Editoriale In Russia ha vinto la "democratura"
Inutile nascondersi dietro un dito: al netto dei brogli – che sicuramente in parte ci sono stati – delle intimidazioni, della martellante strategia di persuasione che ha indotto una marea montante di cittadini della Federazione Russa a recarsi ai seggi, il plebiscito riscosso da Putin nella consultazione chiusa domenica che gli riassegna i pieni poteri fino al 2030 superando la longevità politica di Stalin convalida ciò che in fondo già sapevamo. Che cosa sapevamo? Che la Russia non è una democrazia. Non lo è mai stata, anche quando ha finto di esserlo, anche quando per un brevissimo istante ci ha provato. Al massimo è una democratura, inelegante neologismo nato per designare quei governi illiberali con forti venature autoritarie che apparentemente si presentano come democrazie parlamentari ma che di fatto assomigliano sempre più a delle dittature. Putin, che non a caso tutti chiamano “Lo Zar”, è esattamente questo. Il sogno rinnovato di un potere assoluto, che da Pietro il Grande a Josif Stalin attraversa come una gramigna inestirpabile l’anima russa e che l’attuale inquilino del Cremlino ha rivitalizzato facendo leva su due poderose categorie emozionali: la forza........
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