Scuola Anch’io bullo. Ma così ho imparato che si può insegnare compassione
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Quando ero in terza media mi ero preso una cotta incredibile per Ginevra, una mia compagna di scuola. Lei non contraccambiava. Un giorno io e Gabriele, il mio migliore amico, eravamo all’oratorio, quando arrivò la compagnia di Ginevra. Si fermarono poco distanti da noi.
Ginevra era seduta accanto a Nicolò, un ragazzo di prima superiore. All’inizio ci ignorarono, poi Ginevra si mise a confabulare con lui. Guardarono verso di noi: Ginevra ridacchiò, distogliendo lo sguardo. Nicolò invece continuò a ridere e a fissarci. Sprofondai nell’imbarazzo. Cosa gli aveva detto? Forse gli aveva parlato di quelle lunghe lettere che le scrivevo, piene di sentimento e di citazioni di canzoni, e che le passavo al cambio dell’ora?
Avrei voluto sparire. Stavo per alzarmi e andarmene, ma il mio amico Gabriele combinò un guaio. «Cos’hai da guardare?», chiese, rivolto a Nicolò. «Tranquillo, non sei così bello da interessarmi», rispose quello. Gabriele, impulsivo come al solito, scattò in piedi. I toni si alzarono presto, anche perché nel frattempo erano arrivati una decina di ragazze e ragazzi di prima media, che assistevano alla scena come spettatori. La presenza dei primini eccitava ancora di più l’orgoglio di Gabriele. Finì, per fortuna, con una sfida a palla tennis, due contro due: io e Gabriele contro Nicolò e un suo amico. Per fortuna ma non troppo, dato che per noi fu una disfatta.
Sentivo gli occhi di Ginevra, dei suoi amici e di tutti quei primini su di me. Erano come punture che mi iniettavano un veleno capace di bloccarmi. Avevo il cuore in gola, ero tesissimo e scomposto. A ogni mio errore Gabriele si irritava. Cominciammo a litigare fra di noi: il peggio del peggio. Perdemmo clamorosamente. «Questo ve lo lasciamo come premio di consolazione», disse Nicolò, lanciandoci il pallone. Poi si avviò verso l’uscita dell’oratorio, seguito dagli altri della sua compagnia. Ginevra non mi........
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