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Educare alla speranza La perfezione nemica del bene: lezione di un prete di periferia

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20.02.2024

A Barra, periferia Est di Napoli, il murale dedicato a Martin Luther King - ANSA

Da diversi anni, grazie anche a papa Francesco, si è tornati a parlare di periferie come luoghi da cui ripartire in quanto predilette dal Vangelo. Più che situazioni di predilezione, lo confesso, mentre guidavo verso la casa di don Giorgio notai molte difficoltà, che mi inquietarono parecchio. Don Giorgio è un prete di periferia per vocazione. Ha sempre svolto il suo ministero nei quartieri più difficili di una grande città. Lo avevo conosciuto quasi per caso, lui mi aveva invitato a cena e quella sera stavo andando per la prima volta nel suo quartiere. Tra i palazzoni c’era un gruppo nutrito di ragazzi ubriachi appollaiato sulle panchine vicino a un’area cani, che infastidiva pesantemente i passanti. Più avanti, i venditori di mimose (era l’8 marzo) commerciavano fianco a fianco con gli spacciatori, senza che nessuno intervenisse. Erano situazioni inconsuete per me, che da sempre vivo in un Comune benestante e che non ho mai lavorato in scuole di estrema frontiera.

Parcheggiai l’auto, suonai il citofono. Don Giorgio mi aprì, sorridente. Don Giorgio è una persona estremamente accogliente. Ha la passione della cucina: quella sera servì per cena a me e a una comune amica, anche lei ospite da lui, piatti prelibati: risotto giallo con ossobuco e una strepitosa torta fatta in casa. Parlammo a lungo di molte cose. Gli chiesi della periferia, di com’era essere prete lì. Mi raccontò del suo ministero sempre sul campo, della sua casa sempre aperta, degli orari che spesso saltavano, perché i bisogni impellenti di chi è davvero in difficoltà non si possono programmare in un’agenda. Parlammo dei poveri: mi colpì molto il suo punto di vista. Io, da esterno a quel mondo, da un lato ne ero impaurito, dall’altro tendevo a idealizzarlo.

Don Giorgio fu estremamente concreto: disse che lavorare........

© Avvenire


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