Educare Scommettere sulla libertà dei figli con il rischio di «vederli da dietro»
«Non sappiamo più davvero che fare, prof...». La signora era sconsolata. Allargò le braccia, scosse la testa. Anche il marito teneva gli occhi bassi. Erano due genitori molto attenti, molto presenti: sul pezzo, come si dice. Due medici stimati e in carriera. Tenevano molto alla scuola. Ma, niente, il figlio Giacomo non studiava, non si impegnava, non aveva alcuna motivazione. Rischiava di perdere l’anno. «Questo liceo scientifico è un’ottima scuola », disse il padre. « Abbiamo molta stima di voi insegnanti. Giacomo ha tutte le condizioni per fare bene, continuiamo a ripeterglielo, e invece...». I nvece Giacomo arrivava a scuola tutte le mattine con una faccia da funerale, come se il nuovo giorno di lezioni fosse un peso insopportabile caricato sulle sue povere spalle. Era un ragazzo brillante, intuitivo: me ne aveva dato prova più volte chiacchierando fuori dalla classe. Ma quando si trattava di scuola, si spegneva di punto in bianco. Mi chiesi a lungo il perché. La risposta arrivò, come spesso accade, in un tema. Non ricordo quale fosse il titolo che avevo assegnato. Ricordo che Giacomo finì con il parlare di sé. « Questa classe per me è una prigione», scriveva. «Tra queste mura mi sento soffocare: mi manca l’aria, i polmoni si chiudono. Non so cosa farò in futuro, ma di certo sarà un lavoro che mi consentirà di stare all’aria aperta, immerso nella natura. La guardia forestale, magari: quello sarebbe il mio sogno. Qui, al liceo scientifico, sempre fermo al banco, sempre sui libri, mi sembra di impazzire. So che potrei fare questo percorso, lo dicevano anche i test attitudinali alle medie, ma non lo desidero, non è ciò che voglio. Avrei frequentato molto più volentieri una scuola tecnica, con tante ore di laboratorio per costruire e progettare. Ma, niente, i miei non ne hanno neanche voluto parlarne. Avevo le potenzialità, loro sono entrambi........
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