«Padre, i nostri figli vogliono andare a trovare il nonno ammalato, ma siamo preoccupati che si spaventino». « Padre, mamma è in fin di vita, ma capisce e ha espresso il desiderio di vedere i nipoti piccoli». « Nostra madre è morta, cosa dobbiamo fare con i nostri figli: sono bambini, ma ci tenevano tanto. Dobbiamo dirglielo? E se vogliono vederla? Dobbiamo portarli al funerale? Temiamo restino traumatizzati…».

Molte volte come prete, familiare o terapeuta, mi sono state rivolte queste domande. Sicuramente anche a tanti di voi. E non possiamo trascurarle, anche quando rispondere non è per nulla facile. Perciò, vorrei offrire sommessamente qualche considerazione a partire dall’esperienza, stimolato dal messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del malato: “Non è bene che l’uomo sia solo”, celebrata domenica scorsa.

Non è bene che gli ammalati, soprattutto gli anziani, siano soli, privati anche della gioia, del conforto di vedere il volto dei bambini o dei ragazzi, a maggior ragione di coloro cui hanno dato molto, talvolta più dei genitori stessi! Intanto, è sempre apprezzabile che un genitore, un familiare, un adulto, si ponga questo tipo di domande: lasciano intravedere l’interesse genuino a fare il meglio possibile per ascoltare, in modo profondo ed empatico, la voce dei bambini e dei ragazzi. Non è scontato che ciò accada, anzi, più consueta è l’assenza di simili domande rese “tabù” dall’estromissione, per principio, del confronto con la malattia, il dolore, i distacchi.

Tanta è l’idolatria che può esprimersi nei confronti dei piccoli, quanta la trascuratezza nell’accompagnarli in momenti difficili come può essere la malattia di un nonno, di una nonna... A volte si attribuiscono loro paure, frustrazioni, dubbi che sono degli adulti, diventando “sordi” a quanto essi ci esprimono con parole, silenzi o addirittura sintomi di malessere. Venendo agli esempi richiamati all’inizio, pur consapevole che non è possibile generalizzare, l’esperienza mi dice che i bambini e i ragazzi stessi ci aiutano ad aiutarli.

Quando il desiderio di rendere visita a un parente sofferente, malato, allettato o in fin di vita, è espresso direttamente da loro, in genere è segno che essi si sentono e sono pronti a vivere tale esperienza. Come pure quando, dinanzi alla richiesta avanzata dal familiare, essi accettano di buon grado. E così nel caso della morte. Perciò il desiderio non va disatteso, tantomeno banalizzato, ma con saggezza e prudenza interpretato e soddisfatto. Ricordo le confidenze raccolte da molti adolescenti e giovani cui, da piccoli, era stato negato di andare a far visita ai nonni in occasione della morte e dei funerali, pur avendolo esplicitamente chiesto più volte: a distanza di tanto tempo ne portavano ancora il dolore o la rabbia, il risentimento per la sensazione d’aver subito un’ingiustizia.

Indubbiamente, si tratta di situazioni delicate, cui è necessario prepararsi e preparare i bambini e i ragazzi, ma nel negare quest’esperienza, spesso, li si priva di una preziosa occasione di crescita. Purtroppo, nell’avvicendarsi delle epoche e dei relativi stili educativi, siamo passati dalla prassi talvolta di obbligare i bambini a dare un bacio al proprio nonno morto, all’evitare di farglielo incontrare nella condizione della malattia e della morte.

Certo, resta chiaro e va rispettato il diritto dei genitori, o di chi ha la responsabilità dei minori, di prendere una decisione ritenuta in coscienza come la più adatta alla situazione, ma è altresì necessario vigilare su un possibile abuso di potere, motivato da pregiudizi infondati e immaturità irrisolte; soprattutto è da lasciarsi attrarre e interpellare dalla convinzione che la prossimità a chi soffre e a chi muore, da parte di grandi e piccoli, se accompagnata, se affrontata in maniera accorta e proporzionata, fa apprezzare e fa fiorire ancor più la vita, la capacità di amore, sollecitudine e cura.

Sacerdote e psicologo

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QOSHE - Malati I bambini e i ragazzi vicino a chi soffre, un tabù da superare con cautela - Lello Ponticelli
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Malati I bambini e i ragazzi vicino a chi soffre, un tabù da superare con cautela

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19.02.2024

«Padre, i nostri figli vogliono andare a trovare il nonno ammalato, ma siamo preoccupati che si spaventino». « Padre, mamma è in fin di vita, ma capisce e ha espresso il desiderio di vedere i nipoti piccoli». « Nostra madre è morta, cosa dobbiamo fare con i nostri figli: sono bambini, ma ci tenevano tanto. Dobbiamo dirglielo? E se vogliono vederla? Dobbiamo portarli al funerale? Temiamo restino traumatizzati…».

Molte volte come prete, familiare o terapeuta, mi sono state rivolte queste domande. Sicuramente anche a tanti di voi. E non possiamo trascurarle, anche quando rispondere non è per nulla facile. Perciò, vorrei offrire sommessamente qualche considerazione a partire dall’esperienza, stimolato dal messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del malato: “Non è bene che l’uomo sia solo”, celebrata domenica scorsa.

Non è bene che gli ammalati, soprattutto gli anziani, siano soli, privati anche della gioia, del conforto di vedere il volto dei bambini o dei........

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