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Caso Englaro-Lucchina. Per una concezione personale ed etica del diritto alla salute

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08.06.2024
Bottiglie di acqua depositate davanti al Duomo di Milano per Eluana Englaro, Milano, 16 luglio 2008 (Ansa)

Lo confesso, sono rimasto sorpreso, amareggiato e stranito dalla sentenza in Appello, con cui l’ex direttore generale della Sanità Lombarda, Carlo Lucchina, che conosco e stimo da tempo, è stato condannato a pagare circa 175.000 euro all’erario. Questa cifra ristorerebbe il costo che Regione Lombardia ha sostenuto per risarcire Beppino Englaro, padre di Eluana, che a sua volta avrebbe pagato quella cifra per ottenere la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione della figlia e condurla alla morte per fame e sete in una struttura in Friuli, poiché la Regione Lombardia si era rifiutata di consentirlo in un ospedale pubblico lombardo.

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La questione ha innanzitutto un aspetto squisitamente tecnico-giuridico, legato al fatto che 15 anni fa, quando avvennero questi eventi, la normativa era molto differente da oggi e molto più indeterminata. Sono personalmente convinto che Lucchina non si sia mosso, come contenuto nelle motivazioni della sentenza, in base alle sue convinzioni etiche e personali, ma abbia agito in base ad un parere, a suo tempo fornito dall’Avvocatura regionale, che era basato su solide valutazioni di natura esclusivamente giuridica. Non si può certo giudicare in base alle leggi di oggi un fatto del 2009!

Obiezione di coscienza

Però la questione richiede di andare più a fondo perché, come ha fatto notare qualcuno, questa condanna sembra più un avvertimento rivolto a chi decide sulla sanità, che non un esito giudiziario. Una........

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