Editoriale Per fare la pace serve un incontro (e ce lo insegna mamma Rachel)
Mettete a un tavolo i leader di due Paesi in guerra, e il gelo si taglierà a fette. Mettete una davanti all’altra le madri di due soldati morti sugli opposti fronti in quella stessa guerra e si abbracceranno. Di là il linguaggio della politica proseguita con altri disumani mezzi, di qua l’alfabeto umano del dolore. Il primo contempla il massimo della violenza, della distruzione, dell’odio, del terrore come opzione possibile, e anzi, date certe condizioni, persino inevitabile, se non auspicato. Il secondo conosce solo la fusione delle stesse lacrime, la riconciliazione dentro una sofferenza condivisa, e chiede che tutto ciò che la genera si interrompa subito, senza distinzione di fronti e di divise.
Tra l’ancora e il basta c’è tutta la distanza siderale che passa oggi tra le situazioni terribili che vediamo ogni giorno prendere forma in Ucraina e Medio Oriente (e su tanti scenari di cui purtroppo diamo conto quotidianamente) e la sete disperata di pace dei popoli. Forse che gli ucraini e i russi, gli israeliani e i palestinesi chiedono più guerra? Serve ascoltare sotto il tuono degli obici la domanda angosciata di tutte le genti coinvolte nella spaventosa carneficina che è ogni guerra, ogni giorno: finirla adesso con la soluzione delle armi, cercando una buona volta la soluzione........
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