italia i salari reali – cioè quelli al netto dell’inflazione – sono sostanzialmente fermi da trent’anni. Tra il 1991 e il 2002 hanno accumulato una “crescita” (tra virgolette, perché pare eccessivo definirla tale) dell’1%. Cioè quasi nulla rispetto al 32,5% dei salari medi nell’area dell’Ocse, che mette assieme le “economie sviluppate”, o più semplicemente i Paesi ricchi e democratici. Andiamo male, dunque: di questo passo è lecito dubitare che l’Italia riuscirà a mantenere ancora a lungo lo status di “nazione ricca”. Rischiamo di scivolare verso il basso, in una sorta di serie B dell’economia globale, un po’ come sta avvenendo con la nostra nazionale di calcio.
Le crepe nella tenuta del sistema........
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