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Educare alla speranza Il disegno di Luca e le domande che ci salvano la vita

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16.01.2024

Gaetano Sabatelli, «Cimabue e Giotto», olio su tela, Palazzo Pitti, Firenze - undefined

Camminavo trafelato verso una classe, in ritardo: la campanella era già suonata. Mi affiancò una collega. «Voglio farti leggere una cosa», mi disse. «Sì. Scusa, sono di corsa», risposi, con quella fretta che a volte ci fa perdere l’essenziale. «Ci vediamo in sala prof all’intervallo, ok?». Arrivai in classe, mi scusai per il ritardo, iniziai la lezione e mi dimenticai della collega. Che però, all’intervallo, mi affiancò alla macchinetta del caffè. «Tieni. L’ha scritto un mio studente. Desideravo condividerlo con te». Mi porse un tema fotocopiato. La ringraziai sorridendo: « Lo leggerò oggi pomeriggio», le dissi. Finii il caffè e mi tuffai nella lezione successiva.

Qualche ora dopo, tirando fuori dallo zaino una ventina di versioni di latino, mi ritrovai in mano il tema fotocopiato. Sbuffai, ancora una volta vittima della solita fretta: avevo già molti scritti da correggere, perché aggiungerne uno? Di quella collega però mi fidavo: era una persona che aveva a cuore gli allievi più che le loro prestazioni, che non era ossessionata dal programma, che ce la metteva tutta per stimolare e far riflettere chi, tra i banchi, incrociava il suo cammino.

Il titolo di quel tema era “Il mio futuro”. Lo aveva scritto un ragazzo di quinta superiore. Un elaborato del genere di solito non si assegna all’ultimo anno del liceo. È strano come quando siamo bambini delle elementari a scuola ci spingano spesso a immaginare il nostro futuro, ma poi, man mano che cresciamo, quando quel futuro è davvero alle porte, non ci chiedano più di prefigurarcelo. La mia collega prof era andata controcorrente. Misi da parte le versioni e cominciai a leggere il tema. L’autore dello scritto si chiamava Luca, proprio come il protagonista del........

© Avvenire


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