menu_open
Columnists
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Editoriale Nella corsa alla Casa Bianca la politica estera resta ai margini

5 1
21.08.2024

Si dice spesso, ovviamente in modo paradossale, che nelle elezioni americane dovrebbero avere voce anche i cittadini dei Paesi che sono influenzati dalle scelte della superpotenza globale. Che si possa solo pensare un’eventualità simile è uno dei pregi della democrazia: nessuno, infatti, avanza la stessa ipotesi per la Russia di Putin o la Cina di Xi Jinping, che pure compiono decisioni rilevanti per tanti milioni di abitanti del Pianeta (chiedere agli ucraini o ai tibetani, per fare solo due esempi). Ma, nei fatti, per la Casa Bianca votano unicamente coloro che hanno la cittadinanza statunitense i quali, pare, non sono in maggioranza interessati alla politica estera. Di qui la strana percezione che, al di qua dell’Atlantico, possiamo avere della Convention democratica in corso a Chicago. Da una parte, c’è l’attesa per gli orientamenti sulle crisi più gravi in corso, le possibili correzioni di rotta di Washington sulla guerra in Europa e la tragedia di Gaza. Dall’altra, vediamo che al centro della scena sta invece il racconto di una storia personale, la costruzione di un immaginario tutto piegato, com’è naturale, sull’America che ha visto il traumatico (e, insieme, liberatorio) trasferimento di candidatura da Joe Biden a Kamala Harris.

I passaggi intimistici dei discorsi, gli appelli ai sentimenti, le lacrime e gli applausi non sono lo sfondo e il folclore dell’evento che incorona e lancia Harris........

© Avvenire


Get it on Google Play