Editoriale La politica è anche questione di linguaggio. Quello “basso” è pericoloso
Politica – oggi più che mai – è anche scelta tra linguaggi diversi. Da una parte, c’è quello “basso”: approssimazione, superficialità, fake news; poi espressioni sguaiate, affermazioni tranchant, annunci propagandistici; infine, arroganza, disprezzo, volgarità. È il linguaggio prevalente in questa campagna elettorale, che però non scomparirà dopo il 9 giugno: è infatti il linguaggio dello scontro, sempre legato alla contrapposizione ad un nemico, vero o presunto. Dall’altra parte, c’è quello “alto”: serietà, profondità, rigore; poi analisi, argomenti, risultati; infine, rispetto, dialogo, collaborazione. È risuonato nel dibattito in Senato sul premierato. I media lo hanno quasi ignorato, enfatizzando piuttosto il tentativo di rissa scatenata per silenziarlo: è lo show che prevale sulla notizia. Invece, merita di essere sottolineato che la classe politica dà il meglio di sé in Parlamento, un’istituzione che spinge a tener conto della storia passata, del bene comune e di una responsabilità condivisa davanti al “popolo”. Non è un problema di buone maniere. Né ha a che fare con il formalismo di strutture autoritarie ormai tramontate. Nessuno, inoltre, vuole discorsi involuti, frasi incomprensibili, vuota retorica. La questione è politica. Secondo i........
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