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Perseguitati A morte per la loro conversione. La Libia soffoca anche i cristiani

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23.02.2024

Cristiani pregano in un campo di prigionia libico per migranti, davanti a una croce dipinta sul muro - Archivio

Rischiano la pena di morte con l’accusa di avere messo a repentaglio la sicurezza della Libia. Gli imputati sono sei, tutti libici. Da un anno attendono di sapere quando verranno impiccati, oppure fucilati. Intanto pregano per venire graziati. Ma anche questo è un reato. Perché l'articolo 207 del codice penale di Tripoli punisce qualsiasi tentativo di diffondere opinioni che mirano ad «alterare i principi costituzionali fondamentali, o le strutture fondamentali dell'ordine sociale», o addirittura rovesciare lo Stato. Chiunque possieda libri, volantini, disegni, immagini, slogan «o qualsiasi altro oggetto» di stampo eversivo rischia fino alla pena di morte. Questo dice la legge. E questo è quello che si aspettano i sei uomini convertiti al cristianesimo e che per il solo fatto di non avere nascosto la conversione sono trattati alla stregua dei terroristi del Daesh locale.

La Libia è salita fino alla terza casella nella classifica dei Paesi dove è più brutale la persecuzione dei cristiani. Il rapporto annuale di Open Doors, l’organizzazione non governativa nordamericana che monitora gli attacchi alle comunità e ai singoli cristiani in tutto il mondo, segnala come la nazione nordafricana abbia purtroppo guadagnato «due posizioni nella World Watch List (il “barometro” che misura le persecuzioni, ndr), con il più alto........

© Avvenire


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