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Il caso Nuova Pompei, i 150 anni di una storia impossibile

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13.11.2024

Non era bello a vedersi, e Bartolo Longo non tenne per sé la delusione. («Chi mai dipinse questo quadro? Misericordia! Non potei io trattenermi dall’esclamare con un’aria tra lo spavento e lo sconforto»). Era pure ridotto male. Sul capo della Vergine mancava «un palmo di tela, e tutto il manto era screpolato, roso dal tempo e bucherellato dalla tignola». Non si salvava neppure il concetto storico, con il madornale errore della Vergine che porge il rosario a santa Rosa invece che a san Domenico. «In cuor mio sentivo che i poveri pompeiani assai malagevolmente si sarebbero disposti a divozione mirando quella brutta immagine», scrisse poi il fondatore nella sua Storia del Santuario. I timori furono poi sopraffatti e la storia fece tutt’altro corso.

È andata così, si può dire oggi, non solo per il quadro ma per tutta la “Nuova Pompei”, sorta e quasi inventata su un territorio molto più malmesso e lacerato del quadro della Vergine. Si chiamava Valle quella porzione di terra, un nome posticcio, al quale veniva naturale aggiungere un solo aggettivo – desolata – per sommare i mali che l’affliggevano: la miseria prima di tutte e la violenza come deriva delle tante altre forme di privazioni. Bartolo Longo, giovane avvocato pugliese, vi era andato in missione. C’entrava poco la fede perché il suo compito era........

© Avvenire


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