Tregua L'esempio libanese, la tenue speranza del primo passo
Si è anche festeggiato a Beirut per la tregua che ha messo fine, da mercoledì mattina, ai raid israeliani, mentre a sud Hezbollah cessava gli attacchi contro Israele. Quell’“anche” è doveroso, perché passate poche ore dall’intesa, fragile e piena di incognite, si fanno i conti con le distruzioni e un futuro che sui due lati del confine si annuncia ancora oscuro. Gli sfollati tentano di tornare nei loro paesi e villaggi, dove spesso è rimasto ben poco di abitabile. La stessa capitale è invasa da profughi e le loro condizioni restano molto difficili. Sull’altro versante, i sessantamila cittadini dello Stato ebraico costretti a lasciare le proprie case per i razzi del “Partito di Dio” sciita non riusciranno presto a rientrare e a riprendere una vita tranquilla. Comunque, bisogna festeggiare. Perché la fine dei bombardamenti, dello strazio di combattenti e civili uccisi a migliaia, della tabula rasa di intere zone prese di mira da razzi e bombe è sempre una buona notizia. Ci sono delicati equilibri politici e convenienze immediate dietro questo cessate il fuoco arrivato dopo 13 mesi di violenze e due mesi di invasione dell’esercito di Tel Aviv.
Il premier Netanyahu si è fatto convincere........
© Avvenire
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