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Come i canadesi hanno imparato a non preoccuparsi per il climate change

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15.12.2025

Se dovessimo trovare uno slogan che riassuma l’atteggiamento schizofrenico di politica e opinione pubblica negli ultimi tempi sul tema dei cambiamenti climatici si potrebbe optare per questo: tutti ambientalisti con la CO2 degli altri. A parole ci si dice ancora preoccupati per il futuro del pianeta, si promettono tagli alle emissioni, si sospira a ogni temporale fuori stagione pensando che ormai è troppo tardi per tornare indietro, si maledice la destra negazionista (sempre lei) quando un fiume esonda. La verità è che sempre meno persone sono preoccupate dall’eventuale impatto delle attività umane sui cambiamenti climatici, e chi fino a qualche tempo fa avrebbe voluto un pannello solare anche sul tetto della propria auto oggi non ha molto in contrario all’apertura di oleodotti e gasdotti se servono ad avere indipendenza energetica e spese più basse.

L’accordo energetico tra Canada e Alberta

Un esempio recente di questo cambio di sentimenti è sono le reazioni all’accordo energetico tra Canada e Alberta. L’accordo impegna entrambi i governi ad accelerare la costruzione di «uno o più» nuovi oleodotti finanziati privatamente e a realizzare il più grande progetto di cattura del carbonio al mondo. L’accordo rispetta anche la promessa elettorale del primo ministro Mark Carney di fare del Canada una “superpotenza energetica”, e garantisce all’Alberta un oleodotto verso i mercati asiatici per ridurre la dipendenza del Canada dagli Stati Uniti.

Parliamo però di un accordo che, scrive Rupa Subramanya su The Free Press, solo dieci anni fa «avrebbe scatenato una crisi d’identità». Ma da allora, nota la giornalista canadese, «l’opinione pubblica in materia di energia ha compiuto una silenziosa ma clamorosa inversione di tendenza».

Nel 2014, il governo conservatore di Stephen Harper fece partire il Northern Gateway........

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