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Educare alla speranza Velo e nudismo: non bisogna criticare, ma chiedere

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27.02.2024

Tra le dipendenze tipiche degli insegnanti c’è sicuramente il caffè. La macchinetta del caffè in sala prof è meta di diversi pellegrinaggi quotidiani, almeno per me. Ma il caffè può diventare anche una bella occasione di relazione. Nelle ore buche, mi è capitato non di rado di incontrare ex allieve ed ex allievi di fronte a una tazzina. Sono occasioni privilegiate di ascolto e di confronto, che mi danno la possibilità di tornare per un po’ nelle vite di persone accompagnate per un tratto di strada. È sempre bello vedere come gli allievi sono cambiati e cresciuti. È emozionante ritrovare il loro sguardo, riscoprire che molto di quei ragazzi che erano negli anni delle superiori ancora è presente negli adulti che sono diventati, anche se tante cose sono cambiate. Ma, soprattutto, è bello confrontarsi con loro, capire come vedono la vita e il mondo, cosa pensano, in cosa credono. È bello farsi mettere in crisi e, sorprendentemente, scoprire la preziosità di modi di vivere completamente diversi.

In uno di questi caffè ebbi modo di confrontarmi con Fatima, una ragazza musulmana che indossava il velo fin dalle superiori e che aveva scelto di tenerlo anche all’università. Era appena finita l’estate, una delle estati in cui era riemersa la polemica sui burkini che periodicamente viene sollevata. Finimmo a parlare di quello e chiesi a Fatima cosa ne pensasse. «Non capisco davvero tutte quelle discussioni rispose -. Mi pare ovvio che se qualcosa viene imposto è sbagliato, mentre se viene liberamente scelto è un modo di esprimersi. Io, per esempio, al mare indosso il burkini e tengo molto a sceglierne uno che mi piaccia, con uno stile che mi permetta di essere me stessa». Prese il telefono e mi mostrò diversi modelli di burkini. Scoprii che in quel campo la moda era importante e si esprimeva in mille forme diverse. Insomma, il burkini era l’occasione per esprimere la propria........

© Avvenire


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